La trappola delle to-do list: come smettere di vivere solo per spuntare obiettivi

Cecilia Falovo

Ecco come liberarsi dall’ossessione delle to-do list per ritrovare leggerezza, presenza e piacere nelle piccole cose di ogni giorno

C’è chi non può iniziare la giornata senza scrivere una lista. Comprare il latte, rispondere all’email, finire il progetto.

Spuntare la casella dà soddisfazione, certo. È come una piccola scarica di endorfine, la sensazione di “ce l’ho fatta”. Ma quando le liste diventano più lunghe delle giornate, rischiamo di trasformare la vita in un elenco infinito di doveri, dimenticandoci di viverla davvero. Ecco perché parliamo di ansia della lista.

**7 abitudini quotidiane che peggiorano l’ansia (senza che ce ne accorgiamo)**

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Ansia della lista: la trappola della produttività a tutti i costi

Viviamo in un’epoca che celebra la performance: più sei efficiente, più vali. Il problema è che questo meccanismo ci porta a misurare le giornate solo in base a ciò che “abbiamo fatto”, invece di chiederci come ci siamo sentiti. L’ansia della lista è subdola: ci fa credere che non siamo mai abbastanza e che la vera vita inizierà solo “dopo aver finito tutto”.

Il paradosso è che non finiamo mai: appena spuntiamo un compito, ne arriva un altro. Forse la soluzione non è correre di più, ma rallentare. Inserire in agenda non solo le cose da fare, ma anche le cose da vivere: una passeggiata senza meta, un caffè preso con calma, un’ora senza telefono. Sono momenti apparentemente “improduttivi”, ma in realtà ci ricaricano e danno senso al resto.

Dal "devo" al "voglio"

Un trucco semplice? Provare a riscrivere le liste con un linguaggio diverso. Non più “devo allenarmi”, ma “voglio muovere il corpo per sentirmi meglio”. Non più “devo chiamare la nonna”, ma “voglio sentire la sua voce”. Cambiare il verbo cambia l’atteggiamento: da obbligo a scelta.

La verità è che le giornate perfette non esistono e che la lista non finirà mai del tutto. Ma non è un fallimento: è la prova che la vita è movimento continuo. Spuntare non è sbagliato, purché non diventi l’unico metro di misura.

Ogni tanto, lasciamoci la libertà di aggiungere in fondo alla lista una voce a sorpresa: “ridere fino alle lacrime” o “guardare il tramonto”. Non avrà nulla a che fare con la produttività, ma tutto con la felicità.

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