Reese Witherspoon: «Le strade più difficili sono le più divertenti»
Una quarantenne innamorata di un ragazzo di 20: non è solo il tema del nuovo film con Reese Witherspoon. «È un tabù che mi andava di sfidare», dice a Grazia l’attrice premiata agli Emmy. «Perché le donne hanno spesso paura di cedere alle emozioni. io, invece, no»
Quasi tutti gli attori di Hollywood hanno in repertorio il racconto del momento in cui è arrivato nelle loro mani il copione vincente che ha cambiato loro per sempre la vita. Reese Witherspoon è speciale per un altro motivo, a lei è successo l’opposto e ti racconta con fierezza il giorno in cui non si è accontentata di rifiutare una sceneggiatura, ma ha deciso di cambiare il corso della sua carriera.
«È successo circa cinque anni fa», mi dice, stretta in un abito di Roland Mouret. «Ho letto quello che penso fosse il copione più brutto mai ricevuto. Chiamo il mio agente e dico: “È terribile”. E lui mi risponde che mezza Hollywood avrebbe ucciso per quella parte di sicuro successo. Allora ho pensato che, se davvero era questa la condizione di noi attrici, forse era arrivato il momento di cambiare tutto: non poteva essere quella la parte migliore che ci fosse in giro per un’artista».
Cinque anni dopo eccoci qui: Reese ha fatto dell’impegno per il cinema al femminile la sua battaglia, ha fondato una casa di produzione, ha sfiorato il secondo Oscar nel 2015 per Wild (il primo lo aveva vinto nel 2006 per Quando l’amore brucia l’anima) e pochi giorni fa ha trionfato agli Emmy Awards con la serie tv Big Little Lies, in cui ha coinvolto la sua amica Nicole Kidman e il talento ribelle Shailene Woodley. Lo show ha portato a casa otto statuette e una è andata proprio a Witherspoon, per aver prodotto quello che secondo i critici è stato il miglior programma dell’anno.
Arrampicata su alti tacchi di Christian Louboutin, la minuta attrice nata a New Orleans appare molto rilassata mentre comincia a parlare del suo ultimo progetto indipendente. Si tratta di 40 sono i nuovi 20, nelle sale dal 12 ottobre, la commedia romantica che affronta il tema della differenza d’età in una relazione andando controcorrente: «Ormai sappiamo come va a finire quando lui è più grande e lei è più giovane», dice Reese.
«Abbiamo pensato che fosse ora di mostrare che cosa succede quando è il maschio a essere più piccolo». E così ecco la storia di Alice Kinney, madre di due ragazze, separata, che all’improvviso vede stravolgere la sua esistenza perché accetta di ospitare in casa tre 20enni. Reese, che ha 41 anni, tre figli e due divorzi alle spalle (dall’attore Ryan Phillippe e dall’agente Jim Toth), ha messo tutta se stessa per raccontare una donna poi non così diversa da lei.
Il film, in inglese, ha un titolo molto bello: Home Again, e si riferisce al momento in cui una casa torna a vivere. Per lei che cosa è “casa”?
«È sicuramente il luogo dove sei più a tuo agio e, soprattutto, dove sei libera di essere la versione migliore di te stessa. E poi è il posto dove trovi le persone che desiderano solo una cosa per te: che i tuoi sogni si realizzino».
Mi descrive casa sua?
«Un caos. Ho tre cani, tre figli (Ava, 18 anni, Deacon, 13, e Tennessee, 5, ndr) e stanze piene di attrezzi sportivi, trucchi e abiti fuori posto. È un disastro, ma è anche un caos sereno».
Esiste il disordine felice?
«Non dappertutto. Per esempio, quando sono entrata nell’appartamento che sarebbe stato il nostro set, ho chiesto alla regista Hallie Meyers-Shyers: “Gli scenografi devono ancora sparpagliare per la sala i giocattoli dei bambini?”. E lei mi ha risposto che no, non voleva che il set somigliasse a una casa sottosopra come la mia».
Nel film lei va a letto con un 20enne, interpretato da Pico Alexander. E, quando lui si sveglia, lei gli ha già lavato la camicia della sera prima: «Io mi sveglio alle 5,30», dice.
È sempre così pragmatico il rapporto tra una donna più grande e un uomo più piccolo?
«No, quella è solo una sfumatura. Noi volevamo raccontare, da vari punti di vista, che cosa succede se frequenti un uomo più giovane».
