Le donne nella task force Colao: "Il nostro piano per liberare il talento"
di ALESSIA ERCOLINI
Questa volta le donne sono riuscite a farsi sentire. E possono vantare un risultato politico ottenuto facendo fronte comune. Dopo le polemiche per la scarsa presenza femminile nella task force per la ripresa economica, guidata dal manager Vittorio Colao, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha nominato cinque specialiste in una squadra che all’inizio aveva dato poco peso alle loro competenze (e ha indicato anche sei esperte per il comitato tecnico scientifico). «L’apporto delle donne tornerà molto utile a rilanciare il Paese», ha dichiarato Conte. E visti i nomi competenti, provenienti da mondi diversi, c’è da ben sperare.
Enrica Amaturo è docente di Scienze sociali all’Università degli Studi di Napoli Federico II, e presidente dell’Associazione nazionale Sociologia. Marina Calloni è professoressa di Filosofia politica e sociale dell’Università di Milano-Bicocca e fondatrice di Against Domestic Violence, il primo centro universitario contro la violenza domestica. Linda Laura Sabbadini è la direttrice centrale dell’Istat ed è la pioniera in Italia delle statistiche applicate agli studi di genere. Maurizia Iachino, dirigente d’azienda, presidente e fondatrice di FuoriQuota, associazione nata per valorizzare la leadership femminile, ex cacciatrice di teste, è colei che ha importato in Italia l’organizzazione umanitaria Save the Children, di cui è stata presidente fino al 2008, e in seguito di Oxfam, organizzazione specializzata nella difesa dei più deboli. Infine, Donatella Bianchi è forse il volto più noto al grande pubblico: giornalista Rai, conduttrice di programmi come Linea Blu e Sereno Variabile, è oggi presidente del Wwf Italia e del Parco nazionale delle Cinque Terre.
E ora che siamo arrivate nella stanza dei bottoni, che cosa si deve fare per salvaguardare i diritti delle donne, particolarmente a rischio nella Fase 2? Con la crisi, il lavoro flessibile declinato soprattutto al femminile e i bambini rimasti a casa da scuola, saranno le madri lavoratrici a perdere spazi professionali o, peggio, torneranno nel tinello di casa, come negli Anni 50?
Sebbene non si possa entrare nei dettagli del lavoro della commissione Colao, coperto dal riserbo, Grazia ha chiesto alle commissarie come intendono proteggere le donne da un rischio diventato realtà per moltissime.
«La parità di genere nel nostro Paese è ancora lontana da raggiungere, nonostante ci sia una grande capacità femminile dimostrata in ambito scolastico e universitario», dice Enrica Amaturo, prima donna preside dell’Ateneo Federico II di Napoli. «Da noi resiste il soffitto di cristallo, che ferma l’ascesa delle donne, per via di un grande ostacolo: la carenza di un vero welfare. Il nostro sistema di aiuto statale alle persone è mediterraneo, ovvero appoggiato quasi tutto sulla famiglia e sulle donne, e impedisce a molte di noi di realizzarsi nel lavoro. È quello il vero scoglio da rimuovere. L’altro errore è pensare che fare smart working significhi incentivare il lavoro delle donne: invece, significa renderne ancora più complicata la gestione per la presenza contemporanea di bambini da seguire o anziani da assistere. Io non ho avuto figli e ho potuto dedicarmi alla professione, ma per aumentare l’accesso delle donne al mondo del lavoro si devono incrementare le misure a sostegno delle attività di cura, dagli asili nido ai servizi di assistenza domiciliare. Si creano così posti di lavoro e si liberano energie femminili, utili alla crescita di un Paese. Gli studi dimostrano che un punto percentuale in più di partecipazione delle donne nel mondo del lavoro equivale a un punto percentuale in più di ricchezza prodotta».
Questo dunque potrà essere un nuovo inizio. E c’è un ostacolo da rimuovere dal quale non si può prescindere. «Bisogna forzare l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro», afferma Amaturo. «È necessaria una presenza femminile massiccia per cambiare le cose». Vale a dire, via libera alle quote rosa per legge. La parità di genere deve diventare strutturale. Lo pensa anche Marina Calloni, che della violenza di genere ha fatto materia di studio. Ed è centrale anche per Maurizia Iachino, che dice: «Voglio ribaltare un sistema tradizionalista scomponendo le sue componenti più radicate a partire dai privilegi a connotazione maschile. Non lasciando alla buona volontà, altrimenti non succederà mai. Dobbiamo essere un po’ più coercitivi per cambiare le cose».
Non sarà facile, ma bisogna pur cominciare. «E anche l’ambiente non dovrà rimanere indietro», dice Donatella Bianchi, presidente di Wwf Italia. «La sostenibilità e le tematiche ambientali dovranno rientrare nella strategia della ripresa».
La sua nomina nella task force è già un segnale positivo. «Il Wwf difende le donne in tutto il mondo. In Italia le donne devono essere messe nelle condizioni di poter dare un contributo alla società. In questo periodo la loro autonomia professionale è a rischio. Io ho due figli grandi e un marito che mi sostiene. Se i miei “ragazzi” fossero ancora piccoli, certamente oggi non avrei potuto accettare questo incarico. Dividersi tra smart working, cura della casa e dei figli, magari in condizioni economiche precarie, non è facile. Non ho soluzioni magiche, ma invito tutti ad avere una visione più ampia del futuro delle donne, perché la condizione di partenza era comunque sbagliata. L’organizzazione familiare», dice Bianchi, «non dovrà più pesare soltanto sulle nostre spalle. Dovremo responsabilizzare gli uomini anche nella condivisione di mansioni pratiche. Qualcosa sta cambiando tra i giovani e non è così impossibile arrivare a un nuovo modello. Possiamo dimostrare di essere un Paese all’avanguardia. Oggi le conquiste del movimento femminista sono a rischio. Vorrei che il valore delle donne venisse finalmente riconosciuto: possiamo dare un contributo straordinario all’intera società».
Articolo pubblicato sul numero 23 di GRAZIA (21 maggio 2020)
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