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Factory

Simone Rutigliano: «La moda, il mio mondo sicuro»

Simone Rutigliano: «La moda, il mio mondo sicuro»

@simonrutigliano

Abbiamo incontrato Simone Rutigliano per parlare di moda, libertà di espressione e locali notturni


Stylist di giorno, door selector di notte (al Plastic, storico locale milanese). La moda per Simone Rutigliano ha sempre ricoperto un ruolo importante, permettendogli di entrare in mondi diversi e di creare immaginari ancora inesplorati.

È lui il protagonista del servizio fotografico e della nostra intervista.


01_Simone

Dolcevita ETRO, giacca ACT N°1, bodychain VERSACE


Come nasce la tua passione per la moda?
La moda nella mia vita è entrata prima come gioco, poi come passione. L’ho sempre considerata come un mondo sicuro dove potermi rifugiare ed essere qualsiasi cosa volessi. È come interpreto la mia vita, la chiave per esplorare nuovi lati di me.

Quando hai capito che avrebbe avuto un ruolo centrale nella tua vita?
Già alle medie, quando ero un bambino robusto che si vestiva in maniera particolare e che ovviamente veniva preso di mira. Non mi interessava, però: andavo dritto per la mia strada e indossavo quello che volevo, totalmente diverso dagli stampi dei miei compagni di classe.


02_Simone

Camicia e collana VERSACE


Ti ricordi da bambino qual era l’impatto della moda nella tua quotidianità?
Io arrivo dalla provincia di Milano e avevo la costante sensazione di vivere in una dimensione periferica, a ogni livello. Il mio unico modo per fuggire dalla realtà erano le riviste di moda: guardavo le campagne, appendevo sulla parete le foto e da lì sognavo di entrare in quel mondo che mi attraeva così tanto.

E oggi ce l’hai fatta. Senti di stare camminando nella direzione giusta?
Esatto, se mi guardo indietro vedo che, piano piano, sto raggiungendo quello che volevo.


03_Simone
Camicia e pantaloni DAVI PARIS, trench VERSACE

Che ruolo ha avuto Milano nella tua affermazione?
Per me è casa. A Milano si respira un’energia speciale che ho ritrovato solo in poche altre città, come Parigi o New York. Mi piace tutto: dalle piccole vie all’architettura. Mi auguro di viaggiare molto nella vita, ma so che una parte del mio cuore e delle mie radici sarà sempre qui, a Milano.

Cosa ti piace di più dell’essere uno stylist?
Mi piace il fatto che io possa reinterpretare diverse estetiche e altri mondi, rendendoli miei. Gioco con stili sempre differenti e mi diverto a creare un nuovo immaginario ogni volta.


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Cappotto ROBERTO CAVALLI, camicia ACT N°1, pantaloni ETRO, boots ROBERTO CAVALLI


Da dove viene la tua ispirazione?
Dipende. La quotidianità ha un grande peso: per un periodo sono rimasto bloccato nell’estetica dell’ufficio, un mondo vintage di scrivanie e computer anni ’90. C’è una continua ricerca che può svilupparsi osservando quello che mi circonda, vedendo una mostra, scoprendo le vie di Milano, l’architettura di una città, la musica.

C’è un accessorio o un capo che ricorre spesso nei tuoi lavori da stylist?
Sì. La cosa che preferisco in assoluto nell’abbigliamento sono le strutture, quindi camicie e giacche. Mi interessa come queste possano ridefinire il corpo. Sono particolarmente affascinato dalla figura umana, penso sempre a come poterla cambiare, trasformare.


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Completo ROBERTO CAVALLI, dolcevita ETRO, boots ROBERTO CAVALLI


Quali sono i marchi a cui sei più legato?
Sono uno che differenzia molto il giorno dalla notte. Fino alle 18 mi vedrei sempre in total look Prada. La sera, invece, grande sfarzo. Non ho nessun problema a osare: non mi pongo limiti e mi diverto spesso con accessori, accostamenti di colori, scarpe.

Cosa ti ha fatto capire l’essere uno stylist?
C’è un insegnamento molto importante che ho appreso: quello di non giudicare mai le cose a prescindere, ma di capirle.


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Camicia N°21, giacca e sciarpa ETRO


Accanto all’attività di stylist c’è anche quella di door selector. In cosa consiste esattamente?
La leggenda vuole che si tratti di una figura che, alle porte di un club, decida chi entra e chi no. In realtà le cose sono molto cambiate. L’obiettivo è quello di raggruppare delle persone per creare, all’interno, un posto sicuro e confortevole. Come un guardiano.

Tu cosa consigli di indossare per passare la selezione e poter, quindi, entrare nel locale?
Con l’epoca digital, il concetto di come ti vesti per andare a ballare è cambiato. Più che gli abbinamenti, io ricerco l’attitude nelle persone. Se hai voglia di vestirti in modo stranissimo sei il benvenuto, ma anche se indossi una semplice T-shirt: l’importante è essere trasparenti, senza maschere. È più un “io ti vedo e ti capisco”.


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Maglia ETRO, foulard, spilla e pantaloni VERSACE


Quali sono le tue icone di stile?
La lista è lunghissima, apprezzo molto i singoli lavori di diverse persone. Al momento ammiro molto lo stile di Cody Fern e di Ezra Miller, stanno rivoluzionando la concezione della moda maschile.

Qual è la frase che ti ritrovi a ripetere più spesso?
Sono molto severo con me stesso e puntiglioso e meticoloso sulle mie faccende. Quello che mi ripeto sempre è: “È questo il massimo? No, puoi fare di più”. Bisogna sempre spingersi oltre e non aver mai paura di rischiare. Buttati, fallo e dai il massimo.


Credits:

Foto: Claudia Ferri
Fashion: Francesca Crippa
Grooming: Antonia Deffenu
Words: Sabrina Patilli
Sitting Editors: Sara Moschini e Daniela Losini

© Riproduzione riservata

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