«Il corpo delle ginnaste bambine»: l'editoriale di Silvia Grilli

Scrivo questo editoriale per chi considera le pressioni e umiliazioni subite dalle bambine della ginnastica ritmica come lamentele di ragazzine viziate, che pretendono di vincere senza disciplina.
La vicenda la sapete: alcune ex campionesse, oggi ventenni, hanno denunciato gli insulti e le intimidazioni sopportati da adolescenti quando si allenavano all’Accademia di Desio, la scuola delle Farfalle che tante medaglie hanno vinto per l’Italia.
Il centro ora è stato commissariato. Alcuni detrattori si sono domandati perché le ragazze siano venute allo scoperto solo adesso. È la stessa accusa riservata alle donne del #metoo, come se non ci volesse tempo per elaborare gli abusi e trovare il coraggio di mettersi contro un sistema di potere.
Altri hanno ridotto le loro sofferenze a esagerazioni di menti instabili, esattamente come nelle violenze domestiche in cui la vittima non viene creduta, perché considerata pazza. Altri ancora le hanno classificate come esempi di una generazione renitente alla fatica, peccato si siano dimenticati che queste atlete abbiano vinto medaglie d’oro grazie alla loro abnegazione.
Essere le migliori nella ginnastica ritmica comporta devozione assoluta: non hai più famiglia, amici, compagne di scuola. Hai la tua squadra, le tue allenatrici e hai fatto un patto con la perfezione. L’arco di un sopracciglio è importante quanto quello della tua spina dorsale e tu devi rimanere impassibile. Le ginnaste annuiscono, sorridono e vanno avanti. Dalla pettinatura alla postura, vogliono vincere. Sono bambine che devono essere viste, ma non ascoltate, perché tutto in questo sport è essere la «brava, piccola ginnasta». In Italia, come nel resto del mondo, l’abuso è stato per anni la normalità. Ma le Farfalle non stanno bene e hanno smesso di tacere, vincendo la paura.
È cominciato con la pandemia e il rinvio delle Olimpiadi di Tokyo. Le atlete di tutto il mondo hanno condiviso sui social le esperienze di derisione del loro corpo, di punizioni fisiche, di digiuni forzati. Hanno raccontato che l’obiettivo delle medaglie è stato usato per giustificare violenze che nulla hanno a che vedere con il rigore.
La crescita di una ginnasta è sempre vista come una controindicazione, l’armonia delle Farfalle dipende molto dal peso, ogni grammo in più implica ricalibrare i movimenti. Ma queste sono bambine che stanno affrontando la pubertà. Sappiamo quanto per un’adolescente sia cruciale accettare il proprio corpo, il proprio peso, la propria immagine per confrontarsi con gli altri, e il rischio dei disordini alimentari sia a questa età più alto che mai. Non c’entra nulla con la disciplina venire pesata quattro volte il giorno in mutande davanti a tutte, mentre un’allenatrice dà i giudizi su un quaderno; essere definita «maialina», «ippopotamo», «cinghiale»; svenire e non essere creduta.
Sono violenze inutili ai danni di persone troppo giovani per potersi difendere, bambine che sono state affidate a te e credono in te. Questi abusi di potere non servono a vincere, ma a lasciare ferite: pensieri suicidi, attacchi di panico, problemi alimentari. È una macchia per lo sport agonistico italiano che sarà difficile da cancellare. Non ha nulla a che fare con l’avere un bellissimo corpo libero.
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