Fedez: «Chi mi odia rischia»
Niente ferma Fedez, il rapper più famoso del momento: è uno dei giudici di X Factor, esce con un nuovo album, lancia una collezione di magliette e sneakers. È un duro, ma con Grazia parla di sentimenti davanti al primo caffé del mattino. Poi torna
a dormire
Milano, interno loft: casa di Fedez. Lui ha l’aria di chi si è appena svegliato. La sua mamma, Tatiana, prepara il caffè. La sua ragazza, Giulia, dice di essere in ansia per la tesi di laurea che deve finire (e intanto sorride). I cani, due e microscopici, si rincorrono sui divani. Scene di vita: intima e qualunque.
Fedez si stropiccia gli occhi e accende una sigaretta elettronica, poi si alza di scatto come chi si è ricordato di dover fare una cosa importante. Mi stringe la mano e si presenta: «Piacere, sono Federico». Un mix di bon ton e tatuaggi: eccolo qui il rapper più famoso del momento.
Comincia un’intervista che non può prevedere il lei. Perché Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, 26 anni, è veramente, profondamente, definitivamente un ragazzo. Diretto, spericolato, aggressivo e affettuoso. Dice quel che pensa, ma è orgoglioso di pagarne le conseguenze. È consapevole di essersi cucito addosso una fortuna, eppure è capace di definirsi “mezza pippa” paragonandosi ad altri musicisti.
Si siede su uno sgabello da cucina, appoggia la testa su una mano e dice : «Ah, mamma: grazie per il caffè». Stanco? «Sì. Anche per quello che farò domani». Cioè? «Comincio un giro negli store per il mio nuovo disco (Pop-Hoolista Cosodipinto Edition, che comprende anche il brano scritto con Mika, Beautiful Disaster, arrivato subito in testa alla classifica di iTunes, ndr). «In ogni negozio ci saranno almeno 4 mila persone e dunque 8 mila autografi da fare. Devi avere il fisico. Sto cercando di prepararmi alla fatica. Guarda qui: ho già le occhiaie preventive». Fedez mi fa ridere: simpatia non ricambiata, mi pare. Gli chiedo se sono io a stargli sulle palle, oppure se non guarda mai le persone con cui parla. Lui alza gli occhi con la faccia del ragazzino a cui la mamma ha appena dato del maleducato. Dice: «No, scusa, io sono così: per concentrami sulle parole devo guardare altrove. Sono un po’ chiuso, a volte faccio fatica a comunicare». Ok, niente di personale, dunque. Ma questa cosa delle parole difficili da trovare è da approfondire, la riprenderò.
Fedez, tu hai costruito un piccolo impero attorno a te: a 26 anni è una bella responsabilità. Troppo pesante?
«Anche quelli che lavorano per me sono responsabili del mio destino, non pensi?».
Va bene. Ma tu sei il brand. E continui a differenziarti: dalla musica alla moda. Per Sisley hai firmato una piccola collezione tutta tua. Dici sempre che il successo può finire da un momento all’altro: vuoi portare a casa il più possibile finché tutto funziona?
«In parte è vero: cavalco l’onda. Ma non è solo quello. L’opportunità di creare capi miei mi è sembrata fighissima. Avere a disposizione tutto quello che serve per produrre una cosa inventata da me è stato fantastico. Ho fatto tutto in grande libertà. Anche se alcuni prototipi erano “legalmente improponibili” e ho dovuto imparare a distinguere quello che può andare da quello che non funziona. Ho dovuto mettermi dei paletti».
E tu li odi i paletti, vero?
«Dipende da dove me li ficcano».
Fedez…
«Comunque, li uso come boomerang: chi mi attacca, ha indietro quel che si merita».
Brutto carattere?
«Impetuoso».
Spesso arrabbiato con i giornalisti.
«Certo. Mi fanno dire cose che non ho mai detto. Manipolano situazioni, frasi, immagini, tutto. Ho una piccola rassegna stampa degli orrori, vuoi vederla?».
No, grazie, mi fido. Comunque: è il prezzo, sbagliato, che molti si trovano a pagare quando diventano famosi.
«Un prezzo insensato. No, dico, ci sono politici che si occupano dei testi delle mie canzoni. Ma ti pare?».
Dai che Maurizio Gasparri, deputato di Forza Italia, sta facendo la tua fortuna con gli attacchi al “cosodipinto”, in arte Fedez. Di’ la verità, tu odi la politica?
«Per niente. Solo che non mi piacciono molti di quelli che la fanno».
Ti piace Rat-Man. Poco fa è arrivato uno scatolone pieno di fumetti e tu ti ci sei buttato come un bambino.
