Musica e scrittura, una doppia passione per una doppia intervista: Grazia.it meets Manuela Puglisi, senior editor, e Valentina Cesarini, social media manager & senior editor per il sito di Tv Sorrisi e Canzoni
La musica le ha accompagnate nei momenti più belli (e brutti) della vita: quando gli Oasis in tv erano un evento da non perdere, o quando Alanis Morissette era l'idolo di chi viveva le prime contraddizioni della vita e le prime delusioni d'amore.
E poi l'hip hop, le band funk e i mostri sacri del rock che sono nella top ten di tutti gli appassionati del settore: un elenco lunghissimo (prendete appunti!) di brani e suggestioni musicali che le ha portate dove volevano arrivare, in uno dei giornali più famosi d'Italia.
Perché la scrittura è un'altra passione che, come la musica, ha bisogno di tempo e attenzione: è il messaggio di questa doppia intervista sincera, spontanea e senza peli sulla lingua. These girls rock!!

Il tuo brano del cuore e quello che ti rappresenta di più (e perché)
M: Tirerò fuori due canzoni che in realtà non sono molto in linea con i miei ascolti attuali. La "Canzone di Marinella" di De Andrè era tra quelle che mi cantava mia madre per farmi addormentare quand'ero piccola, anche se era un po' drammatica come ninna nanna. Un brano che mi rappresenta è "Hand in my pocket" di Alanis Morissette. Per il testo, soprattutto, perché parla di una resistenza disordinata e piena di contraddizioni alle difficoltà della vita. Perché è una di quelle che canto a squarciagola con mia sorella e perché i canadesi hanno sempre una marcia in più.

V: "Betray My Heart" di D’Angelo (cantante statunitense soul-hip hop). Oltre a essere una delle composizioni musicali più rappresentative del mio gusto, il brano ha un ritornello che dice «I will never betray my heart»: sembrerà banale, ma questo è un punto fermo nella mia vita. Per quanti errori possa commettere, non riesco a tradire il mio cuore, e non vale solo per le relazioni sentimentali ma anche per i rapporti famigliari, per quelli amicali e per il lavoro che faccio ogni giorno.

Tre album per tre momenti speciali della tua vita
M: Avevo 13 anni, quando gli Oasis sono venuti a Sanremo. Riesco ancora a vedermi seduta in cucina davanti alla televisione, mentre mio padre mi prende in giro perché mi sono innamorata «di quello lì che si mangia il microfono». Per quel periodo, quindi, non posso che scegliere "(What's the Story) Morning Glory?". Per i travagliatissimi anni del liceo pesco dal marasma di musica che ho ascoltato, tutta tra il deprimente e l'arrabbiatissimo - "Transatlanticism" dei Death Cab For Cutie: amori tormentati, amori inutili e l'inspiegabile voglia di diventare grandi che si ha a quell'età. Per i primi passi nell'età adulta invece "Everybody Knows This is Nowhere" di Neil Young insieme ai Crazy Horse.

V: "Mellon Collie and the Infinite Sadness" degli Smashing Pumpkins. Avevo circa 13 anni. Forse è stato il primo album con il quale ho scoperto l’esistenza di un sentimento nel quale potersi crogiolare senza farsi male, grazie alla musica: la malinconia (anche un po’ incazzata). Poi "The Score" dei Fugees. Lo considero quasi un disco unico insieme a "The Miseducation" of Lauryn Hill, il mio personale battesimo all’hip hop. La perfezione, secondo i miei gusti. Infine, "The Epic" di Kamasi Washington. Nel 2017 ho vissuto un periodo molto triste. Ho ascoltato questo disco fino allo sfinimento; dopo ogni ascolto, e ogni pianto, mi sono sentita poco a poco meglio. Nel 2018 sono andata a vedere Kamasi live, gli ho chiesto di autografarmi il disco e l’ho ringraziato. È un sassofonista alto due metri, un gigante buono che mi ha abbracciata forte; per un secondo, è stato come tornare tra le braccia del mio papà (anche se Kamasi ha solo due anni in più di me).

