Simonetta Gianfelici: conversazione a cuore aperto con la top model italiana
Incontro Simonetta Gianfelici il giorno prima dell'inizio delle sfilate milanesi. Fuori si respira un'aria frizzante che sembra anticipare il caos e la frenesia dei giorni a venire e per la nostra chiacchierata, quasi d'istinto, pensando ai ritratti che conosco a memoria della mia ospite, scelgo il Giacomo Café sotto Palazzo Reale, dove al momento è in corso la mostra del fotografo George Hoyningen-Huene.
Gianfelici ha una storia artistica e lavorativa che non può lasciare indifferenti, modella dall'età di 17 anni collabora con i più grandi fotografi degli anni 80 e 90 (tra i quali Helmut Newton), diventa musa di designer come Thierry Mugler, per poi dedicarsi allo scouting di giovani designer fondando il concorso Who's On Next e ancora al teatro, alla fotografia e a progetti umanitari di moda etica.
Ma è la sua storia presente e il suo futuro che mi affascinano ancora di più, la sua voglia di raccontarsi e di tornare sulle passerelle con il chiaro obiettivo di lanciare un messaggio e trasmettere dei valori, di non essere solo un'immagine, ma rappresentare un movimento di diversità e inclusività.
Sentirla parlare delle sue esperienze e di quello che ancora potrà fare è un privilegio che siamo felici di condividere con voi in questa lunga conversazione.

Giacca SALVATORE VIGNOLA
Cosa avresti fatto se non avessi lavorato nel mondo della moda?
Avevo una passione per la grafica e per l'architettura. Venivo dal liceo artistico e avevo studiato scenografia, ma già lavoravo - ho cominciato a 17 anni - quindi è stato abbastanza complesso terminare gli studi. Quando ho pensato di proseguirli mi sono iscritta a Storia Dell'Arte e sono sicura che sarei rimasta in un ambito creativo e artistico.
Da modella, come è cambiato secondo te il mondo della moda adesso per chi fa il tuo lavoro?
Sicuramente ora siamo molto più esposte. Da un lato lo trovo interessante perché abbiamo anche una voce e quindi possiamo comunicare. La sola estetica risulta in qualche modo insufficiente se non si ha anche la capacità di comunicare i propri valori e la propria personalità.
Prima il solo essere una modella era già un'espressione di personalità e di stile. E quindi da un lato non posso dire che anche in quel momento non ci fosse comunque un modo di esprimere se stesse. Non posso dire di non aver utilizzato per esempio il mio essere modella come una forma di comunicazione che andava oltre l'estetica. Ma oggi lo faccio in maniera molto più consapevole e sapendo anche con quale forza posso comunicare il mio messaggio.
Si può decidere in qualche modo, essere di riferimento, e sento anche una certa responsabilità. Credo che forse le giovanissime modelle non abbiano questa sensazione, non necessariamente penso siano così consapevoli del ruolo che hanno e di come possano utilizzarlo per portare avanti anche dei valori. Ora spesso viene chiesto anche di avere following sui Social Network e da un certo punto di vista non credo sia sbagliato, il problema è come te li conquisti, se dando un'idea di una vita perfetta oppure cercando maggiore empatia o un'immagine più sincera, più onesta, più diretta, più coinvolgente che rappresenti di più l'interlocutore invisibile che si nasconde dietro i social, perché non sappiamo spesso chi c'è a guardarci e seguirci.


Giacca e gonna SALVATORE VIGNOLA, scarpe MARNI
Ti scrivono tante persone?
Mi scrivono, sì. Ricevo moltissimi apprezzamenti da persone che non mi conoscono. Facendo una statistica, una fascia che comprende più donne che uomini, e questo mi fa molto piacere, e con una età che va dai trentacinque ai sessantacinque anni e quindi un range abbastanza ampio.
Oltre a Instagram guardi anche altri social network?
Instagram mi piace per le immagini ma c'è poco spazio per i testi
A te piace anche scrivere?
A me piace molto scrivere. Ho sempre tenuto diari anche quando ho lavorato in passato perché c'era sempre qualcosa che succedeva che andava oltre la quotidianità. Scrivevo del lavoro, degli aspetti professionali che mi facevano entrare in relazione con le altre persone. Scrivevo del coinvolgimento creativo con fotografi e designer e dei tanti viaggi che mi hanno aperto la mente.
C'è stato un momento in cui hai detto no basta io questo lavoro non lo voglio più fare, non lo farò mai più?
No, devo dire che una scelta così drastica non l'ho mai avuta perché ho sempre amato il mio lavoro, ho tuttora una grande passione per quello che faccio.
Qual è la cosa che ti emoziona di più?
Abbracciare la visione di un creativo, essere parte attiva nel lavoro artistico portando il mio contributo.


