Paula Cademartori: una borsa è per sempre
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Ha le idee molto chiare sullo stile la giovane Paula Cademartori. Approdata da Porto Alegre a Milano, porta avanti in fatto di borse una tradizione artigianale tutta italiana. “Ma nell'ultima collezione ci sono anche i colori e l'allegria della mia terra di origine”.
Ha le idee molto chiare sullo stile la giovane Paula Cademartori . Approdata da Porto Alegre a Milano, porta avanti in fatto di borse una tradizione artigianale tutta italiana. “Ma nell'ultima collezione ci sono anche i colori e l'allegria della mia terra di origine”.
Quando entriamo nello spazio espositivo milanese, ritagliato nelle stanze di un bel palazzo di anni '60, l'atmosfera è familiare come a casa di amici di vecchia data. Paula veste in nero, ma il rossetto acceso e gli spessi occhiali non tradiscono nessuna austerità. “Prima le pareti erano di un verde insopportabile, poi abbiamo dato una bella mano di beige rosato. Molto meglio, no?”. Neanche trent'anni compiuti, quelle sue eleganti clutch e tracolle in fila sugli scaffali si vendono già da 10 Corso Como e hanno convinto le più esigenti sacerdotesse dello stile. “Sono onorata che Anna Dello Russo abbia scelto d'indossare un mio modello. Eppure mi piace ribadire che quando disegno lo faccio per andare incontro all'esigenza di ogni donna, e non solo di una categoria particolare”. Questa premura rivolta alla funzione, prima ancora che alla realizzazione estetica del prodotto, discende certo dai suoi studi di industrial design a Porto Alegre. “Se penso che il mio destino di studentessa in medicina era praticamente segnato, mi viene da ridere. Mio padre, che produce clip neurologiche di altissima precisione, mi avrebbe vista bene in camice bianco. Io, però, avevo altri progetti. La sera andavo a lezione in università, di giorno lavoravo in un laboratorio di gioielleria. Sicuramente un traccia di quell'esperienza resta nella mia ossessione per le fibbie, geometriche e curate fin nelle zigrinature dei bordi. Sono un po' la firma del mio marchio”. Dopo il diploma, ecco la scelta decisiva. “Nel giro di due settimane ero a Milano, pronta a frequentare un master alla Marangoni. Prima ancora di finirlo, il prototipo di una mia borsa era già in produzione in azienda. E ho capito finalmente che quella era la mia strada”.
La ruota degli eventi gira in fretta. Un fondamentale apprendistato nell'ufficio stile di Versace, seguito dalla partecipazione al primo progetto Vogue Talents nel settembre 2009. “Significava mettersi in proprio, ho accettato la sfida. Mi presentavo con la collezione di scarpe Strutture d'impatto, che fu accolta con grande interesse”. Paula ci mostra alcuni schizzi, e quei tronchetti a listini serrati, quella fine cesellatura dei tacchi ci strappano un sospiro. Perché solo borse? Lei risponde con una personalissima massima. “Le scarpe servono a sedurre gli uomini, mentre le borse custodiscono i segreti delle donne. E servono a fare morire d'invidia le altre”. Solo se durano nel tempo, oltre le stagioni, l'obiettivo per Paula è centrato in pieno. “Le forme che prediligo sono classiche, ma sono attenta a svilupparle secondo proporzioni contemporanee. Poi, ovviamente, sulla qualità dei materiali non si discute. Mi sento a mio agio solo se posso offrire il meglio, e il meglio in tema di pellami coincide con la produzione italiana”.
Made in Italy 100% anche la terza collezione. Per introdurcela, Paula esibisce una foto. Faye Dunaway, vittoriosa alla precendente serata degli Oscar, distesa nel suo languore da diva ai bordi della piscina. “Dal red carpet in discoteca fino a tarda notte, e la mattina dopo assolutamente impeccabile. La borsa Faye ne riprende lo spirito. È un omaggio a quelle irripetibili atmosfere hollywoodiane di fine anni '70”. La fibbia rifinita come un gioiello, le utili tasche a scomparsa e le dimensioni azzeccate che la fanno vivere di volta volta come borsa a mano e tracolla predicono per la Faye un futuro da icona. La si può avere, come gli altri modelli, in diverse combinazioni di pellami. “Accostare camoscio e nappa, vernice e raso, canguro e raffia è un po' il mio vanto. I colori, invece, sono quelli brillanti della mia terra. Anche tre alla volta, purché siano in accordo tra loro”. Baci e abbracci finali, ma prima di uscire Paula afferra decisa la maniglia della porta. “Sono io che devo aprirla e non gli ospiti, altrimenti non porta bene. In Brasile si usa così”.
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