Pensa che sua sorella Chiara sia la numero uno, ma non si è mai sentita in competizione con lei. Risponde a tono agli odiatori della Rete che la vorrebbero sempre a dieta e ha il vizio di piangere, soprattutto di felicità.
Con quasi tre milioni di follower, Valentina Ferragni è la piccola della famiglia italiana più potente di Instagram. Qui posa in esclusiva per Grazia e spiega perché la sua missione è incoraggiare tutte le ragazze a volersi più bene
Valentina Ferragni, mentre mi racconta la sua vita, sembra un fiume in piena: difficile fermarla. «E pensare che da piccola ero timida, silenziosa», dice. «Sempre zitta. Un giorno, a 6 anni, durante una vacanza in montagna, il mio gruppo del corso di sci si è fermato per pranzo in un rifugio. Lì ho incontrato le mie sorelle che mi hanno salutato. Il mio maestro si avvicina: “Allora è italiana. Non risponde assolutamente alle mie domande e non avevo capito di che nazionalità fosse”».
Valentina oggi è un’altra persona: una donna di 26 anni, che ha la passione per la pizza e la pasta e se ne frega di chi la critica perché non è troppo magra, non ha paura di dire che ogni tanto soffre di ansia e ha le idee chiare sul proprio futuro. Influencer con quasi tre milioni di follower, ispirazione per moltissime ragazze in tutto il mondo, è l’ultima delle tre sorelle Ferragni (Chiara ha 32 anni e Francesca 30) e fa parte di una famiglia diventata in realtà il centro di un fenomeno social. Attraverso Instagram, la gente ha iniziato a entrare nella vita di tutti i Ferragni, che sono diventati un po’ come la famiglia Kardashian del mondo dei social: seguiti, amati e, ovviamente, criticati.
Incontro Valentina negli uffici della società di sua sorella Chiara, nel centro di Milano. Indossa una tuta corta color caffelatte e tanti bijoux di perline colorate della sua capsule collection per il marchio Rue des Mille. Sorridente, solare, qualche settimana fa è stata bersagliata sui social da alcuni “haters”, gli odiatori della Rete, dopo aver pubblicato foto su Instagram con addosso un abito aderente: «Si vede il grasso dei fianchi che esce dal vestito»; «Non sei adatta al mondo della moda perché sei troppo cicciona»; «Non si può chiamare icona una corta e chiatta». Lei ha risposto prontamente: «Quelle che pesano più di 50 chili non possono essere chiamate “icone”? Quello che non mi piace provo a migliorarlo, ma comunque lo accetto. Mi piaccio così come sono». E anche sua sorella Chiara , naturalmente, l’ha difesa.
Non è la prima volta che lei è oggetto di critiche sul suo aspetto fisico.
«È vero. Mi dispiace che la mia normalità sia considerata come anormale. Fino a qualche tempo fa le ragazze vedevano le modelle, tutte molto magre, e cercavano di imitarle. Ma oggi non è più così: bisogna essere se stessi. Non mi sento sbagliata solo perché ho preso qualche chilo in più. Magari dimagrirò, vado in palestra, ma di fatto mi godo la vita. Se voglio mangiare un piatto di pasta, lo faccio. So che non posso piacere a tutti. A volte capita che qualcuno mi fermi per strada quando sono struccata e mi chieda una foto. Poi la pubblicano sui social e scrivono: “Guardate quanto è brutta”. Allora mi chiedo: perché hanno voluto fotografarsi con me? Solo per insultarmi? Eppure davanti a me nessuno ha mai detto: “Vale, non mi piaci”».
Le capita, però, di guardarsi allo specchio e non vedersi bella?