Abito GIUSEPPE BUCCINNÀ, stivali cuissardes CASADEI
Ti piace di più stare sul set o vedere poi la foto alla fine?
Devo dire che la mia esperienza è stata un po' a 360 gradi. Ad un certo punto della mia vita ho lasciato il lavoro di modella, perché mi sono resa conto che ero in un'età "di mezzo" e non mi sentivo più rappresentata in maniera coerente dall'industria in cui mi trovavo e avevo bisogno anche di fare nuove esperienze. Ho fatto tante altre cose sempre legate all'ambiente moda. Ho cominciato a occuparmi di scouting di giovani talenti, ho fatto anche la redattrice per un periodo. Alcune cose sono anche accadute in maniera fortuita, ma il mio carattere mi ha sempre spinta a fare tante esperienze, a provare cose che non avevo e non ho ancora fatto, ad affrontare sfide come il teatro, o un contest che ho praticamente creato e seguito per tanti anni. Tutte queste cose mi hanno fatto capire che potevo dare qualcosa indietro di quella che era stata la mia lunga esperienza, di quella che era stata la mia formazione poliedrica e che tutto questo avrei potuto metterlo a disposizione degli altri.
Il punto più alto penso di averlo raggiunto quando ho cominciato a collaborare con le Nazioni Unite e sono andata a lavorare in Africa per sostenere un programma di sviluppo di moda etica, e da quel momento mi sono appassionata anche al tema della sostenibilità e a tutti i valori che ad esso sono connessi. Oggi dobbiamo essere in grado di comunicarli.


Top con cappuccio e gonna MARCO VINCI, stivali OVYÉ
E invece, sempre nel campo lavorativo, c'è qualcosa di cui faresti o avresti fatto a meno?
Farei a meno dell'arroganza, ma questo lo dico in generale, non solo sul lavoro. C'è questo atteggiamento spesso che si rintraccia meno all'estero, e forse arroganza non è neanche la parola giusta. Direi più presunzione a volte, una mancanza di umiltà, di onestà intellettuale. Ho sempre pensato che i veri talenti non abbiano bisogno di autocelebrarsi, autocroclamarsi. Questo aspetto così autoreferenziale lo trovo un po' anacronistico.
Io sono marchigiana, da noi si dice: "chi si loda si imbroda".
Ecco esatto. Mi piace chi si lascia scoprire, con gentilezza, senza essere aggressivo. Questo bisogno sempre di dimostrare che si fanno cose e si sanno fare cose, la vedo come una mancanza di gratitudine, perché in fondo facciamo un lavoro bellissimo che ci consente di esprimerci.
Poi, per carità, come in ogni campo ci sono tanti aspetti che possono essere pesanti. In certi momenti della mia vita detestavo partire, fare le valigie, costantemente. Ma allo stesso tempo era la cosa più bella del mondo, una grande opportunità. In questo lavoro ci sono tante contraddizioni che possono essere difficili da gestire. Come la routine, che può essere disturbante, la ripetizione di gesti che non ti porta a una soddisfazione immediata. Però il lavoro è fatto di costanza, applicazione, impegno, dedizione.

Top MARCO VINCE, trench ACT N°1
Ho visto il programma Le ragazze su Rai 3 di cui sei stata protagonista in una puntata e mi è piaciuta tantissimo la tua sincerità e la voglia di raccontarti, a livello lavorativo, ma anche nella tua vita privata. Mentre di solito le celebrities, le top model non amano parlarne.
Personalmente io sono molto discreta, molto riservata. Per il programma pensavo che saremmo partiti dalla mia esperienza di modella per arrivare a tracciare un quadro del momento storico degli anni Ottanta e invece è diventata poi una cosa molto intima, molto personale. Ma come tutte le cose che ci fanno paura poi alla fine un po' sono quelle ci salvano anche.
Oggi prestare la mia immagine e tornare sulle passerelle a sessanta anni non può essere qualcosa di semplicemente estetico, deve consentire a una fascia di donne che hanno la mia età, che poi sono delle consumatrici attive, di essere rappresentate. E per sentirsi rappresentati c'è bisogno, secondo me, anche di una maggiore sincerità, di una maggiore autenticità.


Abito e capospalla ROMEO GIGLI, scarpe CASADEI
Hai raccontato anche la tua storia con Patrizia, tua moglie, che hai conosciuto a 17 anni per poi ritrovarvi molto più avanti.
Ho un amico che ha rimesso in ordine tutta la corrispondenza che abbiamo avuto per 15 anni.
Come ti spieghi il vostro rapporto e i casi della vita?
Non so se c'è una spiegazione. Io so che ero molto, molto giovane e non sapevo che cosa sarei diventata, non sapevo neanche ancora che avrei fatto questo lavoro, però sapevo quello che non volevo essere e cercavo di costruire una relazione che non fosse vincolata da nessuno schema. Non volevo riprodurre l'imprinting che avevo avuto da una famiglia tradizionale. Volevo essere in grado di scegliere. E queste scelte alla fine, per quanto complesse, lunghe e faticose mi hanno portato non solo a innamorarmi di una donna, ma anche a scegliere di vivere questa storia a pieno.
Ho dovuto superare molti ostacoli. E, per quanto possa sembrare strano per l'idea che abbiamo della moda negli anni 80, devo dire che non mi sono sentita compresa o libera, perché non c'erano tante persone che facevano davvero coming out. Oggi, per fortuna, c'è una maggiore inclusività, ma soprattutto in questo momento è importante, secondo me, far parte di un movimento che celebra la diversità in tutti i sensi. Anche perché la chiusura è sempre dietro l'angolo. E questo riguarda sia il campo dell'amore, ma anche il fatto di considerare quella che già rientra nella terza età come un momento non meno eccitante, fatto comunque di scoperte, di novità, di vita.
Io mi sento come se avessi trent'anni, però ne ho sessanta.
Io ne ho quasi quarantacinque ma mi sento molto più rappresentata da te che da Kylie Jenner.
Mi auguro solo di trasmettere armonia sia fisica che emotiva, che deve esserci nel nostro essere, e di passare un messaggio. È importante che la nostra identità sia completa. A volte trovo che le ragazze giovani di oggi, che hanno tutti questi strumenti con cui modificano il loro aspetto, abbiano proprio difficoltà a volte a percepire se stesse. Ne conosco di giovani, anche giovanissime, che sono molto attive sui social, e sono quasi degli Hikikomori nella vita. Non hanno più il coraggio di esporsi, perché c'è una tale differenza e divergenza di immagini che hanno paura che gli altri li vedano diversamente.


