Sarah Gadon: una bionda in carriera
L’attrice Sarah Gadon ha il fascino delle dive del passato. E al cinema ha già conquistato il regista David Cronenberg e sex symbol come Michael Fassbender e Robert Pattinson. Segni particolari: una determinazione che la porterà lontano. «Sono una decisionista: ho la testa sulle spalle e ogni cosa sotto controllo», dice a Grazia. Per questo Hollywood scommette su di lei
Sarah Gadon potrebbe tranquillamente essere vissuta negli Anni 50 e la differenza non si noterebbe. La pelle di porcellana perfetta, le labbra morbide, l’eleganza innata la fanno davvero sembrare una donna d’altri tempi, una diva di una volta, una creatura avvolta nel mistero. Le prove sono davanti a me, sulle pareti della boutique Jaeger-LeCoultre, il marchio di orologi di cui è ambasciatrice, in Madison Avenue, a New York. È qui che la incontro, davanti a una serie di fotografie scattate da Caitlin Cronenberg, figlia del regista David, che la ritraggono in giro per la città mentre prende il taxi, passeggia a Brooklyn, suona il piano.
Sarah sembra uscita da un film di Alfred Hitchcock, metà Grace Kelly, metà Kim Novak. «Mi fa piacere che lo noti, perché l’ispirazione per questa campagna viene propri da lì. Detesto essere fotografata in pose statiche, mi imbarazza, non fa per me. Così con Caitlin abbiamo pensato a una storia vera e propria, in modo che dietro a ogni fotografia ci sia un’intenzione e io sia sempre in movimento. Praticamente è come se recitassi e infatti gli scatti sono molto cinematografici», mi dice.
Canadese, figlia di uno psicologo e di un’insegnante, prima di fare l’attrice Sarah è stata una ballerina e si è laureata in Cinema all’università di Toronto. Tanti ruoli piccoli, anche televisivi, fino alla svolta nel 2011: la parte di Emma, moglie dello psichiatra Carl Jung interpretato dall’attore Michael Fassbender, in A Dangerous Method di David Cronenberg, accolto con ottime critiche. Da lì il decollo: nel 2012 è di nuovo sul set con Cronenberg in Cosmopolis, dove è la moglie di Robert Pattinson, e poi di nuovo nel 2014 per Maps to the Stars. Nel frattempo è stata anche nel cast di The amazing Spider Man 2 - Il potere di Electro, Dracula Untold ed Enemy con Jake Gyllenhaal. Quest’anno ha girato A Royal Night Out, dove interpreta una giovane regina Elisabetta II, e nel futuro c’è Indignazione, tratto dall’omonimo libro dello scrittore americano Philip Roth (in Italia edito da Einaudi). Una carriera ancora in fase di definizione, ma già molto interessante, grazie alla quale Sarah è diventata l’attrice da tenere d’occhio, quella destinata a un futuro ancora più luminoso.
Come si trova una canadese come lei a Hollywood?
«La mia carriera è internazionale, non è solo Hollywood e gli Stati Uniti. Ho lavorato molto in Europa, soprattutto in Inghilterra. Ormai la vita di un attore è così: i set possono essere ovunque ed è un bene dal punto di vista artistico che ci sia questa contaminazione. Ne sono felice, credo sia importante per crescere».
Da ragazzina ha studiato danza e, prima di diventare attrice, ha fatto per tanto tempo la ballerina professionista. Qual è la cosa di quegli anni che ancora si porta dietro?
«La danza mi ha insegnato a essere più disciplinata, a incanalare la mia energia. E anche l’etica del lavoro e della fatica: è una parte importante della mia personalità. Il mio interesse oggi non è solo sul risultato, ma anche sull’impegno che ti porta a quel risultato, sul progetto, sullo sforzo che ci vuole per raggiungerlo. Che è poi la definizione stessa di arte».
Pensa che, a volte, il pubblico sottovaluti il lavoro degli attori?
«Un po’ li capisco: vista dal di fuori, la vita di un attore può sembrare fatta solo di viaggi, alberghi, feste. In realtà c’è un sacco di fatica dietro. O, almeno, c’è un po’ di tutto».
La parte glamour della sua professione le piace?
«Dipende. Mi è piaciuta questa collaborazione con Jaeger-LeCoultre perché è un marchio davvero interessato al cinema e ha sempre sostenuto i bei film».
