Lotta di genere, crepuscolo dell’umanità, rigurgito di coscienza

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Scrittrice, attivista, icona di stile dall'eloquio sempre in punta di fioretto, creatrice di luoghi sicuri per anime erranti, la voce da ascoltare e leggere oggi per la nostra rubrica Grazia Voices è quella di Greta La Medica

Negli ultimi anni, ho dedicato una parte significativa del mio tempo agli studi di genere, cercando di tracciare e rielaborare fragilissime interlinee sociali alla ricerca di nuovi modelli per comprendere meglio le complessità della scena sessuale contemporanea. Ne ho dedotto che, in un periodo relativamente breve, sono stati coniati termini e neologismi efficaci, come la schwa e una moltitudine di pronomi, a volte ostici ai profani, ma sintomi evidenti di un rinascimento della nomenclatura che ha dato ordine con nuovi gradienti lessicali laddove la nostra lingua deficitava.

Fra le vicende che la società, ad esempio, ha urgenza di risolvere al più presto, c’è la questione della “persona nata nel corpo sbagliato” purtroppo ancora testardamente raccontata dalla sessuologia e all’interno della comunità trans stessa in modo errato, in quanto ha sempre consegnato un deterrente di sfiducia a chi vive un’esistenza che di sbagliato ha solo un cliché assegnatogli da voci di persone binarie.

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Foto di Oskar Cecere

Io non ho mai percepito l’errore sfiorare il mio corpo; solo entrando in contatto con altre donne cisgender ho sentito un’inafferrabile sensazione di disagio o inadeguatezza. Tuttavia, quando mi addentravo in quella che definirei la 'ginosfera', ovvero quell’universo somatico e affettivo proprio delle donne, ho intercettato che anche tra loro c’erano disagi e disforie che pensavo appartenessero unicamente a una persona transgender.

Mi chiedo se esista, a questo punto, un corpo che sia universalmente equo per tutte.
Il contenuto valoriale della parola “corpo”, ahimè, non problematizza solo me in quanto persona trans, ma riguarda molte donne, poiché questo costrutto sociale è stato impostato su uno standard assoluto che non riesce più a rappresentare adeguatamente la società nella sua interezza. Non sarebbe magnifico rianalizzare i termini che non esauriscono appieno il loro reale significato?

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Citando Virgilio nell’Eneide: "tempus erat quo prima quies mortalibus aegris," il tempo della quiete, dono degli dèi, è finito! Mi sveglio e col fiato in apnea, non sono mai stata così spaventata come oggi. In questo periodo storico, non c’è più tempo per archeologiche disquisizioni che spieghino ai contemporanei la società; il pensiero appena espresso, sebbene importante, si trasforma in un vaneggio quando mi accorgo che stiamo vivendo nell’era di un termine che deflagra in un boato tanto potente da silenziare ogni cosa: la cancellazione.

Accendi il tuo iPhone e leggi notizie senza possibilità di fuga, notizie che sembrano provenire dalla trama de "I racconti dell’ancella", il capolavoro di Margaret Atwood. Fino a qualche mese fa, la perplessità e lo smarrimento riguardavano principalmente la scena politica del mio Paese, ma adesso, scrutando oltre l’oceano, lo scenario si trasforma in un incubo.

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Vorrei partire da un dato di fatto semplice, assunto dalla divulgazione scientifica e ricorrente in sociologia: negli ultimi 60 anni, l’America è stata considerata la terra in cui si sono sviluppati i germogli delle rivendicazioni sociali, le lotte che hanno portato alla conquista dei diritti civili più importanti, i fatti che hanno cambiato con la potenza di un rogo il vetusto apparato manicheista delle culture latine del vecchio continente, immobilizzate da secoli dai tentacoli ideologici della dottrina cattolica.

Quella terra, seppur piena di contraddizioni, che era diventata la roccaforte a difesa dei diritti civili, oggi sta diventando il theatrum della metabolé, direbbero i greci: del caos. La nuova amministrazione Trump, con una pletora di decreti-legge volti a smantellare la tutela della dignità umana, sta violentemente schiaffeggiando le coscienze assopite con il grido che tutto ciò che la lotta sociale ci ha consegnato può esserci tolto in brevissimo tempo. Questioni come la sanguinosa emancipazione del corpo della donna dalla tirannia del patriarcato si smembrano pezzo per pezzo quando si nega l’uso autogestito della pillola, quando si vieta l’interruzione di gravidanza, fino ad arrivare alla criminalizzazione e cancellazione delle esistenze trans con un ribaltone della storia che ci fa retrocedere agli anni ’60.