«Certo, è normale a 26 anni. Succede anche quando devo posare per le fotografie in costume: per un attimo non mi piaccio, magari piango. Ma non è la moda che demonizza i chili in più. Siamo noi a trasformarli in un problema. Magari non rappresento l’idea della perfezione. Ma preferisco essere imperfetta e accettarlo. Noi donne non riusciamo mai a volerci bene abbastanza. Ognuna di noi prova a diventare più bella, brava, intelligente. Ma quando ci si deve fermare? Quando si è davvero “abbastanza”? Il mio fidanzato, Luca Vezil, anche lui influencer, mi ripete sempre: “Stai bene, mangi e sei felice: è questo che conta. Neanche Gesù piaceva a tutti”».
Sui social lei e Luca sembrate una coppia perfetta. Come siete nella realtà?
«Ogni relazione affronta piccole crisi. Noi ogni tanto discutiamo, però nessuno tiene il muso. A casa ci aiutiamo e abbiamo diviso i compiti. Se uno di noi non fa la lavastoviglie ed è il suo turno, non litighiamo. Sul disordine è difficile invece andare incontro a Luca: ha un armadio che esplode di vestiti e non riesce a separarsene».
Com’è nata la vostra storia d’amore? Non l’avete mai raccontato.
«Un colpo di fulmine, in vacanza in Grecia. Avevo 17 anni, lui 18. Ci siamo incrociati davanti a un piccolo negozio: c’è stato un gioco di sguardi e lui mi ha chiesto che cosa facessi quella sera. Non potevo fermarmi. Ci siamo scambiati solo l’account Facebook. Per quattro anni l’ho seguito timidamente sui social fino a quando ho deciso di andare a Genova, la città dove viveva, per vedere una mostra. Gli ho scritto, ma lui partiva proprio quel giorno per Londra. Da allora abbiamo iniziato a sentirci fino a quando ci siamo incontrati a Milano, sui gradini davanti al Duomo. “Se non mi piacesse?”, ho pensato prima di vederlo. “Se deludesse le mie aspettative?”. Quando me lo sono trovato di fronte è stato come se ci conoscessimo da sempre. Ora stiamo insieme da sei anni».
Proprio mentre sto facendole un’altra domanda sento qualcuno che letteralmente gratta fuori dalla porta: «Scusa, è il mio cane Pablo: è stato un regalo a sorpresa del mio fidanzato», mi dice Valentina. «È sempre appiccicato a me, ma ora non lo faccio entrare, perché può diventare molesto».
Sua sorella Chiara ha prima preso un cane e poi è diventata mamma di Leo. Sta pensando anche lei a un figlio?
«Né io né Luca siamo pronti. Ho 26 anni e prima voglio raggiungere dei traguardi personali. Sarà perché mia madre ha avuto me e le mie sorelle molto giovane e ha sempre detto: “Fate la vostra vita, poi i figli verranno. Ma non rinunciate a voi stesse e a quello che volete diventare”».
Domanda d’obbligo: che effetto le fa essere considerata “la sorella di”?
«Ha lati positivi e negativi. Perché Ferragni è diventato un cognome importante e per me è anche una sfida. Ma Chiara è sempre stata la mia “numero uno”, la sorella maggiore. Abbiamo le stesse passioni, è la mia guida, la persona che ho chiamato la prima volta che sono andata a una sfilata per sapere che cosa dovessi fare. Ma ognuna ha la sua personalità, la sua strada. Sono gli altri a considerarci rivali: noi non ci percepiamo così».
Non mi dica che da piccola non era gelosa delle sue sorelle più grandi.
«Volevo fare quello che facevano loro, ma non ero gelosa. O forse l’ho rimosso. Molti genitori mettono in competizione i figli, i miei invece sono stati bravissimi a far sentire ogni figlio come unico, dando a ognuno lo stesso amore. Certo, ero sicuramente diversa da Chiara e Francesca: loro protestavano spesso. “Ci siamo stufate di camminare. Perché non ci portate al mare come gli altri bambini invece che in questi posti lontani?”, dicevano in vacanza quando viaggiavamo per il mondo. Io non mi lamentavo mai e avevo perennemente un frutto in mano. Mangiavo pochissimo e mamma diceva: “Se non finisci la mela, non puoi fare altro”».