«Quando ero piccolo avevo la collezione completa di Rat-Man. Ne andavo matto, poi un giorno, non so perché, l’ho venduta: tutta, per 50 euro. Non me lo sono mai perdonato».
Dunque se ti facessi la classica domanda: “Signor Federico Leonardo Lucia, lei ha dei rimpianti?”.
«Io ti risponderei: “Sì, signora: rimpiango di non avere più i miei fumetti”».
Nostalgie ne hai? Magari di Morgan che da quest’anno non è a X Factor?
«Non posso avere nostalgia di un rapporto che non ho mai avuto».
Essere avversari è comunque un rapporto.
«Avversari? Guarda che l’anno scorso di rapporti fra i giudici non ce n’erano. Di nessun genere. Morgan, forse, ce l’ha con me: ha dichiarato che il suo prossimo disco si intitolerà: “Fedez è morto”. Boh. Comunque io a lui devo molto: mi ha insegnato, inconsapevolmente, a fare televisione. Lui è fortissimo: non a caso l’hanno tenuto così tanti anni a X Factor. Alla gente manca, ne sono convinto».
Quest’anno hai meno paura, vero?
«Siamo tutti più tranquilli, sì».
Contento di essere il giudice della categoria band?
«Diciamo: non scontento. È un lavoro complicato e io temevo di non saperlo fare, perché in effetti non lo sapevo fare. Comunque mi sembra di aver selezionato gruppi di generi molti diversi. Potremo sperimentare molte cose».
Progetti personali? Non di solo lavoro vive l’uomo.
«Io non ho una vita personale in questo momento».
Beh, c’è la tua fidanzata.
«Anche Giulia (Valentina, 24 anni, modella e laureanda in Economia alla Cattolica di Milano, ndr) sta vivendo solo la mia vita professionale in questo momento. Lavoro sempre. Fra poco cominceranno i live di X Factor e sarà ancora peggio. Dovrò occuparmene 7 giorni su 7. Ma da gennaio voglio prendermi una pausa».
Non ti manca la scrittura in periodi come questo?
«Sì. Ma dovrò stare fermo almeno un anno per ricominciare a produrre. Devo rimettermi a vivere, altrimenti di che cosa scrivo?».
Prima dicevi che quando cerchi le parole devi guardare in aria. Tu di parole ci campi, dovresti averne in abbondanza.
«Non mi bastano mai. Ho cominciato da piccolo a cercarle sul vocabolario. Volevo impararne sempre di nuove: con suoni diversi, strani significati. È una cosa che faccio ancora adesso: mi segno i termini che non conosco».
Giura!
«Guarda qui (Fedez apre il portatile e mi fa vedere una schermata, ndr): oggi ho scoperto “Pervicace”».
Che vuol dire: “Dominato da una cieca, accanita ostinazione”. Una parola a doppio taglio: bella e pericolosa.
«Pensa che io non la conoscevo. Magari per tanti è banale».
Perché hai voluto che la tua mamma ti facesse da manager?
«Perché non mi fidavo di nessun altro».
Che cosa ci vuole per ottenere la tua fiducia?
«Anni. E poi basta un attimo per perderla».
Guarda che tutti, anche gli amici, possono fare errori: esiste l’opzione del perdono.
«Sì, ma al terzo sbaglio sei fuori, finito».
Che tipo di persone ti piacciono?
«Trasparenti».
Bella parola. Giulia mi sembra trasparente, anche per come appare: con quell’aria semplice e chic.
«Lei è chic, ma la casa la tengo in ordine io».
L’eleganza è un’attitudine dell’anima, non dell’aspirapolvere.
(Giulia alza la testa ridendo e dice: «Giusto», ndr). «Vabbe’, comunque, se non fosse per me, questa casa sarebbe un casino».
Tu e i soldi: che cosa mi dici?
«Che sono stufo di sentirmi in colpa. Solo in Italia si dà per scontato che chi guadagna denaro lo faccia disonestamente. Io sono fiero di pagare tutte le tasse che devo: sono un ottimo contribuente, quindi sono un ottimo cittadino».
Fedez, a chi vuoi bene?
«Ai miei genitori, alla mia fidanzata, ai miei brutti cani e a J-Ax».
Se sono brutti, i cani, perché li hai presi?
«Mica faccio casting con gli affetti, io».
È ora di chiudere. La mamma manager se ne è andata da tempo, lasciando raccomandazioni professional-casalinghe, compreso qualche consiglio sull’utilizzo dell’aspirapolvere. Giulia deve tornare alla sua tesi. Fedez è seriamente intenzionato a rimettersi a dormire, che magari gli vanno via le occhiaie. Anche i micro cani sono stanchi di correre. Tolgo il disturbo.
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