Alessandro Preziosi: "Il mio viaggio verso la luce"
Un argomentatore che mette in fila parole, riflessioni e concetti in lunghe risposte nelle quali dissemina altri spunti. Talmente tanti che l'interlocutore fatica ad appuntarli mentalmente per usarli nella domanda successiva.
Domanda che Alessandro Preziosi spesso previene offrendo altro materiale per alimentare la conversazione. Parliamo così a lungo che, alla fine, esclama: «Mi sa che ne ha abbastanza per scriverci una biografia».
Dialogare con i giornalisti, dice, gli offre l'opportunità per riflettere su se stesso. E l'impressione è che l'attore stia attraversando una fase di rielaborazione esistenziale. Sarà che ha compiuto 48 anni e che il maggiore dei suoi figli - Andrea, 26 anni, nato dalla relazione con Rossella Zito - ha raggiunto l'indipendenza, e che la più piccola, Elena, 15 anni, nata dalla relazione con Vittoria Puccini ai tempi della fiction Elisa di Rivombrosa, non è poi così lontana dal farlo.
Un'occasione per guardarsi dentro, Preziosi l'ha trovata anche nel suo ultimo film, Mio fratello, mia sorella, dall'8 ottobre su Netflix.
Lui è Nik, diminutivo di Nikola, e lei (Claudia Pandolfi) è Tesla. Ovvero nome e cognome del fisico di cui pochi si ricordavano prima che l'imprenditore Elon Musk lo rispolverasse per la sua azienda di automobili elettriche. Due metà che si sono allontanate molti anni prima, quando Nik è scomparso dalla vita della sua famiglia per girare il mondo guadagnandosi da vivere come istruttore di kitesurf, e che vengono forzatamente rimesse insieme, addirittura a vivere nella stesso appartamento, dal padre tramite il suo testamento.
Che cosa le è piaciuto di questa storia?
«Intanto, è stato bello scoprire attraverso un film che cosa significa avere una sorella, come può essere il rapporto con una donna che non è tua madre, una figlia o una fidanzata. E anche quanto differente sia questo legame rispetto a quello che si crea tra fratelli maschi. E, poi, m'interessava il tema del perdono».
Perché?
«Credo che, alla fine, sia un modo per conoscere noi stessi. Perdonare sul serio è complicato, serve tanto tempo. Nella vita, mi è capitato spesso di provare a farlo per poi rendermi conto che si trattava di un'operazione di superficie, che sotto c'erano ancora scorie emotive. Spero che questo film possa far riflettere su quanto sia bello stare insieme, su come la famiglia ci aiuti di fronte alle perdite e alle incertezze. Giusto qualche giorno fa mi sono appuntato un pensiero su quanto sia triste non riuscire ad arrivare a una riconciliazione in tempo. Prima che la morte lo renda impossibile una volta per tutte».
Le capita spesso di annotare riflessioni?
«Ultimamente, mi sforzo di non farmi sfuggire le cose, di restare in ascolto. Forse perché sto lavorando al mio primo film. Dopo l'esordio alla regia, lo scorso anno, di un documentario intitolato La legge del terremoto, ora sto scrivendo una storia di finzione».
A teatro ha interpretato Amleto, Cyrano de Bergerac, Re Lear, ma, per il grande pubblico, rimarrà per sempre il Conte Ristori della fiction Elisa di Rivombrosa.
(Fa l’accento napoletano) «Ma quando mai?».
Un po’ è vero.
«Ripensare a quella serie mi fa una grande tenerezza. Ha significato la nascita di mia figlia... Senza contare che ho imparato tantissimo come attore. Però, mi piace credere che la gente mi identifichi anche con altri personaggi visto che di ognuno dei classici che ho portato in teatro ho fatto 200 repliche in giro per l'Italia».
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Foto di Fabrizio De Blasio
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