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A Venezia l’artista francese Eva Jospin ha presentato la sua mostra Selva. E un raffinato cofanetto che celebra il profumo Miss Dior 

A Venezia l’artista francese Eva Jospin ha presentato la sua mostra Selva. E un raffinato cofanetto che celebra il profumo Miss Dior 

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Tra le numerose mostre collaterali della Biennale d’arte di Venezia una davvero preziosa è Selva di Eva Jospin al Museo Fortuny. Originariamente chiamato Palazzo Pesaro degli Orfei, di proprietà dell’omonima famiglia veneziana, con i primi del Novecento divenne l’atelier-laboratorio di Mariano Fortuny e della moglie Henriette, dove i due realizzavano artigianalmente abiti e tessuti. E il luogo non sembra casuale visto l’uso del ricamo da parte dell’artista e il sostegno alla mostra da parte di Dior Parfums.

La mostra, infatti, si insinua perfettamente nella memoria del palazzo, racconta l’animo veneziano, lo stile italiano e l’attitudine dello storico marchio francese, che Eva Jospin riesce a fondere in un tutt’uno di analogie e contaminazioni, di stimoli che vengono dalle piccole cose e da ogni dove, perché la bellezza è ovunque.

Accanto alla collezione permanente, le opere di Eva Jospin partono dal tema della selva, parola che dà il titolo alla mostra. Tra i materiali prediletti dall’artista c’è il cartone, per la sua impermanenza, tra le tecniche quella artigianale del ricamo, ma lo scopo è sempre lo stesso: inscenare mondi. Eva Jospin parla un italiano perfetto, complice, e mi dice: «Mi piace pensare alla mostra come a un eterno fluire, puoi entrare dalla prima stanza o dall’ultima, un po’ come l’acqua, non importa da dove viene ma è interessante capire dove ti porterà».

E infatti Selva è costituita da due stanze comunicanti grazie a un lungo corridoio, per il cui allestimento Jospin si è interrogata sulla parola “galleria”. Allora ecco che il corridoio stesso è pensato, costruito: un’alta volta a cassettoni, interamente realizzata in cartone disegnato, ricamato e intarsiato, ricreando un’architettura immaginifica effimera, eppure imponente e statuaria. L’opera diventa quasi una scenografia. «Mi piace accecare il visitatore perché nel momento in cui aggiungi un quantitativo così significativo di dettagli non gli consenti di vedere tutto così com’è, e questa è una giusta metafora per capire la realtà delle cose e la loro inconoscibilità».

Non possiamo sapere se nella selva ci perderemo o ci ritroveremo, ma l’artista è certa di una cosa: «La natura conserva meglio di noi la memoria dell’uomo. È una trasmissione silenziosa, non ci sono storie, non ci sono autori, ma talvolta è molto più efficace della memoria dei grandi racconti». A Venezia Eva Jospin intesse la sua favola: «Il senso della vita, alla fine, è sempre e solo il senso delle infinite possibilità». Selva di Eva Jospin al Museo Fortuny, Venezia, fino al 24 novembre

Ph. Pierre Mouton per Christian Dior Parfums / Articolo di Maria Vittoria Baravelli

© Riproduzione riservata

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