La jumpsuit: 5 cose che non vi hanno mai detto
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E che nessuno vi ha mai detto. Dagli aviatori a David Bowie
Nata come uniforme confortevole la jumpsuit oggi mette da parte le sue origini per fare spazio a nuove interpretazioni.
Che sia chic, glamour, o casual, la classica “tuta”, grazie alla rivisitazione e all’acquisizione di elementi stilistici, diventa il capo cult del guardaroba femminile, soprattutto quello delle star del red carpet. Oltre ad essere perfetta sia by day che by night, la jumpsuit non conosce stagioni: a manipolarle la sua anima, come spesso accade, sono i tessuti. Infatti, come avete letto nell’ articolo di Diana Marian Murek , la leather suit è una delle reinterpretazioni predilette per l’a/i 2013.
Ecco 5 cose che non vi hanno mai detto:
1) Origini: siamo nel 1920 quando Ernesto Henry Michahelles, in arte Thayaht , pittore ma anche originale stilista futurista, inventa la tuta. Nel 1918, ispiratosi ai concetti di funzionalità di Balla, pensa alla tuta come a un nuovo accordo tra semplicità e comodità: un unico pezzo che comprendesse camicia, giacca e pantalone. Allacciata sul davanti grazie ai sette bottoni, munita di quattro tasche applicate e priva di orpelli decorativi, la tuta viene creata da Thayaht con l’intenzione precisa di divulgare l’idea di un abito pratico, eversivo, ma soprattutto antiborghese. La tuta del pittore futurista, venne realizzata anche in versione femminile: gonna a tubo al posto dei pantaloni, da portare con scarpe senza tacco, abolizione di stoffe costose, concentrato di aspetti funzionali ed igienici. Esportata negli Stati Uniti e proposta ad aziende che rifornivano l’esercito e i corpi speciali, la tuta femminile non ebbe alcun risultato. Di lì a poco, in Unione Sovietica, l’Atelier della moda nato a Mosca nel 1923, portò alla luce il costruttivista Aleksandr Rodchenko che, insieme alla moglie, propose un modello di tuta che divenne ben presto “l’abito del proletariato”: connotazione pratica ma anche ideologica. La tuta di Rodchenko si ispirava alla simultaneità di Sonia Delaunay (stilista- pittrice e fondatrice nel 1922 dell’Atelier Simultané) e si chiamava “Varst”.
2) Terminologia: il termine “tuta” fu coniato da Thayaht per definire l’abito unitario a forma di T. Questo termine però, nell’intenzione di Thayaht, valeva per “tutta” visto che l’indumento vestiva completamente la persona. Nel Dizionario Etimologico Italiano di Battistini e Alessio (1966), alla voce “tuta” si legge: «abito da fatica, per operai, motociclisti, tutto unito, giacca e calzoni». L’etimologia viene però riportata a «un’abbreviazione e adattamento del francese tout-de-même, abito intero della stessa stoffa». Oggi, il termine “tuta” viene usato perlopiù per definire l’indumento sportivo costituito da giacchino con zip e pantalone, mentre si distingue la “jumpsuit” (unico pezzo con pantalone lungo) dalla “playsuit” o “micro jumpsuit” (unico pezzo con shorts). Quest’ultima ben lontana dalla tuta formato short.
3) Suit evolution: nel 1940 Elsa Schiaparelli crea la shelter-suit: una tuta femminile con punto vita e caviglie segnate e una mini bag a tracolla. Il modello base, da cui prende ispirazione la tuta, è quello di sciatori e aviatori. Nel 1943 Antonie de Saint-Exupéry, aviatore, racconta il Piccolo Principe disegnandolo in piedi sul suo pianeta e vestendolo con una tuta mentre osserva attentamente l’orizzonte. La tradizione continua con Emilio Pucci, pilota d’aereo, marchese e stilista, che si avvicinò al mondo della moda estendendo la confezione delle tute da neve da lui realizzate per amici stretti, al mercato del settore. Nel 1947, la fotografa Toni Frissel, inviata di Harper’s Bazaar, fotografa una giovane amica di Pucci che indossa una tuta da neve. Il successo fu immediato. Da quel momento il suo stile fu inconfondibile e nel 1960, creò una “doposci linea romantica” in Emilioform, una combinazione elastica di shantung di seta e helanca. L’aerodinamico continua a essere l’ispirazione trainante ancora per un po’: Paco Rabanne, diede il via alla cosiddetta “moda spaziale” con le jumpsuit in materiale metallico e Pierre Cardin con le suits second skin collocate in scenari fotografici futuristi. Siamo nel 1966, quando in uno degli scatti di Helmut Newton, è possibile vedere un’altra evoluzione della jumpsuit; quella che segnerà il passaggio tra gli anni 60 e 70: un unico pezzo con pantalone a zampa, firmato da Valentino. E nel 1970, la jumpsuit by YSL, è la prima a calcare la passerella: bianca con maniche lunghe, colletto, pantalone palazzo arricciato in vita e due tasche laterali. Sempre in quel periodo, Helmut Newton, in uno dei suoi scatti, anticipa quello che sarà poi il mood style tra gli anni 70 e 80: la gold jumpsuit.
