Riley Keough: Se non è sotto i riflettori, non è vita
Suo nonno era il mito del rock Elvis Presley. Il suo patrigno Michael Jackson. La promessa di Hollywood Riley Keough è cresciuta tra le star e ha deciso di seguire le loro orme. E anche se in tv interpreta una ragazza senza tabù, racconta a Grazia che lei, a differenza dei divi di famiglia, non si farà schiacciare dal successo
La giovane donna biondissima, alta e sexy, che mi viene incontro in un ristorante francese si chiama Riley Keough. Americana, 27 anni, è una delle promesse di Hollywood, con tre film in programma nei prossimi mesi: in uno di questi, Logan Lucky, avrà come partner Daniel Craig. Tutti la guardano mentre si accomoda davanti a me perché è molto bella, ma pochi sanno che ha una storia familiare fuori dal comune: suo nonno era la leggenda del rock Elvis Presley, i suoi patrigni sono stati Michael Jackson e l’attore Nicolas Cage, mariti in successione della mamma cantante Lisa Marie Presley. Eppure Riley non ha mai pensato di sfondare nella musica. Ha debuttato nel cinema sei anni fa, dopo aver mosso i primi passi nella moda, e ha fatto scalpore recentemente come protagonista della serie Girlfriend Experience (disponibile sulla piattaforma Infinity) nel ruolo di una brillante studentessa di legge che per soldi fa la escort di lusso. E dopo l’estate la vedremo nel film di Andrea Arnold American Honey, premio della giuria al Festival di Cannes: accanto all’attore Shia LaBeouf, Riley interpreta una boss spietata che sfrutta un gruppo di ragazzi sbandati costringendoli a vendere abbonamenti a improbabili riviste in giro per l’America. Insomma, per emergere definitivamente e smarcarsi dalla sua schiacciante famiglia, Riley punta tutto su due personaggi tosti, amorali, in contrasto con la sua personalità tutt’altro che spregiudicata. «Tutto merito del mestiere. Quando recito divento un’altra», mi confida sorridendo.
Nata dal matrimonio di Lisa Marie Presley con il musicista sudafricano Danny Keough, dopo il divorzio dei genitori l’attrice ha passato l’infanzia in luoghi fiabeschi ed esclusivi come Graceland e Neverland, le famose proprietà di Michael Jackson. Sposata da un anno e mezzo con la controfigura di film d’azione Ben Smith Petersen, conosciuto sul set di Mad Max: Fury Road, è cresciuta nel mito di nonno Elvis, scomparso quando lei non era ancora nata. «Ascolto la sua musica e mi piace. Ma fin da quando ero piccola sognavo di recitare», mi racconta Riley fissandomi con i suoi occhi azzurri diretti. Mi sembrerà sincera per tutta la durata dell’intervista.
Possibile che, vivendo immersa nella musica, non abbia avuto la tentazione di cantare o suonare? «Da bambina ho preso lezioni di piano, ma la musica è rimasta un hobby», dice. «Ho sempre avuto l’ossessione del cinema, volevo recitare e non pensavo ad altro».
In quale misura si è sentita influenzata dalla sua famiglia fuori dal comune?
«Sono stata cresciuta da persone eccentriche che mi hanno fatto sentire libera di scegliere la mia strada. Ho sempre saputo che avrei potuto fare quello che volevo e la mia vita è stata coloratissima e un po’ pazza. Approdare all’arte è stato naturale, direi inevitabile. Ha presente quando il figlio di un dentista decide di seguire le orme del padre? A me è successa la stessa cosa».
Ma lei si rendeva conto, da bambina, di vivere in una dimensione tutt’altro che normale?
«No, perché non avevo paragoni. Le ville da favola, i fan che si gettavano urlanti sulla macchina di Michael Jackson, i paparazzi appostati davanti alla porta, i gorilla che mi scortavano ovunque erano l’unica realtà che conoscevo. Ho avuto un’infanzia molto intensa, diversa da quella di qualunque altro bambino, ma senza esserne consapevole».
Che ricordo ha del re del pop Michael Jackson, un personaggio idolatrato, ma anche controverso?
«È stato la cosa più vicina a nonno Elvis che possa immaginare. Michael era epico, generoso, dotato di un’energia straordinaria e di una grande umanità. I fan lo adoravano. Ho un bellissimo ricordo degli anni vissuti con lui».
