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Flavia Pennetta: «Mi nutre la forza di volontà»

foto di Lucia Valerio Lucia Valerio — 20 Giugno 2025
Flavia Pennetta
È stata una grande tennista e ora è un’autorevole voce dello sport. Qui dice che per chi ama l’attività fisica l’ingrediente più importante della dieta è ascoltare sempre il proprio corpo

«Sono un collante e unisco». Inizia così l’intervista all’ex campionessa di tennis Flavia Pennetta, oggi opinionista di Sky Sport.

Saper tenere insieme tutto, che è anche il tema di questo numero di Grazia Food, su come conciliare al meglio cibo, sport, cura di sé.

Vincitrice dell’US Open 2015 e di quattro Fed Cup con la Nazionale italiana di tennis, mamma e ambasciatrice del lifestyle sportivo, oggi Flavia si dedica all’empowerment femminile.

Partiamo dalla sua esperienza sportiva. Seguiva una dieta particolare?
«I tennisti viaggiano molto e mangiano sempre nei ristoranti e non è così facile osservare una dieta con rigore. Io sono andata via di casa a 15 anni, partita da Brindisi per il centro federale di Roma. Mangiavo in mensa seguendo alcune regole ma ricordo che, dopo un viaggio in Sud America durato un mese e mezzo insieme con altre tenniste - avevamo 14 e 15 anni - tornammo tutte con sei o sette chili in più. E ci misero a dieta strettissima». 

Che cosa mangiava in mensa?
«Tanto pesce, carne, verdure, la crostata a fine pranzo, ma non tutti i giorni. Poi a 18 anni sono andata a vivere da sola a Milano ed è stato tutto più complicato».

Perché?
«Quando vivi sola e non sei brava in cucina, ti arrangi. Per fortuna è arrivata mia cugina Fiorella che, quando rientravo stanca dall’allenamento, preparava per me».

Nessun nutrizionista quindi?
«Nessuno. Ricordo solo un periodo, tra i 18 e 19 anni, in cui mi venne prescritta una dieta con pochi carboidrati, tante proteine, verdura e frutta. Un regime alimentare che seguo anche oggi».

Quali cibi preferisce?
«Mi piace la carne, sia bianca sia rossa, mentre il pesce lo preferisco crudo. Mangio anche tantissima verdura».

Non si è mai affidata a esperti per migliorare le sue prestazioni?
«Ho sempre seguito il mio gusto e ascoltato il mio corpo. Anche perché solo negli ultimi dieci anni il ruolo del nutrizionista è entrato nel team di un atleta. Ho usato pochissimi integratori nella mia carriera, anche perché mi facevano venire mal di stomaco. Negli ultimi anni ci sono stati grandi cambiamenti. Probabilmente se avessi seguito un’alimentazione più specifica, in alcuni match avrei potuto rendere di più. Ma il gusto per il cibo è la parte più bella della vita, no?».

Regole eccessive possono essere una forma ulteriore di pressione.
«Gli atleti subiscono tanta pressione, soprattutto quando competono a livello internazionale, e troppo rigore nella dieta può diventare una forma di stress. Si rischia di farne una macchina da guerra. Credo che ogni sportivo possa capire con l’esperienza che cosa gli fa bene e che cosa no. A me sembra che oggi quasi non abbiano più possibilità di scelta e già a 12 o 13 anni sono seguitissimi, professionisti anche nell’autoregolarsi».

Che cosa consiglierebbe invece?
«Di rallentare».

Come gestiva la pressione agonistica?
«Abbastanza bene. I problemi ci sono quando perdi e devi gestire le delusioni, non cedendo troppo alle emozioni negative e imparando a stare in equilibrio».

Lei è sempre stata molto determinata e con una grande forza di volontà.
«Sono molto testarda e non mollo fino a quando le cose non vanno nella direzione che ho deciso. Per carattere sono solare ma anche concreta e pragmatica. Sono quella che faceva e fa gruppo, che creava giochi, faceva casino e poi pagava per tutti: da bambina mia nonna se la prendeva sempre con me. Questa mia testardaggine, però, mi ha fatto ottenere i risultati che volevo».

Aveva strategie?
«Avevo obiettivi a stretto giro. A metà anno facevo il punto e a fine anno tiravo le somme: se gli obiettivi raggiunti erano quelli prefissati allora mi facevo regali, soprattutto borse e scarpe, la mia passione».

Pragmatica anche in famiglia?
«Sì, tant’è che mio marito (il tennista Fabio Fognini, ndr) dice che non gli do il tempo di pensare perché gli propongo solo tre possibilità: “una, due, tre scegli”. Dice che vado troppo veloce e che gli metto ansia. Anche quando ci alleniamo insieme».

© Riproduzione riservata

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