Parlando di orologi, qual è il suo rapporto con il tempo?
«Ah, il tempo è quella cosa che non ho mai abbastanza. Purtroppo sono una ritardataria».
E il lusso, invece, per lei che cos’è?
«La possibilità di togliersi una soddisfazione, anche quella di fare una cosa semplice come una passeggiata. È un concetto molto personale».
Lei ha lavorato in tre film diretti da David Cronenberg, in uno dal figlio Brandon (Antiviral) e ha posato per queste foto di Jaeger-LeCoultre scattate dalla figlia Caitlin. Ormai fa parte della famiglia!
«Non è fantastico? Con David ho un rapporto di lavoro incredibile e devo ammettere che quello che sono diventata oggi come artista lo devo in gran parte a lui. La sua dedizione, il suo supporto sono stati una guida: lo considero un mentore».
Il primo incontro come è stato? Se lo ricorda ancora?
«In Germania, sul set di A Dangerous Method. Ero molto nervosa perché l’aspettativa era altissima».
A 28 anni come si gestisce una fama crescente come la sua?
«Rimanendo con i piedi per terra. Niente mi fa stare bene come tornare a casa dalla mia famiglia e nei miei luoghi. È per questo che abito ancora a Toronto e, se devo andare a Los Angeles o venire qui a New York, faccio avanti e indietro. Per quanto glamour e interessante possa essere la professione di attrice, ritornare nei posti in cui sono cresciuta mi fa sentire ancorata alla vita reale. Prendere il caffè nel solito bar, andare a fare la spesa al mercato, vedere amici e familiari: sono cose e sensazioni che non puoi ricostruire altrove».
Pensa che al giorno d’oggi sia possibile fare l’attrice senza diventare una celebrità o le due cose vanno ormai di pari passo?
«Sicuramente è diverso da prima: ora noi attori, se lo vogliamo, possiamo avere il totale controllo della nostra immagine e far vedere alle gente che siamo persone normali. Una volta recitare al cinema ti rendeva misterioso e irraggiungibile, adesso non è più così».
E questo per lei è un bene o un male?
«Secondo me è un bene. Io uso i social media, soprattutto Instagram: lo trovo divertente, adoro scattare fotografie e postarle».
Le piace tenere sotto controllo ogni aspetto della sua carriera?
«Sì, infatti chi mi conosce dice di me che sono una decisionista: mi piace essere informata e fare scelte consapevoli».
In quali casi rifiuta i progetti che le propongono?
«Quando non credo nella visione del regista o, se si tratta di un marchio, quando non lo sento vicino o sincero».
Ora è sul set di Indignazione.
«Sì, e non vedo l’ora di incontrare lo scrittore Philip Roth, dal cui romanzo è tratto il film. È uno dei miei autori preferiti».
Prima di Indignazione, ha recitato in A Royal Night Out, dove interpreta la Regina Elisabetta da giovane. Ormai sembra abituata a portare sullo schermo donne di altre epoche o in qualche modo legate al passato.
«È vero, ed è una cosa che mi pace: infatti il mio film preferito, quello con cui sono cresciuta, è Vacanze romane, con Audrey Hepburn e Gregory Peck. Forse, inconsciamente, cerco sempre di tornare a quel clima».
Se potesse scegliere un’epoca del passato in cui vivere, quale sceglierebbe?
«Mi pacciono l’estetica e la moda degli Anni 40, le trovo molto eleganti e classiche. Adoro le acconciature, il trucco e il senso di forza che avevano le donne di quel tempo».
Non che ce ne siano state fino a ora, ma lei come reagisce alle critiche negative?
«Le sembrerà strano, ma a me piacciono: ho studiato cinema e so apprezzare una buona critica, se è costruttiva e mi fa pensare, se posso prenderla, metterla da parte e usarla per migliorare».
A questo punto deve dirmi la critica che le è più servita nella sua carriera.
«Nel 2012 ero al Festival di Cannes per presentare sia Cosmopolis, sia Antiviral con David e Brandon Cronenberg. Un giorno mia madre mi ha preso da parte e mi ha detto: «Sarah, sono due film molto belli. Ma pensi che prima o poi io potrò andare al cinema a vederti e divertirmi davvero?”».
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