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"Ma stai vedendo cosa sta succedendo con Trump?" chiedo attonita a un amico che gode del privilegio di non doversi mai interrogare su cosa sarà del suo nome; gli faccio un racconto accorato su come verranno riaffermati i generi anagrafici assegnati alla nascita a tutte le persone transgender, nonostante il percorso di riassegnazione sia stato completato anche chirurgicamente. Lui risponde dall’altra parte con voce serafica: "Ma guarda, è impossibile! Lo sai che la stampa di sinistra fa propaganda ormai, è un’esagerazione". Quando qualcuno usa la formula “propaganda di sinistra” riferita a certi temi, penso che si ignori la storia dell’Istituto di Magnus Hirschfeld nella Berlino degli anni ’20 di Weimar, dove furono condotti studi pionieristici sugli orientamenti di genere, ma soprattutto si sconosce che i nazisti usarono i registri dei volontari per incarcerarli e praticare terapie di conversione con l’elettroshock. Si trattò di migliaia di persone, in gran parte omosessuali, che sarebbero state presto deportate nei "campi di lavoro". Il giorno successivo a questa telefonata, Hunter Schafer, famosa attrice e modella transgender, pubblica un video sul suo canale TikTok mostrando il suo passaporto: secondo la legge americana sotto Trump, è ritornata a essere un maschio.

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Qualche giorno dopo, la cerimonia degli Oscar mette in scena il triste teatrino dell’ipocrisia. Il film "Emilia Perez", diretto da Jacques Audiard, è candidato a numerose statuette, in gran parte perché, per la prima volta, nel cast c’è un’attrice protagonista trans, Sofia Gascón, e il film racconta il percorso di transizione per quasi tre interminabili ore. L’attrice, un mese prima, era stata sottoposta alla gogna mediatica per alcuni vecchi tweet giudicati inopportuni dal tribunale del politicamente corretto. In vista dell’evento, si è optato per eliminare tout court la presenza scomoda della Gascón dalla promozione del film.

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A ricevere l’Oscar come attrice non protagonista sarà Zoe Saldana, anche lei in corsa, sorridente dall’inizio alla fine e perfettamente vestita in un luccicante abito di Saint Laurent. Con la statuetta in mano, Saldana tiene un discorso di 152 secondi senza mai nominare una sola volta la parola “trans”.
Quei secondi sono sufficienti perché quella pellicola e Hollywood diventino complici della "cancellazione" governativa in atto e di una maldestra appropriazione culturale. Nello stesso arco temporale, mentre continuano a spiccare decreti ingiuntivi come fendenti affilati contro la mia comunità, la moda mette in scena il suo valzer di tre settimane all’insegna del non disturbare. Le modelle trans sono diventate un vago ricordo di un’inclusione performativa avvenuta quando il claim #BlackTransLivesMatter portava consensi. In Italia, dove un messaggio di supporto sarebbe stato salvifico come le parole di un messia, i legami di fratellanza e sorellanza sono svaniti e neanche i marchi più giovani hanno osato un minimo segnale di dissenso contro l’aggressione sistematica alla nostra comunità. Tutti sono abbacinati dal faro del privilegio, prigione aurea che impedisce di vedere le ingiustizie e le disparità sociali al di là di una gabbia dorata.

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Se mi state leggendo, vi esorto a non farvi imbambolare dall’oppio della comodità. Questa guerra è trasversale, è intersezionale. Oggi vede noi in trincea, ma presto toccherà anche il vostro giardino.
Noi, diversamente da molti di voi, conosciamo già l’odore che esala dalla pelle che brucia sotto il cauterio della lettera scarlatta; sappiamo già cosa significa lottare da orfane, ce l’ha insegnato la società e anche la comunità LGBTQIA+ il giorno dopo Stonewall.

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I nostri problemi, le nostre istanze hanno sempre oscillato come onde del mare tra Scilla e Cariddi, fra il necessario e il superficiale, l’urgenza e l’indifferenza. E poi, alle donne che pensano che la mattanza di persone innocenti rimanga lontana dalle culle in cui dormono i frutti del loro grembo, vorrei dire: so che essere madre oggi è ancora più difficile di ieri, che il vostro ruolo di genitore vi fa preoccupare per i rincari folli sulla spesa, per le bollette da pagare e per ideologie mendaci calate come strumenti di distrazione di massa dai potenti per farvi smarrire la rotta e il senso del giusto.

Non vi permetteremo di far crescere i vostri figli senza il diritto di poter scegliere un nome che li renda più felici. Continueremo a dare quell’affetto che li farà sentire compresi, costruiremo rifugi per i figli respinti dal vostro amore a volte condizionato, perché la genitorialità non è solo appannaggio di chi sgrava fra le lenzuola candide di un ospedale, ma anche di chi lavora ogni giorno per plasmare lo spazio sociale sgomberandolo dal pericolo, affinché i vostri figli, non i nostri, possano essere liberi di camminare anche mano nella mano con la persona che hanno scelto di amare.

È questo che abbiamo sempre fatto e continueremo a fare, con o senza il vostro permesso, in nome del progresso.

