«Il dolore degli animali e la nostra umanità»: l'editoriale di Silvia Grilli
Il cibo non è solo cibo: è memoria, è famiglia, è guerra, è dolore. È, ovviamente, amore. Noi siamo fatti di storie. Anche il cibo lo è: è il sapore della nostra infanzia, è il mestiere che facciamo per portarlo a casa, sono i conflitti che scatena, è il lavoro regolare o irregolare che lo produce. È associato a un innamoramento o a una delusione, è legato al desiderio che la nostra famiglia e i nostri amici siano felici. È il primo bisogno di un bambino quando nasce.
Eppure non sappiamo quasi nulla della provenienza di ciò che mangiamo. Conosciamo poco degli allevamenti intensivi da dove esce la carne che portiamo in tavola. Scegliamo di chiudere gli occhi su come gli animali vengano gonfiati di antibiotici, mutilati, costretti a vivere in poco spazio per bruciare meno calorie e ingrassare prima. Preferiamo ignorare che esseri con emozioni vengano privati di qualsiasi stimolo, impazziscano per la reclusione, muoiano prima per stress da riproduzione. Decidiamo di non guardare i video che rivelano il sadismo degli uomini nelle fabbriche della morte: animali picchiati, stuprati con i bastoni, sbattuti a terra, pungolati con scosse elettriche. I piccoli che non riescono a crescere buttati come scarti.
Un grattacielo di 26 piani è stato costruito in Cina per produrre centinaia di migliaia di maiali pronti al consumo: 20 mila per ogni piano, 1,2 milioni macellati ogni anno. Animali che là nasceranno, preparati per morire senza mai vedere un filo d’erba. Velocemente li caricheranno su ascensori, capaci di trasportare tonnellate, che li trasferiranno su camion diretti al macello. E un edificio gemello sarà costruito presto. Nel video di promozione di questa fabbrica della morte vengono mostrati due maiali allegri e sorridenti che fanno l’occhiolino: è l’ingentilimento disneyano della crudeltà. L’entusiasmo dei resoconti televisivi lo descrive come l’allevamento più grande del mondo, un posto perfettamente sostenibile, con emissioni di metano controllate, dove anche il letame viene trasformato in energia pulita. Non ci credo. Ogni allevamento intensivo ha un impatto ambientale devastante. E non c’è sostenibilità in questo scempio di animali. Non può essere questa la corretta attenzione per il nostro Pianeta.
Non angoscia solo la morte a cui questi maiali sono destinati. Atterrisce l’inumanità degli esseri viventi. Conta profondamente la vita che creiamo per le creature inermi in nostro potere. I nostri comportamenti, mentre nessuno ci costringe ad agire in un modo o in un altro, sono la vera prova della nostra solidarietà. Il cibo è gratitudine. Restituiamola anche noi.
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