Capospalla SAPIO
La post-produzione e i filtri hanno alterato tanto la percezione della realtà.
Se c'è una cosa che mi chiedo è se la moda debba essere ancora un sogno. Una volta dicevamo che la moda doveva essere aspirazionale rispetto all'immagine. Oggi io spero che l'aspirazione sia quella di abbracciare dei valori, delle abitudini e riprendere il mondo con naturalezza.
Ti capita mai di vedere dei fotografi con cui ti piacerebbe lavorare?
Amo molto la fotografia - ho frequentato anche una scuola - ma non necessariamente la fotografia di moda. Spesso trovo che uno sguardo diverso, meno asservito alla moda, possa portare dei grandi risultati. A breve uscirà una campagna che ho scattato con un fotografo che non viene da questo ambiente, e le immagini sono straordinarie. Con un'attenzione alla luce, all'atmosfera, è proprio un'altra cosa. Nella frenesia odierna mi manca a volte la relazione col fotografo, che per me invece era un elemento molto importante. Ad ogni shooting si creava una relazione diversa. Adesso in questa rapidità c'è il rischio che questo rapporto venga un po' meno.
Invece a livello di designer c'è qualcuno a cui sei particolarmente legata, con cui ti piace lavorare o anche con cui ti piacerebbe lavorare?
Ce ne sono molti. Sicuramente una persona che stimo molto, indipendentemente da dove si trovi, è Alessandro Michele, perché secondo me porta una profondità e una stratificazione di intenti e di codici che è molto interessante leggere. Uno a cui sono estremamente legata è Antonio Marras e ho anche avuto la fortuna di lavorarci.
Mi piacciono molto alcuni giovani, come Francesco Murano, che ha debuttato alla Milano Fashion Week. Ma sai lui come Di Morabito, Marco Rambaldi, Marco De Vincenzo, arrivano tutti da Who's On Next, dove seguivo personalmente lo scouting per cui per me sono tutti importanti. Un altro designer che mi rappresenta molto, per non citare solo gli italiani, è Yohji Yamamoto, e sono molto curiosa di questa rinascita di Calvin Klein, perché sono legata a Helmut Lang, una certa Jil Sander, gli anni 90 minimali. Se penso alla mia immagine penso a Céline, a delle cose estremamente pulite.

Gonna SALVATORE VIGNOLA, scarpe CASADEI
Cosa ti auguri per la moda oggi?
Secondo me la moda deve ritrovare lentezza e un approccio più sincero soprattutto rispetto alla sostenibilità. Queste sono ormai cose fondamentali. Credo davvero che chiedere a un creativo di uscire con sei collezioni più le varie collaborazioni sia disumano e si è visto dove ci ha portati. Sto leggendo Il Capitale nell'Antropocene al momento, per capire come questa smania di profitto abbia portato a far perdere di valore anche ciò che rappresentava la nostra eccellenza. Penso sia fondamentale oggi recuperare l'artigianato che rappresenta la cultura, il Genius Loci di un popolo, di un paese. E vorrei che le persone collaborassero di più assieme. Se sei un creativo hai bisogno di tantissime persone con cui lavorare, per cui trovo sia importante evitare l'individualismo.
C'è un consiglio che daresti a chi volesse intraprendere il lavoro di modello o modella?
Di affrontare le sfide con naturalezza, perché fanno parte della vita, di restare sempre curiosi, amare gli altri e sentirsi grati di quello che si ha. Di cercare di essere delle belle persone dentro, oltre che fuori. E soprattutto riconoscere il valore positivo della propria unicità perché non possiamo essere altro che quello che siamo.
Credits:
Photography by Arianna Angelini @arianna_angelini
Styling by Lorraine Betta @lorrainebetta
Stylist Assistant Viola Carsana @violacarsana
Makeup by Jo Gandola @mua.jo.gandola
Hair by Marica Abbascià @hair.marica
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