Perché a un certo punto ha deciso di fare la modella?
«Fin dall’adolescenza sognavo di guadagnare più soldi possibili e subito. Quando ho visto la sorella di un’amica che intascava grosse somme lavorando nella moda, ho pensato di imitarla».
Ma perché voleva guadagnare tanti soldi, visto che è cresciuta nella ricchezza?
«Sentivo l’esigenza di rendermi indipendente. Volevo essere produttiva, dimostrare che potevo mantenermi da sola. Ci tenevo a guadagnare anche per comprare delle cose agli altri, ho sempre voluto aiutare chi non aveva i miei stessi privilegi».
Ha nostalgia del mondo della moda?
«Ho incontrato persone eccezionali come lo stilista John Galliano, i creativi di Christian Dior, il team di Dolce & Gabbana. Ma, per dirla tutta, non ho fatto abbastanza sfilate e campagne pubblicitarie per potermi definire modella. Ho sempre avuto in testa il cinema».
Oggi qual è l’aspetto più difficile del suo lavoro di attrice?
«Tutto è complicato, mi creda, soprattutto dal punto di vista emotivo. Non ho ancora imparato il distacco dal lavoro e certi personaggi particolarmente duri rischiano di mettermi in difficoltà».
Come Christine, la studentessa-prostituta protagonista della serie The Girlfriend Experience?
«Ho accettato di essere nella serie perché mi ha dato l’opportunità di interpretare un personaggio femminile al di fuori degli stereotipi. Christine non si vende perché è avida, ha una personalità molto più complessa. Io non l’ho giudicata, anzi, ho tentato di capirla».
E per riuscirci ha incontrato delle giovani prostitute?
«Certo, prima delle riprese ho voluto parlare con alcune ragazze che fanno le escort per scelta e in piena libertà, non perché sono costrette dalle circostanze o vittime di sfruttamento. Mi hanno aiutata a essere più credibile nel ruolo e mi hanno aperto gli occhi su una realtà che non conoscevo. Anche il pubblico deve conoscerla».
Le scene di sesso abbondano, si è sentita a disagio nell’interpretarle?
«No, perché non ho tabù e in certe situazioni è obbligatorio mostrarsi nude. Il corpo femminile è così bello. Credo di essere più aperta, più europea rispetto agli americani che vanno in crisi ogni volta che si vede un seno in tv, ma che non esitano a mostrare sugli schermi la guerra e ogni sorta di violenza».
E com’è andata sul set di American Honey?
«Prima di girare il film, sapevo soltanto che il mio personaggio era una boss senza scrupoli ma non quello che sarebbe successo. Non avevamo la sceneggiatura, la regista Andrea Arnold ci dava le battute giorno per giorno e ci ha lasciati liberi di improvvisare. È stata un’esperienza che ha cambiato non solo la mia vita, ma anche quella degli altri attori. Sono ancora troppo coinvolta per parlarne nei dettagli».
Perché ha deciso di sposarsi a 26 anni?
«Non saprei spiegarlo, forse sentivo il desiderio di fare l’esperienza del matrimonio. Ben è una persona eccezionale, il mio migliore amico e l’uomo con cui spero di vivere per sempre. Non è ancora il momento di pensare ai figli, ho tanto lavoro davanti a me, ma un giorno ne vorrò».
Ha come modello sua madre Lisa Marie?
«Senza dubbio. È una donna eccezionale, la più determinata, resistente e tenace che conosca. Ne ha passate tante, nella sua vita, ma non si è mai lasciata abbattere e ha coperto noi figli d’amore. Mi piacerebbe diventare regista e, come attrice, vorrei continuare a interpretare film che abbiano un contenuto sociale, adatto a far riflettere il pubblico».
Pensa di essere abbastanza competitiva per l’ambiente del cinema?
«Non lo sono affatto, preferisco pensare che il nostro lavoro abbia bisogno del supporto reciproco. Solo l’arte può cambiare il mondo. Noi attori non salviamo vite come i medici e i militari, ma diamo emozioni e aiutiamo la gente ad essere felice».
Per lei, cresciuta accanto a personaggi mitici, che cos’è la celebrità?
«Un aspetto della vita che mi accompagna da quando sono nata e farà parte di me per sempre. Ma le feste e lo champagne non contano. Spero che la fama e i privilegi mi aiutino a essere sempre una persona gentile. Sarebbe il mio successo più grande».
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