«Il corpo di Kate Middleton»: l'editoriale di Silvia Grilli
Nostro padre non ci aveva mai detto di avere il cancro. Quando la malattia era diventata evidente anche a noi, abbiamo scoperto che si stava curando da tempo, ma voleva che la sua vita fosse libera dal discorso della fine. Non voleva parlare del male, di medicine e terapie. Almeno non con i suoi bambini.
Nostro padre era un uomo del Novecento, buono e orgoglioso. Il cancro per lui era un confronto da rimandare con la propria mortalità. Come tutti i figli, anche noi vedevamo i nostri genitori come rocce. Se questa sicurezza viene minata, anche se ci dicono che andrà tutto bene, ci spaventiamo.
La privacy che il 22 marzo Kate Middleton, principessa del Galles, ha chiesto sulla sua malattia, è certamente per i suoi bambini. Ma è anche per se stessa, per tutelare la sua umana debolezza. Sapere di avere il cancro è uno choc che porta con sé il senso del fallimento. Dove ho sbagliato? L’alimentazione, lo stress, le cattive abitudini? La malattia all’inizio ti fa sentire in colpa, poi ti porta a riconoscere la fragilità umana. Non ci puoi fare niente, solo affidarti alla scienza.
Ma, per una persona giovane e con figli piccoli come Catherine Middleton, è un tradimento. Il tuo corpo ti ha improvvisamente messo davanti alla possibilità della sofferenza, della bruttezza, della vergogna e del momento in cui devi dirlo. Struccata e bella, con quel suo video perfettamente calibrato, ma emozionato e autentico, Kate era come noi, quando annunciava il suo male: soltanto umana.
Perché il cancro non è solo suo, è di tutti. Ognuno di noi conosce qualcuno malato, l’ha avuto nella propria famiglia o sperimenta il male sul proprio corpo. I medici dicono che il tumore maligno si manifesta dopo un grande dolore, una perdita, uno strazio di corpo e mente. Per mio padre è accaduto dopo la scomparsa della zia che gli aveva fatto da madre.
Ma la richiesta di privacy della principessa del Galles è irrealistica. Quando Catherine Middleton ha detto sì al futuro re, il suo corpo ha smesso di essere suo. Da quando ha scambiato la sua libertà per il titolo reale, viene ispezionata perché appartiene alla nazione, non solo a se stessa. Diventando parte della famiglia reale, ti assicuri una vita di lussi, ma il tuo corpo e la tua esistenza diventano molto affollati.
Prigioniera del suo ruolo, ora Kate è diventata anche prigioniera delle cure. Il cancro invade la vita. Il panico di fronte alla notizia, il conto alla rovescia in attesa dei prossimi referti, l’elenco di terapie che nessuna persona giovane in salute avrebbe mai previsto, la tosse, i capelli e le sopracciglia che si perdono, la vergogna di farsi vedere così davanti ai figli. Non c’è eroismo nella chemioterapia.
Accadrà quel che deve accadere, quando sarà. Un giorno ci toccherà morire, come tutti, ma tutti gli altri giorni no. Invidi i vecchi, quelli che arrivano a 90 anni. Il cancro non è una guerra persa, si cura. Lo stigma e la vergogna non hanno più senso di esistere. Il tumore maligno è una malattia che riguarda la collettività. I casi sono in aumento, cresce tra i giovani, ma è sempre più curabile.
Auguri, Kate, con tutto il cuore.
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