4) Rock’n’roll suit: dalle passerelle ai palcoscenici della musica, il passo fu breve. Elvis Presley: il vero pioniere. Dal 1969 al 1977 fece della jumpsuit il suo capo icona per eccellenza, da esibire durante i suoi show musicali. Inizialmente, le jumpsuit indossate da Elvis, erano molto semplici e nascevano prendendo spunto dai completi utilizzati per la pratica del karate. Grazie poi, alla sapienza stilistica di Bill Belew, costumista di Presley, la jumpsuit ebbe una nuova anima: colori e disegni sgargianti, borchie, pietre colorate. I nomi dati alle jumpsuit sono molteplici, per citarne alcuni: (1970) “metal eyes” e “cocha” (1971) “red lion”, (1973) “nashville”, (1974) “aloha eagle”, “memphis” (1975) e così via. Nel 1972 un estroso David Bowie interpreta il suo alter ego alieno Ziggy Stardust . In quegli anni trionfava il travestitismo, l’ambiguità sessuale, e la loro massima espressione avveniva con l’abbigliamento: lustrini, piume, rimmel, stivali e tute spaziali. Il tempo del "glam-rock" o del "rock’n’roll col rossetto", come lo definì John Lennon, diede ampio spazio e successo all’incarnazione aliena di Bowie. Le jumpsuit, sono state i primi indumenti dell’alter ego androgino di Bowie: realizzate dal suo amico e designer Freddie Burretti, erano di diverso colore e materiale e i pantaloni bianchi di sera erano indossati con top e mantello bianco. La maggior parte della ricerca per i costumi di Ziggy, proveniva da Arancia Meccanica di Kubrick, perché, come spiegò Bowie, oltre al fascino delle tute indossate da Malcolm McDowell, quello che si andava a raccontare era un mondo che non esisteva o addirittura un’anticipazione di quello che il mondo avrebbe potuto essere. Nel video di Starman, Bowie indossa una delle suits ispirate ai particolari stilistici di McDowell: imbottitura e stivali alti al polpaccio. Designer d’eccezione per le jumpsuit di Bowie, fu il giapponese Kansai Yamamoto, che disegnò nove costumi per promuovere l’album Aladin Insane. Da quel momento, le star del rock si susseguirono nell’indossare stravaganti suits: indimenticabile Freddie Mercury nella dama bianconera e Mick Jagger in quella a rombi.
5) Suit on catwalk: l’estate 2010 fu il periodo clou in cui le jumpsuit tornarono a dominare le passerelle: da quella in seta scozzese di Prada, a quella viola con cappuccio di Diane Von Fürstenberg, a quella floreale di Stella McCartney. Le proposte per l’a/i 2013, sembrano riecheggiare le prime evoluzioni della jumpsuit, una fra tutte quella di Paco Rabanne che, per questa stagione, la realizza in maglia metallica, oro e silver, con apertura verticale sul petto. Vivienne Westwood vede la jumpsuit in glitter, monospalla e monogamba. Jessie J ne indossò una firmata proprio dalla stilista britannica, lo scorso 12 agosto, durante la performance della closing ceremony delle Olimpiadi di Londra . La Maison Valentino , crea una suit super chic in rosso con maniche a sbuffo e polsini. Versioni low cost, arrivano da Sisley, che per l’a/i 2013 propone la jumpsuit nera con pantalone a zampa, giromanica e cintura in vita. Guardando un po’ più avanti, ci si accorge che nelle Resort 2013 , le reinterpretazioni della jumpsuit abbondano. Stampe geometriche in b/n, per la jumpsuit di Balmain e playsuit nera con tasche e cuciture bianche a contrasto; la maison McQueen ripresenta lo stile anni 70, con la jumpsuit floreale. Gipsy style per Marc by Marc Jacobs, che crea la suit con fantasia neo-hippie, sui toni del rosso, arancio e blu. Nautical stripes, invece, la jumpsuit con pantalone a zampa e cintura in vita di House of Holland. Di stampo orientale, la jumpsuit creata da Emilio Pucci per la collezione Resort 2013: fondo nero, texture con rose disegnate, e allacciata grazie a dei bottoni sul davanti.
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