Penelope Cruz e Antonio Banderas: «Siamo nemici solo al cinema»
Le interviste con Penélope Cruz e Antonio Banderas iniziano sempre così, sono loro a fare la prima domanda, e puntualmente è: «Come stai?». Sono i perfetti divi della porta accanto, famosi in tutto il mondo eppure sinceramente interessati a trasformare i minuti di intervista in uno scambio.
Grazia li incontra su una lussuosa terrazza a Venezia, sono visibilmente entusiasti nel promuovere il nuovo film Finale a sorpresa – Official Competition, commedia corrosiva e divertente in questi giorni al cinema che li vede protagonisti.
Penélope interpreta uno dei suoi personaggi più riusciti, l’eccentrica regista sperimentale Lola Cuevas, pronta a maltrattare artisticamente “il suo attore”, un playboy disposto a tutto pur di emergere sugli altri. Diretti da Gastón Duprat e Mariano Cohn, Cruz e Banderas fanno sfoggio di tutta la loro bravura in una commedia che è metafora ironica e graffiante della rivalsa femminile sul superficiale machismo degli uomini narcisisti.
Il film è un’occasione per riflettere sul rapporto tra competizione e successo: si può diventare una celebrità senza annientare il prossimo?
Antonio Banderas: «Io penso che si possa arrivare al successo senza rivaleggiare a tutti i costi in modo tossico. Parlo per me. Sono sempre stato molto insicuro, lo sono tuttora, lo vedete di meno perché ho imparato a mascherarlo, però ogni volta che sono sul set ancora tremo prima che battano il ciak e dicano: “Azione”. Tremo anche prima di salire sul palco. Questo per dire che non penso mai agli altri attori, o a essere migliore di loro, ma solo a salvarmi la pelle, a cavarmela meglio che posso e a tuffarmi nel personaggio. Ma ogni volta penso: “Ecco, ora mi spezzo”. Per fortuna poi non succede».
Penélope Cruz: «Ha ragione Antonio, è l’insicurezza che rende competitivi nella vita. Al cinema è diverso, lavorare nello spettacolo insegna l’importanza del fare squadra, so di non poter recitare da sola o di primeggiare su chi mi sta accanto, ne andrebbe della qualità del film. L’unica competizione possibile è con me stessa, nel voler fare meglio della volta precedente. Come gli atleti che provano sempre a battere il proprio record e, per arrivare primi, devono per forza essere competivi. Ecco, sono a favore di questa competizione sana, non di quella distruttiva».
ANTONIO: «Per me competizione significa: “Voglio essere meglio di te e mangiarti vivo”, un atteggiamento che ho visto tante volte sul set. Avrei mille aneddoti da raccontare, ho visto attori voltarsi di spalle all’arrivo dei colleghi, o non restare con loro appena finite le proprie battute. Negli ultimi anni la competizione è diventata più sottile, invisibile, sofisticata. Viene manipolata, fatta passare come finta purezza, autenticità o intellettualismo».
Penélope: «O finta umiltà, che è anche peggio».
Lola Cuevas sottopone i suoi attori a una serie di prove micidiali. Avvolge Banderas nella pellicola trasparente, gli frantuma i premi di fronte agli occhi, lo fa recitare con un masso gigante sospeso sulla testa. Vi è mai capitato qualcosa di simile?
Penélope: «Sperimentazioni artistiche sì, ma niente di così estremo, per fortuna. Sentiamo Antonio: sono proprio curiosa, fai i nomi».
ANTONIO: «Ma quali nomi, Penélope, non li farò. Però posso testimoniare che tanti anni fa in un film in cui avevo molte scene d’amore il regista mi presentò sua sorella e mi chiese di provare le scene a letto con lei».
Penélope: «Che cosa?».
ANTONIO: «Proprio così, giuro».
Penélope: «E tu che cosa hai fatto?».
ANTONIO: «Non abbiamo fatto nulla, ovviamente. Mi sentivo contorcere le budella solo al pensiero».
Ma questa “sorella del regista” come ha reagito?
ANTONIO: «Era d’accordo con l’idea, per lei era un modo per aiutare suo fratello a girare bene le scene d’amore».
Penélope: «Non ho parole. È vero che sui set in giro per il mondo ne vediamo di tutti i colori, ma non immaginavo»
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