Ecco perché dovreste andare al cinema a vedere Piccole donne di Greta Gerwig
Piccole donne di Greta Gerwig è già uno dei migliori film del 2020.
La regista di Lady Bird torna su un classico della femminilità come il romanzo di Louisa May Alcott e ne dà una sua personalissima versione, fedele all’opera letteraria, ma più moderna e innovativa.
Il Piccole Donne di Greta Gerwig inizia infatti con le protagoniste già adulte, (il racconto delle sorelle bambine viene proposto attraverso una serie di flashback) ognuna alle prese con la propria vita: Jo è occupata con la sua scrittura, Meg con il matrimonio, Amy è in Francia con Zia March a studiare pittura, Beth è gravemente malata.
Ognuna di loro sta scegliendo che donna essere e non a caso - d’altronde siamo alla fine del 1800 - il fantasma del matrimonio visto come unica condizione di sopravvivenza aleggia su di loro.
Jo è l’unica che lo rifiuta categoricamente: alter ego di Louisa May Alcott, la protagonista che tutti avremmo voluto essere leggendo il libro e a cui è affidata la narrazione della storia, alla fine non avrebbe dovuto sposarsi.
Fu l’editore a costringere la Alcott a far sì che Jo fosse realizzata sia come scrittrice sia come moglie.
Femminile e femminista, sfarzoso e sentimentale, il Piccole donne di Greta Gerwig è un nuovo classico cinematografico, prezioso manifesto sul “sei tu l’autore della tua vita, quindi scrivila come meglio credi”.
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Le differenze dal libro
Greta Gerwig ha voluto dare al romanzo di Louisa May Alcott una chiave più fresca e contemporanea.
Per questo ha deciso di non proporre una versione lineare della storia delle sorelle March (consiglio: rileggete il libro prima di andare al cinema se non ricordate bene la storia), ma di cominciarla con loro adulte, ognuna lontana da quella casa che le ha viste crescere insieme e il cui ricordo viene affidato a una serie di flashback.
La scelta le ha permesso di entrare nel vivo delle questioni femminili che sta affrontando ciascuna di loro, offrendo il suo tenero e intelligente punto di vista.
A proposito di questo la Gerwig ha detto che se una volta, come tutti, avrebbe voluto essere Jo, dopo aver diretto questo film la sua ispirazione più grande è diventata Louisa May Alcott, a cui spera di aver regalato una buona interpretazione del suo lavoro.
Il cast è fantastico
Dai costumi al linguaggio, dalle situazioni alla messa in scena, senza tralasciare il cast super hype anche per le nuove generazioni di pubblico, le regista riesce a riportare Piccole donne al cinema in una versione che piace potenzialmente a tutti: adulti e ragazzi, donne e uomini, fan del libro e cinefili.
A supporto di una storia già potente e pop, la Gerwig ha inoltre scelto un cast di stelle del calibro di Saoirse Ronan nei panni di Jo, Emma Watson in quelli di Meg, Florence Pugh in quelli di Amy e Eliza Scanlen in quelli di Beth.
Non solo: Timothée Chalamet è il vicino di casa Laurie, Meryl Streep è Zia March, Laura Dern è mamma March, mentre Louis Garrel è il professor Friedrich Bhaer, l’uomo di cui s’innamora Jo.
A proposito di femminilità e matrimonio
Jo è stufa di sentire parlare dell’amore come porto franco a cui assegnare il suo destino.
La Zia March, una divertente Meryl Streep, è invece convinta che per Jo e le sue sorelle non ci sia altro modo di sopravvivere se non sposarsi, possibilmente con un uomo benestante.
D’altronde lei ha potuto scegliere di non farlo, ma solo perché era ricca.
Greta Gerwig entra nel vivo della questione femminile talento-matrimonio a cui già la Alcott aveva dato spazio nel suo romanzo attraverso i suoi personaggi.
Meg (Emma Watson) si sposa perché lo vuole, tanto che lo fa dopo una lunga ricerca con un poco abbiente istitutore.
Jo (Saoirse Ronan), da sempre restia, cede una volta dimostrato il suo talento e trovato il vero amore.
Amy (Florence Pugh) opta per il matrimonio dopo aver capito di non avere molto talento come pittrice, ma si sposa con il grande amore della sua infanzia.
Tutte le sorelle March arriveranno a sposarsi ma non per comodo.
Ciascuna di loro troverà una gratificazione personale nella vita che si è scelta: professionale, sentimentale o entrambe.
Greta Gerwig ci dice che non tutti dobbiamo essere Jo per essere felici - tanto che lei è l’unico personaggio che fino alla fine rischia di non esserlo per un’autoimposizione e l’unica che sta per cadere in errore - che ognuno è libero di trovare se stesso dove meglio crede, che sia in un’amicizia, nel lavoro, nella coppia…
E in un’epoca a volte forzatamente controcorrente, è come respirare una boccata d’ossigeno.
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