La casa di Elisa è un sogno: il sogno della luce che entra in una grande cucina ordinatissima, si stende sul prato, sui quarzi della piscina ecocompatibile, sugli alberi da frutta, sull’orto, sul gatto di razza Maine Coon, sul cane di nessuna razza specifica e di nome Blacky («È malandrina, ruba sempre il cibo dal tavolo»), sulla pedana elastica e sulla carrucola comprata durante la pandemia, per lanciarsi attraversando il giardino. Tutto ideale per ospitare una famiglia felice.
Se per giunta aggiungiamo il grandissimo successo di Elisa, questa casa ci offre la perfetta rappresentazione di un sogno condiviso. Chi non la vorrebbe una vita così? E poi lei è gioiosa, una ragazzina con la maglietta a righe che, mentre arrotola ciocche di capelli tra le dita, si racconta con spontaneità.
Elisa, in questa casa c’è un sogno reso reale ma ci sono anche bauli che contengono i suoi diari, gli appunti, le fotograf ie, i video... i ricordi dove spesso si annidano sofferenze irrisolte.
«Ormai sono riuscita a superare il dolore di essere cresciuta senza padre, dato che viveva con un’altra famiglia. Un risultato molto recente, perché mi sono sempre molto concentrata sul mio sogno e anche sulla felicità. Affrontavo i limiti e i demoni opponendo degli obiettivi, cercando di spronarmi. Però, quando ci sono dei dolori che tornano e sono molto profondi, servono tanti anni per elaborarli, soprattutto se lo fai da sola. Io ho scelto un modo meditativo, non sono andata da uno psicologo; oggi sono contenta e in pace con me stessa. Questo raggiungimento è molto recente. È arrivato dopo la nascita dei miei due figli, pochi anni fa».
In che rapporti è con l’altra famiglia di suo padre?
«C’è molto rispetto. Mia madre è stata 25 anni con mio padre. Si sono lasciati quando avevo 10 anni. Io ho conosciuto meglio i miei fratelli più grandi dopo la morte di mio padre, nel 2015. Bisogna considerare che erano altri tempi, in cui le doppie famiglie difficilmente facevano incontrare i figli. Poi abbiamo cercato di recuperare, ed è stato anche molto bello».
E che rapporto aveva con suo padre, buono o cattivo?
«Nessuno dei due: diciamo che non avevo un rapporto con mio padre. Ho scritto anche tante canzoni su questo. Non ci conoscevamo molto bene».
Però lo amava o lo detestava?
«Entrambe le cose. Sa, vedevo la mia mamma innamorata persa di quest’uomo che c’era e non c’era, su cui comunque non poteva contare».
Chissà quanto ha sofferto sua madre.
«Moltissimo. Io e lei abbiamo avuto questa conversazione proprio l’altro ieri e mi ha detto: “Rifarei tutto”. È stata una storia d’amore incredibile, e pur nella sofferenza ci siamo persino non divertiti... di più. Anche con mio padre. Quando c’era, venti giorni di vacanza d’estate, era incredibile, supersimpatico».
Sua madre avrà subìto pettegolezzi e pregiudizi.
«Mia madre è una persona molto libera. Non gliene è mai fregato niente di che cosa pensassero gli altri. Non mi ha instillato l’idea che dovessi creare una famiglia tradizionale, ma l’idea della libertà».
Scrivere canzoni le serve per elaborare, comprendere, superare la sofferenza?
«Io scrivo di emozioni, cose che c’entrano con la mia vita e con le vite degli altri, ma anche con la mia visione del mondo. Per elaborare i sentimenti negativi ho biso- gno di tempo e mi affido all’universo. E poi mi aiuta la danza, il movimento del corpo».
Che studi ha fatto?
«Un macello. Non mi sono diplomata, perché quando avevo 14 anni mia madre mi ha iscritta a un istituto professionale, segretaria d’azienda. Ma io volevo frequentare l’istituto d’arte: facevo graffiti, dipingevo la mia camera e avevo imbrattato quelle degli amici, suonavo, cantavo, ballavo. In tre mesi mi sono fatta mandare via da quella scuola che, per quello che volevo fare io, ritenevo totalmente inutile».
E sua madre come l’ha presa?
«Non andavamo tanto d’accordo in quel momento. Così per un anno sono andata a vivere da mia sorella, e facevo la parrucchiera da lei».
Ha paura di vivere un conflitto simile con sua figlia?
«No, per niente. Non sta né in cielo né in terra, noi parliamo sempre di tante cose: musica, cinema, sport, l’orientamento sessuale. Compirà 13 anni in ottobre, e le ripeto sempre che deve sapere che le voglio bene, che non le volterò le spalle per nessun motivo al mondo, che questa è la sua casa, e io per lei ci sono».
Con sua madre non vi parlavate?
«In quel periodo della sua vita non aveva la forza per occuparsi di me in quel modo, per liberare i suoi sentimenti. Non è così scontato lasciar fluire l’amore».
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Foto di Vladimir Marti - disegni a mano di Elena Salmistraro - styling di Anna Castan
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