Questo 8 marzo cade a un anno dallo scoppio della pandemia, e chiede un bilancio. Eccolo: la crisi da Covid è stata, ed è tuttora, una crisi di genere.
Le donne hanno lavorato più degli uomini, in casa e fuori, in prima linea; hanno perso il lavoro più di loro, tanto che è nata la parola “Shecession”, recessione al femminile; sono state molestate più degli altri anni. E le donne sono in minoranza nei ruoli chiave degli incarichi dell’emergenza Covid, ne occupano solo 2 su 10, mentre nel governo di Mario Draghi sono appena 8 su 23 ministri.
Del resto il Gender Equality Index, un indicatore che misura il progresso sull’uguaglianza di genere in Europa, vede l’Italia solo quattordicesima su 28 Paesi.
La strada da fare è ancora lunga. Per questo alla ministra alle Pari Opportunità, Elena Bonetti, Grazia ha chiesto quali misure vanno prese, subito, tra politica, economia, scuola.
Le donne nel 2020 hanno perso il lavoro molto più degli uomini. Quali correttivi economici andrebbero messi in atto contro la recessione femminile?
«Ci vogliono azioni che creino valorizzazione delle competenze. Ma soprattutto strumenti di fiscalità agevolata come quelli che abbiamo introdotto con la scorsa legge di bilancio. Per 24 mesi chi assume una donna non paga i contributi. Va rafforzato quest’asse, per esempio abbassando il costo del lavoro anche per chi assume una persona in sostituzione maternità».
Meno della metà delle italiane lavora. Come si può favorire il loro accesso al mondo del lavoro?
«Altra misura utile è la decontribuzione del lavoro domestico. I contributi per gli aiuti domestici di cui le donne si avvalgono per andare a lavorare dovrebbe pagarli lo Stato. E poi servono altre misure sulla falsariga del fondo da 20 milioni di euro che abbiamo già stanziato per le piccole e medie imprese femminili. Questo fondo realizza due obiettivi fondamentali: dà alle creatrici d’impresa un accesso al credito agevolato. E finanzia percorsi di formazione e riqualificazione per le donne che devono rientrare nel mercato del lavoro post-Covid».
Tra i progetti destinati alla parità di genere del Recovery Fund, il piano europeo per la ripresa, qual è quello cui tiene di più?
«Quello che traccia la prospettiva che è necessario adottare, e su cui il precedente piano non aveva centrato pienamente il bersaglio: la parità di genere dev’essere trasversale a ogni singolo progetto. Di ognuno, che riguardi la transizione ecologica o quella digitale o altro, ci si dovrà chiedere “Come inciderà sulla parità di genere?”. E poi ci saranno anche programmi mirati alla discriminazione di genere. In Europa siamo ultimi in classifica per il lavoro femminile, e sotto la media dell’Unione nella diffusione di asili nido. Il Piano nazionale degli asili nido è un progetto cui tengo moltissimo, e su cui sono stati stanziati già 2 miliardi e mezzo di euro. Altri ne arriveranno, perché la media nazionale della copertura delle richieste è il 24 per cento: oggi, 76 bambini su 100 restano fuori dai nidi. L’Europa ci indica come obiettivo il 33 per cento, il nostro Piano darebbe una copertura del 50. Ogni punto guadagnato significa anche più donne in condizioni di poter lavorare».
Continua a leggere l'intervista a Elena Bonetti sul numero 12 di Grazia ora in edicola
Foto di Maki Galimberti
© Riproduzione riservata