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«Alessandra Amoroso e il martirio delle mamme»: l’editoriale di Silvia Grilli

«Alessandra Amoroso e il martirio delle mamme»: l'editoriale di Silvia Grilli

foto di Silvia Grilli Silvia Grilli — 7 Agosto 2025
Silvia Grilli
Il nuovo numero di Grazia è ora in edicola. Ecco l'editoriale della Direttrice Silvia Grilli

Ciò che accade quest'estate ad Alessandra Amoroso rivela molto della maternità in Italia. Con il suo bellissimo pancione all'ottavo mese, la cantante ha continuato a esibirsi nel suo tour.

Nell'Italia delle culle vuote, la sua gravidanza deve essere apparsa a molti come una provocazione, visto che è stata costretta a difendersi da chi l'accusa di essere un'esibizionista, mettere a rischio la salute della bambina, non essere un bell'esempio per le altre donne.

Alessandra sperimenta quello che impariamo tutte noi quando diventiamo madri: il nostro corpo non ci appartiene più, diventa proprietà di tutti, chiunque si sente autorizzato a giudicare che cosa sia la maternità, come debba essere una brava mamma, come dobbiamo essere noi.

Anche per questo motivo, tante non se la sentono di mettere al mondo figli. Hanno paura perché vedono quanto intransigente possa essere il verdetto su di noi, quanto inflessibile il lavoro, quanto costoso crescere una bambina o un bambino e quanto scontata e invisibile sia l’opera delle mamme.

Quando gli uomini diventano padri, i loro stipendi aumentano. Quando le donne diventano madri vengono punite, invece di essere premiate per il loro contributo alla vita dato che la scarsa natalità è un’emergenza nazionale.

Spesso devono sacrificare le loro carriere, le loro ambizioni, la loro salute fisica e mentale a un sistema che considera nostro dovere tenere tutto insieme: marito, figli, casa, lavoro domestico e pubblico, in un’ingiusta distribuzione dei carichi.

Il patriarcato (sento già le proteste collettive: «Ancora con questa storia del patriarcato?». Sì, cari miei, ancora) ha creato una società in cui le donne sono sottovalutate in tutto. Per provare di valere dobbiamo dimostrare continuamente le nostre qualità e non saranno mai abbastanza. Abbiamo voluto essere mamme? E allora dobbiamo sacrificare noi stesse per essere perfette.

Quante volte abbiamo sentito mariti di successo ringraziare le mogli: «Devo tutto alla mia straordinaria consorte, è la persona più forte e generosa che conosca». Le esaltano come campionesse del multitasking in grado di fare tutto. È molto comodo. Permette loro di mettersi in poltrona.

Possiamo smetterla con questa trappola? Finirla con parametri irrealistici su quello che le madri dovrebbero dimostrare per essere abbastanza brave, quando hanno già soffocato emozioni e desideri?

La mia cognata svedese ama ripetere: «Le mamme felici hanno bambini sporchi e cucine sudicie». Ah, che sollievo! Il nostro mantra dovrebbe essere la maternità imperfetta. La nostra frase preferita: «Sono stanca, fallo tu».

E se mia figlia si comporta male e tu dai la colpa alla mia incapacità di educarla, la prossima volta rispondo con sincera noncuranza: «Ok, va bene, pensa come vuoi, non me ne importa nulla».

Alessandra, non ti curar di loro, ma guarda e passa. In un mondo che sta cercando di tornare al conservatorismo, spingendo indietro la parità tra donne e uomini «perché abbiamo problemi più seri», anzi in un mondo che dà alle donne libere la colpa della rovina dei valori, continuiamo a rifiutare il martirio come fondamento della maternità.

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