Didi Stone Olomidé: «Il mio stile non ha confini»
Fulminea, folgorante. Non si può definire diversamente la carriera della modella e influencer Didi Stone Olomidé.
Non era nemmeno passato un anno da quando, nel 2015, lo scout di un’agenzia di modelle la intercettò in una via di Parigi, che Didi Stone vedeva il suo ritratto pubblicato su una rivista di moda americana.
Figlia del rapper Koffi Olomidé, osannato in patria, la Repubblica Democratica del Congo, e idolo delle folle, la ventiduenne Didi non si accontenta di essere la “figlia di”, anzi.
Il ruolo le sta decisamente stretto, soprattutto adesso che in Francia viene considerata un’icona di stile anche nel mondo del beauty, dove rappresenta l’incarnazione del nuovo tipo di bellezza, diversa e inclusiva, in cui si riconoscono tanti ragazzi.
Legatissima al padre, che le ha dato come secondo nome quello della sua attrice preferita (Sharon Stone), Didi sceglie di volare con le proprie ali costruendo con determinazione l’immagine di una giovane donna in grado di ispirare e motivare le coetanee a credere nei propri sogni e a dare il meglio di loro stesse.
Che effetto le fece, all’epoca, finire su una copertina?
«Avevo sempre sognato di far parte del mondo della moda, quello che conta. Mi sembrava un obiettivo irraggiungibile, pura utopia, guardavo quell’universo da lontano».
Ricorda il momento in cui ha raggiunto quel mondo così distante?
«Sì, è bastata una telefonata: quando ho saputo che la redazione di una rivista voleva proprio me, stentavo a crederci. Era un sogno che si realizzava. Quell’esperienza mi ha dato credibilità: il mondo della moda mi aveva notata, finalmente ero sulla mappa anche io».
Suo padre, il musicista e rapper Koffi Olomidé, è una star nel suo Paese, il Congo. Che influenza ha avuto su di lei?
«Non posso negare di aver sempre sentito aleggiare intorno a me quella frase a volte irritante che mi definiva solo “la figlia di”. È vero che mio padre è molto conosciuto in Congo, ma non è una celebrità globale come Brad Pitt. Insomma, l’industria della moda occidentale è praticamente indifferente alla sua popolarità in patria. Non voglio sminuire la sua importanza e il suo aiuto - è vero che sono la sua pupilla, che lui è al mio fianco e mi incoraggia sempre - ma il mio cammino cerco di percorrerlo da sola».
Che tipo di infanzia ha avuto?
«Ho tanti splendidi ricordi, ma uno mi terrorizzava: quando arrivavamo all’aeroporto di Kinshasa, la capitale, la gente aspettava il mio papà sulla pista per acclamarlo, uscivamo e prendevamo un taxi ed eravamo letteralmente assaliti dalla folla. Io ero piccola e la cosa mi spaventava. Avevo paura di tutta quella gente che voleva avvicinarsi a mio padre. Ma ora, quando ci ripenso, mi dico che sono ricordi fuori dal comune e mi fanno capire quanto sia stata privilegiata ad avere accanto un uomo così. E poi, in un certo senso, lui ha influenzato un po’ il mio stile».
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Testo di Eva Morletto da Parigi - Foto di Paul Morel - Styling di Anna Castan
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