Fare di più con meno: è la sana ricetta della ripresa
Che lingua l’inglese: dici spending review e fa subito più chic che parlare di tagli alla spesa. Non useremo l’accetta, ha detto Monti. Ma anche con la forbice sempre un po’ male farà.
Capita. Capita alle persone, alle famiglie e anche allo Stato: i conti non tornano e le uscite vanno drasticamente ridotte. È un concetto così semplice, da essere quasi banale. Lo capiamo perfino noi ragazze, shopping addicted, che infatti abbiamo deciso di non esagerare più con le scarpe (almeno fino all’inverno...).
Tutti d’accordo, quindi, ma quando dalla teoria si passa alla pratica cominciano i guai, i distinguo e le personalizzazioni. I tagli più significativi sono sulla Pubblica amministrazione: meno 20 per cento di dirigenti e meno 10 per cento di lavoratori. Stiamo parlando di decine di migliaia di persone e non sarà certo indolore.
Gli uffici pubblici durante la settimana di Ferragosto e quella tra Natale e Capodanno saranno chiusi, ma qualcuno si era accorto che erano aperti? Tutti i dipendenti dovranno fare le ferie, che non saranno più monetizzate e questo mi pare sano. Parte dei 10 miliardi (!) che vanno risparmiati andranno recuperati nella Sanità e già si parla di 18mila posti letto in meno negli ospedali.
Tagli così drastici (e non ho parlato di forze armate, istituti pubblici, auto blu... su cui però siamo tutti d’accordo) fanno sorgere spontanea una domanda: abbiamo convissuto con sprechi pazzeschi e inammissibili (di cui qualcuno dovrebbe anche rispondere, no?) o si preparano davvero, per tutti, tempi ancora più duri di quelli che stiamo vivendo? Io, sinceramente, propendo per la prima ipotesi.
Anche perché, proprio qualche giorno fa, un assessore con cui chiacchieravo mi ha candidamente confessato che il dato positivo della crisi è che ha proprio cambiato l’atteggiamento di amministratori e politici. Prima, mi ha spiegato, “bravo” era quello che riusciva a portare a casa (non la propria ovviamente, anche se qualche volta è successo..., ma quella del Comune, della Provincia, della Regione) i soldi: come poi venissero utilizzati in fondo era secondario e in effetti spesso, testuali sue parole, “venivano proprio buttati via” (e mi ha fatto anche qualche bel caso concreto di acquisti fatti, tanto per utilizzare i fondi, e mal utilizzati).
Adesso invece bravo amministratore è quello che riesce a usare il poco (che sarà sempre meno, a questo punto) che ha per far funzionare le cose. Ben venga, no? Infine si parla nella proposta del governo di riduzione di Province e Comuni, sempre per ottimizzare le risorse.
Lo scorso week end sono stata a Ischia (ho vinto un premio di giornalismo, che emozione!) e ho scoperto che l’isola è divisa in sei comuni: sei diverse amministrazioni per 60mila abitanti. Ha senso? E immagino che gli esempi siano infiniti.
Intanto l’Istat fa sapere che è ulteriormente calato il potere d’acquisto delle famiglie. Ovvero, quando il risparmio è forzato...
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