Angelina Jolie: «Voglio dare a ogni bambino un mondo più sicuro»

La prima volta che Angelina Jolie ha visitato la Cambogia è stata per le riprese del film Lara Croft: Tomb Raider, del 2001, nel quale interpretava l’eroina di un videogioco. «Il primo film girato nel Paese dopo la fine del conflitto». Ovvero, la sanguinosa guerra civile tra forze governative e Khmer rossi, che durò sette anni e si concluse nel 1974. Invece di starsene in una camera d’hotel, tra un ciak e l’altro, l’attrice usò il tempo per guardarsi intorno e venne sopraffatta dalla povertà, in particolare dalle condizioni in cui vivevano molti bambini.
Da allora Jolie, 46 anni, non ha mai smesso di occuparsi di emergenze umanitarie nel mondo. E nei primi giorni di maggio è volata in Ucraina per dare una mano. Ai suoi 13 milioni di follower su Instagram ha mostrato le schegge di bombe con cui giocano, inconsapevoli, i piccoli.
Dice di considerarsi un’attivista prima che un’attrice e una regista. Lo dimostrano i quattro film che ha diretto: Nella terra del sangue e del miele (2011) che aveva come sfondo la guerra serbo-bosniaca; Unbroken (2014), sulla Seconda guerra mondiale raccontata attraverso la storia di Louis Zamperini, catturato dai giapponesi; By the Sea (2015), sul rapporto uomo e donna, e Per primo hanno ucciso mio padre (2017), la storia vera di una bambina cambogiana, Loung Ung, che ha assistito alle stragi dei Khmer rossi.
Nel corso di quasi una trentina di anni, è stata più volte protagonista di kolossal – l’ultimo, Eternals del 2021, con i supereroi della Marvel - ma anche di film intensi come A Mighty Heart - Un cuore grande, del 2007, nel quale era Mariane Pearl, la vedova del giornalista Daniel Pearl, ucciso in Pakistan 20 anni fa dai fondamentalisti islamici.
Nel frattempo ha cresciuto (da single, dopo il divorzio da Brad Pitt nel 2019) sei figli. I gemelli Knox e Vivienne, nati nel 2008; Pax, adottato l’anno prima in Vietnam quando aveva 3 anni; Shiloh, oggi quindicenne; la sua sorellina Zahara, originaria dell’Etiopia, 17 anni, e Maddox, 20, il primo bambino adottato una ventina di anni fa in un orfanotrofio in Cambogia, dopo il divorzio dal primo marito, l’attore Billy Bob Thornton.

Jolie è ambasciatrice dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati dal 2001 e dallo scorso anno, insieme con Guerlain, di cui è testimonial, e in collaborazione con l’Unesco, sostiene Women for Bees, un programma per promuovere l’empowerment femminile, salvaguardare le api e favorire la conservazione della biodiversità.
Women for Bees è appena ripartita in Cambogia, dove l’attrice, 18 anni fa, ha creato la MJP Foundation, a nome del figlio Maddox, per sostenere la popolazione nella regione di Samlot, una delle aree più colpite dalla guerra civile.
Che ricordi ha del suo primo viaggio in Cambogia?
«Mi aspettavo di trovare rabbia e dolore ma, invece, a colpirmi furono la resilienza, il calore delle persone, i sorrisi e il loro senso dell’ironia. Erano davvero meravigliosi. Mi ritengo fortunata di essere la mamma di Maddox e di essere entrata a fare parte di quella comunità».

Com’è nata l’idea della MJP Foundation?
«In Cambogia ho una casa, nella giungla, ed è il luogo dove mi sento più a mio agio. All’inizio, non avevo in mente d’impegnarmi nella conservazione di un’area di foresta. Avevo cominciato a fare volontariato nel Paese perché mio figlio è nato lì e perché avevo visto le conseguenze della guerra. Abbiamo rimosso le mine nel suolo per creare un’area sicura per le scuole e gli ospedali del posto. Il mio obiettivo era occuparmi dei bambini, impegnarmi per garantire loro un’istruzione. Ma quando sei lì, capisci che devi prenderti cura dei bisogni di una comunità nell’insieme, quindi anche dell’ambiente. Ho ascoltato quello che diceva la gente. Per loro era importante salvaguardare le proprie radici culturali e sviluppare l’economia della zona in modo sostenibile».

Perché ha deciso di collaborare con Women for Bees?
«Mentre ero in Cambogia con Guerlain (dove è stata realizzata una campagna pubblicitaria nel 2019, ndr), ho imparato molto sui loro progetti per salvare questi meravigliosi insetti e per formare donne apicoltrici».
Che cosa dobbiamo sapere sul declino del numero di api nel mondo?
«Sull’argomento sto imparando anch’io. Quando ti confronti con gli esperti, ti raccontano come la riduzione a livello globale del numero delle api sia il risultato dell’attività umana sul pianeta. Ed è piuttosto scioccante. Dall’altro lato, spiegano tutti i modi in cui possiamo invertire questo processo attraverso le nostre scelte. E questo è incoraggiante».
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© Ian Gavan courtesy of Guerlain
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