La passione che lega Federica alla fotografia è duratura e autentica, di quelle che ci si porta dietro fin dall'infanzia. Collaboratrice per Grazia.IT da diversi anni, abbiamo rincontrato Federica Rossi D'Arrigo, siciliana doc d'adozione milanese, per parlare di quello che sta succedendo nel mondo dei social e della moda. Ecco cosa ci ha raccontato.
Federica Rossi D’Arrigo
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Ci racconti chi sei e cosa fai nella vita?
Sono nata in Sicilia, tra mare ed Etna, il mio bagno privato era una camera oscura. Mi sono avvicinata alla fotografia da bambina, volevo fare la fotoreporter. In realtà avrei voluto anche diventare una rockstar e magari una curatrice museale. Vivo a Milano da diversi anni, dove collaboro con Grazia.it dal 2014 e lavoro come freelance principalmente su produzioni fotografiche moda e still life. Il mio lavoro si basa soprattutto sulla bellezza e sull’emancipazione femminile, provo a celebrare la forza e l’ispirazione quotidiana che ne traggo.
Dopo i social di parole (Facebook), foto (Instagram), video (TikTok) e ora anche voce (Clubhouse), quale sarà il prossimo social secondo te?
Sento che le persone in generale abbiano voglia di ritrovare la fiducia dei contatti più diretti, rispetto ai social il successo di Clubhouse lo dimostra. Forse si svilupperà qualcosa che integra l’uso della realtà aumentata, non solo come veicolo nello scambio di beni e servizi ma soprattutto per l’intrattenimento personale e il gaming online (che adoro!).
Le foto di Federica
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Abbiamo visto negli ultimi anni proteste prendere voce e potere grazie ai social: sarà sempre di più così? I social possono avere davvero un ruolo nel definire la storia?
Certamente, hanno già contribuito a definire la storia e sarà sempre più così. Quello che occorre adesso, dopo lo stordimento dell'eccesso di virtuale, è la capacità autentica e generalizzata dei social di creare community ed essere cassa di risonanza per tematiche di nicchia. Questo è ciò che manca nei media classici, è anche questo il loro potere.
I social hanno, in molti casi, contribuito a modificare la percezione della nostra immagine, a volte in positivo (la body positivity e la sua diffusione), altre in negativo (l'ambire a stereotipi finti o comunque "filtrati"). Tu che ne pensi?
Ritengo che storicamente ci siano sempre stati stereotipi finti e filtrati, a partire dall’arte classica fino alla scadente programmazione tv anni Novanta. Direi quindi che nell’adattarsi ai nostri tempi questo fenomeno è stato amplificato dai social, che allo stesso tempo riescono, grazie al loro approccio diretto, a dar voce a tematiche inclusive prima di molti altri media.

Quali step dovrebbe fare il sistema moda italiano per essere davvero inclusivo oggi?
Abbiamo la possibilità di attuare un cambiamento decisivo questa volta: attraverso politiche aziendali che siano concretamente inclusive e brand imaging coerenti all’azienda, non solo di tendenza.
La moda è fatta da persone e per le persone; attraverso i processi culturali e sociali può fare la differenza nel rappresentare effettivamente la società attuale in tutte le forme e differenze.
La moda negli ultimi anni è stata letteralmente travolta e pervasa dai social: l'hanno resa di sicuro più aperta e democratica. Come te la immagini nel futuro?
Sostenibile e consapevole, sia dal punto di vista aziendale circa la produzione del prodotto e della tracciabilità delle materie prime, sia per il riciclo che alcune aziende stanno facendo delle vecchie collezioni. Si sta anche diffondendo moltissimo la tendenza a dare nuova vita ai capi, il vintage è finalmente normalizzato e cool anche grazie ai servizi di vendita sui social e tramite app. La direzione da percorrere è quella della consapevolezza globale. La moda svolgerà il suo ruolo.
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