E a scuola come andavate?
«Francesca era la più brava di tutte, io normale. Ma quando prendevo un brutto voto, per punizione dovevo stare a casa il sabato sera. Andavo male in matematica. Soffro tanto di ansia: negli orali me la cavavo bene, ma negli scritti andavo nel panico. Anche adesso mi agito se gli impegni si accavallano troppo, come quando ho traslocato qualche mese fa. Su Instagram ne parlo: mi mostro come sono realmente, per questo la gente si immedesima in me».
Come supera questi momenti di difficoltà?
«Piangendo. Anche quando litigo piango tantissimo, poi mi riprendo. È un modo per tirare fuori quello che hai dentro. A Luca capita spesso: io non credo nei maschi che non devono piangere mai per apparire sempre forti. È bello mostrare i propri sentimenti. Non è una debolezza».
I suoi genitori si sono separati. Che ricordi ha di quel periodo?
«È stato brutto e con tutti i problemi legati a una situazione di questo tipo. Avevo 11 anni e mia madre diceva sempre: “Vedrai, arriverà il sereno dopo la tempesta”. Ed è successo davvero. A 18 anni mi sono tatuata quella frase. E non dimenticherò mai lo scorso Natale in montagna. Per la prima volta dopo tanti anni eravamo di nuovo insieme: papà, mamma, le mie sorelle, i nostri compagni, Leo, il figlio di Chiara, Lorenzo, il mio fratellastro di 7 anni. Un sogno. E tornando a casa a Milano con Luca mi sono messa a piangere per la felicità. Ho pensato: “Non riuscirò mai ad avere una famiglia così unita”».
La gente si è affezionata non solo a lei e a Chiara, che siete influencer e vivete sui social, ma anche a tutto il resto del clan. Perché secondo lei c’è questo desiderio di seguirvi tutti?
«Perché siamo il simbolo di una famiglia contemporanea, una famiglia con genitori separati, ma nonostante tutto ci rispettiamo molto e si vede l’amore che proviamo l’uno per l’altro. Certo, io, Chiara, mio cognato Fedez viviamo esperienze che la gente non prova normalmente, ma di fatto apparteniamo a una famiglia normale, con valori veri, nonostante l’esposizione mediatica e alcuni privilegi. Insomma, io prendo la metropolitana a Milano, vado alla posta, al supermercato. Un giorno, mentre ero nel reparto casalinghi e detersivi, una ragazza mi ha chiesto di fare una foto. Ecco, faccio cose normalissime, anche le pulizie di casa».
Suo padre, Marco, sembra il più riservato di tutti. Non si è sentito invaso da tanta pubblicità sulla vostra famiglia?
«No, è tranquillo. All’inizio ci rimaneva male perché cercando Ferragni su Google non veniva mai fuori il suo nome e il suo studio dentistico come primo risultato, ma adesso dice: “Voglio fare anch’io l’influencer: sono un esperto di sci fuori pista e di windsurf”».
Nella sua vita c’è un oggetto a cui è particolarmente legata che mette magari in valigia quando viaggia? Una specie di coperta di Linus?
«Non sono tanto legata alle cose forse perché quando si sono separati i miei genitori hanno venduto la grande casa in cui siamo cresciute per prenderne altre due. E mi sono abituata a cambiare spesso contesto. Passavo la vita a traferirmi dall’appartamento di mia madre a quello del mio papà. Forse è allora che ho imparato a farmi bastare me stessa: non sono legata alle cose, ma agli affetti. Con un’eccezione: gli album di famiglia e i filmini fatti dalla mia mamma fino a quando avevo 11 anni. Ogni vacanza c’era il rito della foto delle sorelle al tramonto con la coroncina di fiori. In quel momento noi tre la odiavamo, ma lei diceva: “Mi ringrazierete quando sarete grandi e la vedrete”. Aveva ragione».
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