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Elio Germano: «Ho guardato negli occhi la follia»

Elio Germano: «Ho guardato negli occhi la follia»

foto di Claudia Catalli Claudia Catalli — 18 Gennaio 2022
Nel film America Latina Elio Germano è un uomo apparentemente di successo che si confronta con le proprie paure e i propri segreti. «Quando crollano le certezze, perdiamo il controllo della nostra vita», dice l’attore, che a Grazia spiega perché c’è sempre una via d’uscita anche quando ci sentiamo soli
Elio Germano America Latina (2)

Ha smesso di dover faticare per conquistarsi la stima degli altri, ha chiuso con l’ansia di dover dimostrare la propria bravura e oggi sceglie di tuffarsi solo nei progetti in cui crede.

Ecco perché dopo aver dato vita a personaggi leggendari come San Francesco, il poeta Giacomo Leopardi e l’artista Antonio Ligabue, ritroviamo Elio Germano nei panni del tormentato dentista Massimo Sisti nel film America Latina dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo.

La pellicola racconta di un dentista costretto a fare i conti con le proprie paure e le creature spettrali che popolano la sua testa, come la cantina della sua villa, in cui abita con moglie e figlie. Dettaglio non trascurabile, i registi l’hanno voluto calvo. «Era un modo per rappresentare un uomo che vive nella sua testa. L’immagine è stata scelta come locandina del film», mi spiega Germano. Peccato che sulla locandina la testa presenti una spaccatura profonda: l’intervista parte da qui.

Elio Germano America Latina (3)

America Latina è un racconto sulla salute mentale, tema attuale, eppure poco frequentato dal cinema italiano.
«È prima di tutto il racconto di una persona che vede le sue sicurezze cadere. La nostra serenità è ancorata a una serie di certezze consolidate, ma è il nostro rapporto con la verità a essere labile. Basta che un ingranaggio nel meccanismo s’inceppi, che tutto crolla. Ti chiedi chi sei, chi sei stato. Pensiamo a quali meccanismi ha scatenato la pandemia, a ciò che accade dopo un lutto o a come ci sentiamo quando ci separiamo da un partner. Di fronte a eventi che squarciano il nostro mondo di sicurezze quotidiane, dato che viviamo ormai tutti lontani e isolati, rischiamo la pazzia. E in fondo che cos’è la follia se non parlare un linguaggio che gli altri non capiscono?».

Elio Germano America Latina

America Latina è un film cupo, il cui protagonista è un uomo sofferente circondato da tre figure femminili quasi eteree. Come torna a casa senza portarsi dietro certe ombre?
«Questo film è stato devastante, più nero del nero. Mi sarei divertito di più a fare un film natalizio di quelli girati a Malibù, ma quel tipo di piacere me lo tolgo con gli amici. Il cinema non deve essere per forza rassicurante. Nel mio lavoro mi faccio attraversare dalle cose: esere attore significa connettersi, farsi tramite e antenna, dimenticare se stessi. Qualsiasi sentimento provato sul set appartiene al mondo, non a me. È la dimensione del gioco che mi permette di entrare in contatto con quelle emozioni».

È altrettanto emotivo fuori dal set?
«Come tutti nella vita tendo a proteggermi. Medito con calma quello che ho da dire».

Com’è la sua vita quando non lavora e nessuno la vede?
«Libera. Cerco di dimenticarmi del mio lavoro. Vivo bene nel mio quartiere, lontano dal centro di Roma, in cui nessuno fa caso a me. Quando tutto intorno a te è difficile, la via d’uscita è capire quello che conta veramente e tenerlo stretto».

Non ci credo che per strada non la fermino.
«Rincorrono altri volti. Poi, certo, a me non passerebbe mai per la testa di andare a prendere un caffè vestito come sul tappeto rosso della Mostra di Venezia».

Continua a leggere l'intervista a Elio Germano sul numero di Grazia ora in edicola.

Foto di Chico De Luigi

© Riproduzione riservata

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