«1.675 domande per dimostrare che si era fatta stuprare volontariamente»: l'editoriale di Silvia Grilli
Sei anni fa ha denunciato di essere stata violentata da quattro ragazzi: Ciro Grillo (figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle) e i suoi amici Edoardo Capitta, Vittorio Lauria, Francesco Corsiglia.
In questi sei anni la sua vita è stata ribaltata, scrutinata, soppesata, umiliata per dimostrare che lei li avesse provocati e ci fosse stata. Trentacinque ore di interrogatori e 1.675 domande per provare che fosse consenziente, una «tr..ia» come la definiscono ripetutamente gli imputati nelle chat.
Sei anni d’indagini e quattro di processo in cui sono state presentate prove schiaccianti, come i filmati della violenza inoltrati ad altri. C’era una giovane donna di 19 anni che non aveva mangiato, aveva bevuto e a cui gli imputati avevano preparato un beverone a base di vodka.
Bere non è reato. Stuprare una persona ubriaca incapace d’intendere, perciò in inferiorità psichica o fisica, invece lo è.
Sei anni in cui Ciro Grillo, all’epoca dei fatti 19enne, ha cambiato la sua immagine pubblica. Non è più il ragazzo a torso nudo in piscina nelle foto di cronaca che raccontavano il fattaccio di quella notte fra il 16 e il 17 luglio 2019 a casa Grillo, in Costa Smeralda.
Oggi è il neolaureato in legge che si presenta per la prima volta nell’aula del processo per lo stupro di gruppo e si mostra in lacrime. Piange, e rivela di aspettare una bambina dalla sua compagna. Una figlia per la quale, dice, vuole esserci quando nascerà in dicembre.
Non so come fosse da piccola la studentessa 19enne di quella brutta notte. So che oggi è una giovane donna coraggiosa, che continua a chiedere giustizia nonostante sei anni di umiliazioni e 1.675 domande. Un trattamento, dice la sua avvocata Giulia Bongiorno, che forse nessun’altra teste ha subìto nella storia giudiziaria italiana.
Chissà se, da padre, Ciro Grillo insegnerà a sua figlia che lei vale, la sua volontà è rilevante, la sua autodeterminazione conta, che non c'è sesso senza consenso, che una donna non è una creatura inferiore da usare a piacimento.
Perché da questo processo, dice Bongiorno, emerge una concezione delle donne come esseri irrilevanti, la cui volontà vale zero. Com’è possibile che nel 2025 giovani maschi deumanizzino così le femmine? Ma poiché è possibile, anzi normalizzato e molto frequente, da dove arriva tutta questa misoginia? Dalla famiglia? Dal porno online? Dagli amici? In quell’angolo di paradiso in Costa Smeralda dove c’è la casa dei Grillo e dove tutto è accaduto, certamente non vanno a villeggiare ceti subalterni.
Che cosa insegnano ai figli in quelle famiglie, agli studenti in quelle scuole, come vengono trattate le donne nel chiuso di quelle case? Come nullità? Si dice sempre che è l’esempio che conta. Se non c’è parità, i figli introiettano la disparità.
Vorrei qui ricordare ancora una volta quei fatti di sei anni fa. I quattro imputati diciannovenni conoscono in discoteca due coetanee. Alla fine della serata tornano con loro a casa Grillo. Fanno le ore piccole. Una delle ragazze si addormenta sul divano e viene ritratta in immagini oscene.
L’altra, racconta lei stessa nella denuncia, viene stuprata. Prima, dice, è aggredita da Francesco Corsiglia, che lei respinge. Poi violentata da tutti e quattro insieme. Al processo, il neolaureato in legge Ciro Grillo ha detto: «Credo nella giustizia, e vorrei continuare a crederci». Anche io ci credo, quando non umilia le vittime, ristabilisce la verità e condanna chi stupra.
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