Ero la vittima ma tutti mi attaccavano
Perché quando una donna, pur famosa, denuncia un marito per violenza, è così difficile crederle? «Sto seguendo il processo in corso tra gli attori Johnny Depp e Amber Heard e mi sto immedesimando nel dolore di Amber», dice Giulia Accardi, 30 anni, modella e influencer.
«Non ho elementi per dire chi abbia ragione, ma la violenza che l’opinione pubblica sta scatenando contro di lei mi fa male, perché riporta a galla la stessa che ho provato io in aula, durante il processo per stalking, finito circa un mese fa in primo grado, con una sentenza di condanna per l’imputato. Ero io la vittima, eppure mi sentivo sotto attacco. Mi accusavano di aver ingigantito le minacce di morte del mio persecutore, di aver esagerato a causa degli attacchi di panico e ansia di cui ho sofferto. Ma bisogna aspettare che venga fatto del male a una donna perché sia creduta?».
I fatti risalgono a due anni fa. «Ho conosciuto quest’uomo nell’ambito del mio lavoro, a Milano, e all’inizio non era molesto. Più volte aveva dimostrato interesse nei miei confronti, ma non aveva mai esagerato. Poi, quando ho rifiutato un suo invito per un viaggio, ha cominciato a essere più violento nei toni, mi mandava messaggi di insulto sul cellulare, ha iniziato a fare mille telefonate, a mandarmi decine di messaggi con minacce di morte. Audio tremendi che mi facevano piangere: diceva che mi avrebbe aspettato sotto casa e che mi avrebbe buttato dell’acido in faccia. Che mi avrebbe strappato il cuore. E altre cose orribili. A quel punto mi sono rivolta alle autorità e l’ho denunciato. Al processo insistevano nel chiedermi se avessimo o meno una relazione, o perché in alcuni messaggi lo chiamassi “tesoro”. Io ero sconvolta. Non avevamo nessuna relazione sentimentale e nel nostro ambiente capita di chiamarsi in modo scherzoso “tesoro”: questo per caso autorizza qualcuno a minacciare di gettarti addosso dell’acido?».
Nata in Sicilia, a Marsala, Giulia Accardi comincia a fare la modella a 19 anni e racconta di aver ricevuto da sempre commenti feroci e tentativi per sminuirla.
«Ero solo una taglia 44, ma in Italia sei considerata una plus size. Mi sono iscritta al concorso per Miss Italia e a 23 anni ho vinto la fascia di Miss Curvy. Da lì sono entrata a far parte dell’agen- zia di modelle Women Management e ho creato un mio marchio per ribaltare i cliché e combattere il “body shaming”, la derisione del corpo: si chiama Perfectly Imperfect. In passato ho subìto discriminazioni e oggi voglio sostenere le donne a 360 gradi con linee di abbigliamento e messaggi inclusivi. E oggi sento il dovere di raccontare la mia storia...
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