A lei è capitato?
«Sì, e ho capito che il problema non è quanti anni ci sono di differenza, ma se due persone trovano un punto d’incontro, e questo dipende dalla situazione, dalla carriera, dalle aspettative, persino dalle relazioni precedenti. Interpretando Alice non volevo che ci si soffermasse sulla sua età, ma sulla capacità di essere attraente senza essere una donna fatale».
È convinta che i 40 anni siano i nuovi 20?
«Io so che, quando hai 20 anni, credi di sapere tutto. Poi cresci un po’, arrivi alla mia età, e realizzi di non sapere niente. Adesso vorrei capire che cosa succede dopo».
Crede di non aver imparato niente dall’esperienza?
«Prima di compiere 40 anni sono stata tante donne diverse. Mi sono sposata, poi ho divorziato. Sono stata una madre single, poi mi sono risposata. Ho avuto il mio terzo figlio e la mia seconda separazione. E ora sono circondata da adolescenti e bambini piccoli, quando sono a casa, e da adulti che da me si aspettano risposte, quando sono al lavoro. Ho imparato molto bene una cosa: a rispettare chiunque, a un certo punto della vita, si trova a dover ricominciare da capo. So che è difficile, ma anche che ce la si può fare: abbiamo davanti anni e anni per imparare dai nostri errori. A volte penso che la nostra esistenza non sia una lunga strada dritta, ma una via in salita e con tanti incroci che, scelta dopo scelta, ci portano alla meta».
Tra queste scelte difficili c’è anche quella sulla persona giusta da avere accanto.
«Noi siamo abituati a pensare sempre alle grandi scelte, mentre sono quelle piccole che costruiscono il nostro futuro. Posso davvero iniziare una relazione con un ragazzo che ha quasi la metà dei miei anni? Posso cedere all’emozione di sentirmi desiderata? Domande come queste sfidano tante convenzioni ancora oggi. Insomma, è socialmente accettabile che un 50enne frequenti una 20enne, mentre quando succede l’opposto si inizia subito a giudicare la donna. Forse, mi sono detta, succede perché non ci sono abbastanza film che trattano il tema: volevo rompere questo tabù».
Quando era più giovane, ha mai avuto una cotta per un uomo più grande di lei?
«In un certo senso. Quando avevo poco più di 20 anni ho recitato nel film L’importanza di chiamarsi Ernest, tratto dalla commedia di Oscar Wilde. C’erano Rupert Everett e Colin Firth ed ero letteralmente ammaliata da loro».
A proposito di lettura, è sempre un’appassionata di libri?
«Sì, riesco a leggerne tre a settimana».
Quando trova il tempo?
«Di solito la sera, messi a letto i ragazzi. A volte leggo nella vasca da bagno: lo trovo rilassante. Sono così veloce perché, da ragazza, mia nonna mi ha insegnato a farlo in maniera spedita. Da allora non ho mai perso l’allenamento anche se, a dire il vero, una volta finito un romanzo, tendo a dimenticarlo. E, se un libro non mi piace, lo abbandono: se è brutto, è una perdita di tempo».
Gli ultimi titoli che l’hanno appassionata?
«Siracusa di Delia Ephron, un thriller psicologico ambientato in Italia. E poi Little Fires Everywhere di Celeste Ng, che racconta come una madre non sia necessariamente la donna che ti ha partorito».
Torniamo a Hollywood. Durante gli Emmy è stata scambiata per sua figlia Ava: le ha fatto piacere o si è sentita in imbarazzo?
«È strano, perché di fronte non ci somigliamo, ma viste di spalle avevamo la stessa acconciatura».
La sua primogenita è figlia di un altro attore, Ryan Philippe: pensa mai di vederla al cinema?
«Lei è più appassionata di arte, ma vedremo. Sono convinta che la cosa più giusta che possa fare un genitore sia capire che cosa è importante per suo figlio, in che cosa riesce meglio e poi aiutarlo a mettere a fuoco i suoi sogni».
E se quel sogno fosse il cinema?
«Perfetto. Amo la mia carriera, mi ha portato in luoghi che non avrei mai immaginato, facendomi conoscere persone straordinarie. E il bello è che non so ancora che cos’altro mi riserva. Non vedo perché non dovrei desiderare lo stesso per mia figlia».
Photo Credits: Getty Images e Instagram
© Riproduzione riservata