Come nasce la tua passione per la musica?
M: Com'è che si dice? Nella pancia? In casa mia c'è sempre stata musica e si è sempre cantato molto. Prima di andare a dormire, a tavola, magari appena svegli un po' meno. In famiglia abbiamo l'abitudine di “comporre” brani per commentare quello che facciamo: che si stia stendendo la lavatrice o cucinando, poco importa. Nei viaggi in macchina pretendevo che ci fosse sempre la radio accesa, perché solo con la musica non mi veniva la nausea. Crescendo, poi, mi sono ritrovata “casualmente” con fidanzato e amici musicisti.
V: Sono sincera, non essendo una musicista, compositrice, producer o cantante, non so se la mia si possa chiamare “passione”. So per certo che senza la musica non potrei vivere per la maggior parte del tempo. E questo bisogno nasce dall’adolescenza, quando piuttosto che lanciare oggetti dalla finestra o urlare contro i miei (l’ho fatto solo una volta e ho ricevuto un sonoro ceffone), preferivo mettermi le cuffie e ritrovare un po’ di pace senza fare danni.

La musica è un territorio senza confini ed è, allo stesso tempo, un'arte che crea legami molto forti: come può cambiare il rapporto con noi stessi e con gli altri?
M: La musica è un linguaggio, per me è un modo di comunicare con gli altri spesso più semplice di ogni altro. Certamente è anche un modo per guardarsi dentro, capirsi o per buttare fuori qualcosa che non va ed essere liberi. Nelle parole dei Funkadelic «A chance to dance our way out of our constrictions» (tradotto: un'opportunità di farsi strada ballando fuori dalle proprie costrizioni).
V: Se trovi il tuo spazio personale con la musica, puoi riprendere l’equilibrio viaggiando con la mente. Senza distruggere te stesso o chi hai intorno. Nella collettività la musica diventa improvvisamente un collante incredibile: dallo scambio di consigli con un amico a una playlist condivisa tra vari amici, per arrivare ai live. Centinaia, migliaia, milioni di persone che si riuniscono sotto lo stesso tetto (o cielo) per emozionarsi insieme. È come una sostanza che ti amplifica i sensi. È l’esatto opposto di una corsa alle armi.

La canzone che canti sotto la doccia...
M: Ultimamente storpio molto volentieri "Ciao Cuore" di Riccardo Sinigallia: si presta ad acuti senza vergogna.
V: Ne canto sempre una diversa, in base a quella che ho in testa in un determinato periodo. Questo è il momento di «San Siro», uno dei pezzi contenuti nel disco solista di Franco126, che amo molto.

…. e quella che stimola la tua creatività
M: Ho una playlist apposita di brani più o meno strumentali, ma direi "Aurora Borealis" dei Meat Puppets.
V: Tutto il disco "Mr Finish Line" dei Vulfpeck. È una band funk composta da geni nati tutti più o meno agli inizi degli anni Novanta. Sono il groove fatto band, in particolare Joe Dart, il bassista. I loro video musicali sono stupidi, artigianali, bellissimi, ottimi in cuffia per lavorare.

Meta San Francisco: la compilation per un lungo viaggio
M: Damaged Goods – Gang of Four
She's like Heroin to me – The Gun Club
Marquee Moon - Television
Paranoid – Black Sabbath
Never be the Same – Built to spill
I'll come running – Brian Eno
Anemone – The Brian Jonestown Massacre
Sister Golden Air – America
Stuck in the middle with you – Stealers Wheel
And she was – Talking Heads
I won't back down – Tom Petty
The revolution will not be televised – Gil Scott-Heron
Give Up The Funk (Tear the Roof Off the Sucker) – Parliament
Dance to the music – Sly & The Family Stone
Mr. Blue Sky - Electric Light Orchestra

V: Premesso che non ho mai visitato San Francisco, sceglierò una playlist fatta da alcuni dei miei brani preferiti usciti nel 2018, che va bene sia per il giorno che per la notte. Spoiler: nel 2018 ho ascoltato parecchio hip hop e simili. Eccola:
This is America - Childish Gambino
Ten More Rounds - Flohio
’Til its over - Andersoon .Paak
See How - Young Fathers
Overnight - Logic
Get the Fuck Off My Dick - Vince Staples
Come Back Baby - Pusha T
Warm It Up - Logic, Young Sinatra
My Queen is Ada Eastman - Sons Of Kemet
Evan Finds the Third Room - Khruangbin
Black Skin, Black Masks - Shabaka Hutchings
It Gets Funkier IV - Vulfpeck, Louis Cole

Credit ph e artwork: Daniela Losini
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