Words: Greta La Medica
Artwork: Simona Rottondi

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Tommy Hilfiger apre la stagione delle feste a Venezia 


Con un evento esclusivo ricco di ospiti Tommy Hilfiger lancia i suoi look modern prep per le festività. Grazia era a Venezia per scoprire gli abbinamenti a cui ispirarsi e portarvi nella magia della città più bella del mondo

Come ti vestirai a Natale? È una delle domande che abbiamo chiesto agli ospiti dell’evento “A Hilfiger Holiday”, una brand experience che ha portato tanti amici italiani di Tommy Hilfiger a Venezia, per assaporare la dolce atmosfera delle feste in una delle città più eleganti al mondo.

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Elisa Maino a Venezia

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Simone Bredariol e Matteo Guerrieri a Murano

Ospiti per due giorni del boutique hotel Palazzina Grassi, dove lo stile contemporaneo si fonde con l’eleganza tradizionale veneziana, i talent invitati hanno potuto gustare una cena intima nel rinomato ristorante affacciato sul Canal Grande, partecipare a una sessione di soffiatura del vetro con il maestro artigiano Simone Cenedese nell’incantevole isola di Murano, pranzare al ristorante Quadrino in piazza San Marco per provare le nuove fragranze Tommy Her New York e Tommy New York e assistere a un DJ set del musicista milanese Vittorio Menozzi, ma soprattutto hanno provato e giocato con i nuovi capi della collezione Tommy Hilfiger Holiday 2025 interpretandoli ognuno con la propria personalità e adattandoli alle diverse occasioni.

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Il maestro Simone Cenedese nella sua vetreria di Murano ha creato una speciale pallina di Natale con i colori iconici di Tommy Hilfiger

L’esuberante Vic Montanari, ad esempio, amante dei colori e degli abbinamenti inaspettati, ha alternato morbidi jeans e maglioni a losanghe con una longuette A line a pieghe e un collo alto natalizio dalla lavorazione grafica, Ryan Prevedel, epitome del ragazzo preppy, non si è lasciato sfuggire i jeans da indossare con i mocassini lucidi e la cravatta, tipici dell’heritage americana, e Elisa Maino il completo bianco, estremamente versatile. L’attrice Lavinia Guglielman ha optato per un look comodo con pantaloni dal taglio maschile adatti ai trasferimenti sull’acqua e alle attività pomeridiane per poi giocare con i contrasti di gonna in paillettes nera e camicia in cotone bianca della sera.

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La digital creator Vic Montanari indossa un'alternativa al classico maglione natalizio


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Ryan Prevedel in barca verso Murano



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Elisa Maino in completo bianco Tommy Hilfiger

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Lavinia Guglielman unisce look androgino con gonna nera in paiette

La coppia Paola Cossentino e Mees Truijens sembra uscita dal frame di un film della Nouvelle Vague. Lei, iperfemminile, con camicia morbida bianca e pantalone nero, e lui, in completo, mentre la giovane Dolma Lisa Dorjee riesce ad esprimere la sua parte più street con il maglione in lana abbinato ai jeans e a cambiare personalità la sera tirando fuori la dark lady ipercool che è in lei grazie all’abito stretch nero con le spalle scoperte. 

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Dolma Lisa Dorjee al pranzo al Quadrino in piazza San Marco dove ha potuto scoprire la fragranza Tommy Her New York


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Il table set per il pranzo al Quadrino con i profumi Tommy Her New York e Tommy New York

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Dolma Lisa Dorjee in abito nero lungo

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Paola Cossentino e Mees Truijens elegantissimi alla cena a Palazzina Grassi

E ancora: Yusuf Panseri, Mattia Basso, Simone Bredariol e Matteo Guerrieri hanno avuto la possibilità di interpretare per i look daily la maglieria, punto forte della collezione Tommy Hilfiger Holiday 2025 caratterizzata dall’inconfondibile Tommy Crest, lo stemma che raffigura un leone con la spada circondato da una corona di alloro che ritroviamo anche su berretti e sciarpe, per poi trasformarsi in gentlemen con un twist per la sera.

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Yusuf Panseri spezza il classico completo e opta per un mix bianco, crema, micro scacchi

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Simone Bredariol nel suo look serale

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Matteo Guerrieri sceglie il velluto e i pantaloni bianchi per la cena di Natale

Accanto all’esperienza di Venezia, il brand americano porta la storia e il calore delle festività 2025 anche nei negozi di Milano e Roma. Gli ospiti potranno infatti godere di un servizio gratuito di confezionamento regali per tutto dicembre, mentre in alcune giornate ci saranno delle divertenti “Santa’s Mailbox”, un carrello di cioccolato e serate di shopping speciali – momenti coinvolgenti pensati per accogliere i consumatori nella comunità del marchio. Qui il link per iscriversi a tutte le iniziative.

L’evento non poteva concludersi se non con uno speciale Secret Santa, dove i ragazzi e le ragazze hanno potuto scambiarsi i regali, ovviamente tutti pensati per loro da Tommy Hilfiger.

E voi? Siete pronti a vivere un Natale firmato Tommy Hilfiger?

Credits:

Video: Andrea Barbui
Foto: Tommaso Biondo