Adèle Exarchopoulos: «Sono il volto delle ragazze libere»
Sono quasi le 23 e 30 quando capisco che ormai non arriverà la telefonata di Adèle Exarchopoulos, alle prese con gli imprevisti del set di Un métier sérieux, commedia di Thomas Lilti, e l’agenda fitta di impegni di una superstar.
Ha quasi 29 anni, età in cui un’attrice è solitamente impegnata in una dura gavetta: lei, invece, la gavetta ce l’ha ormai alle spalle, è famosa già da un decennio, da quando la sua interpretazione in La vita di Adele, storia di una passione omosessuale e Palma d’oro al Festival di Cannes 2013, le fece vincere numerosi premi tra cui il César come migliore promessa femminile.
L’incredibile è che aveva 20 anni ma recitava da sette, con Jane Birkin a dirigerla in uno dei suoi primi film, Boxes, nel 2006.
Da allora questa ragazza di origini greche, aria da bimba, pelle diafana e occhi grandissimi dalle mille sfumature, ha fatto più di una ventina di film.
In maggio la vedremo nei cinema italiani in Generazione Low Cost, in cui interpreta Cassandre, hostess di una compagnia aerea low cost dai bilanci risicati, e alla 75a edizione del Festival di Cannes nel drammatico Les cinq diables, in cui è Joanne, giovane madre della piccola Vicky.
Lei che a 23 anni è diventata mamma di Ismaël, avuto con il rapper Doums, e a 26 era già brand ambassador della maison Fendi. Insomma: Adèle finirò per intervistarla al telefono il giorno dopo, in una pausa del set.
Cassandre, protagonista di Generazione Low Cost, è il simbolo di una generazione che cerca il suo posto nel mondo, ma intanto non pensa al futuro, vive nel presente, tra feste, viaggi e brevi storie d’amore. C’è stato un momento della vita in cui si è sentita così: spensierata, leggera, libera di andare ovunque?
«Mi ha fatto molto riflettere la generazione di giovani protagonista di questo film, e il fatto che consumi tutto alla svelta: sentimenti, sogni, sesso, vivendoli in superficie e mai in profondità, quasi bruciandoli. Per quanto riguarda me, prima di avere il mio bambino ho sempre adorato viaggiare, anche se ho iniziato a lavorare giovanissima. Poi è subentrata la responsabilità di avere un figlio. E ora la spensieratezza, la leggerezza, la scoperta, le trovo nella sua innocenza, è come se le vivessi ancora, ma attraverso di lui».
Cassandre sogna di lavorare per una compagnia aerea più prestigiosa, ma schiva le responsabilità e non vuole scioperare con i colleghi per migliorare la sua situazione lavorativa. Al suo posto come si comporterebbe?
«Probabilmente in modo diverso. Oggi ci sono tantissime cose da cambiare, tanti diritti negati per cui lottare, e io credo moltissimo nell’impegno collettivo. Credo però anche nell’impegno del singolo individuo, quello che si manifesta nella vita di tutti i giorni, nel rispettare, per esempio, le persone che ci circondano, nel lavoro e non solo in quello».
Al prossimo Festival di Cannes presenta Les cinq diables, un film che esplora l’infanzia della piccola Vicky, sconvolta dall’arrivo di una zia appena uscita di prigione. Com’è stato interpretare una madre?
«Non era il mio primo ruolo di madre, ma sono riuscita a trovare subito, dentro me stessa, l’amore per una figlia. E a interpretarlo sul set. Conosco bene la dinamica per cui senti che un figlio ha bisogno di te e tu ti senti fondamentale per lui. Sono molto contenta di aver girato questo film, che andrà nella sezione La Quinzaine des Réalisateurs: conoscevo già la giovane regista Léa Mysius, dai tempi del suo primo lungometraggio, Ava. Mi piace il tocco da dramma dell’assurdo che ha dato al film».
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