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Grazia

Con noi a tavola nasce l'amore

foto di Anna Santini Anna Santini — 12 Novembre 2025
Famiglia Cerea
Abbiamo trascorso una giornata con la famiglia Cerea, anima del ristorante tristellato Da Vittorio. Mamma Bruna e i suoi figli sono i direttori ospiti di questo nuovo numero di Grazia Food. E da una chiacchierata con lo chef Chicco Cerea abbiamo scoperto l’ingrediente segreto della loro cucina che ha conquistato il mondo: accarezzare i sensi, creare legami e dare inizio con ogni piatto a storie indimenticabili

Mamma Bruna ha due guardie del corpo speciali, gli adorabili barboncini Sissi e Gigi, e un sorriso che ti abbraccia e arriva al cuore senza perdere il potere di mettere tutti in riga. Rossella, sua figlia, le somiglia per la dolcezza che ha fatto di lei una maestra d’accoglienza, ma sa essere pungente quando scherzando confida: «Crescere e lavorare con tre fratelli come i miei è una di quelle sfide che ti temprano».

Si riferisce a Enrico, detto Chicco, il primogenito, a Roberto, per tutti Bobo, e a Francesco. I primi due sono gli executive chef che in questa tiepida giornata d’autunno non si toglieranno mai la giacca bianca e si divideranno tra la cucina, una sala fitta di clienti e la preparazione di un evento serale. Francesco, responsabile della ristorazione esterna, degli eventi e della cantina, è invece il primo a debuttare sul nostro set fotografico con il piglio e la battuta pronta di chi fa parte di una squadra efficiente, ma sa come divertirsi.

Famiglia Cerea (5)

Siamo a Brusaporto, in provincia di Bergamo, con la famiglia Cerea. Ognuno di loro è un’anima fondamentale di Da Vittorio, il ristorante tristellato che nel 2026 festeggerà 60 anni. All’origine di tutto c’è la sfida visionaria di un papà, Vittorio appunto, che nel 1966 decise di scommettere su un menù con pesce e crostacei nel centro di Bergamo.

Il risultato oggi è una galassia in cui Da Vittorio è anche a Shanghai e St.Moritz, ci sono due caffè, dieci location da vivere e gustare, due resort, diverse consulenze e progetti in continuo movimento, tre scuole di cucina. E mentre davanti a noi si spadellano i celebri paccheri al sugo che hanno conquistato le tavole di capi di Stato, da Barack Obama a Bill Clinton, rockstar e campioni sportivi, salta all’occhio l’ingrediente autentico di questa eccellenza: la complicità che sfocerà a fine giornata nell’applauso della brigata.

La direttrice di Grazia Silvia Grilli ha chiamato la famiglia Cerea per questa nuova edizione di Grazia Food. Stili di vita belli e buoni. E il tema proposto dai nostri direttori ospiti suona eccitante: il cibo come seduzione, passione, appagamento e desiderio. «Non è la prima volta che qualcuno si è alzato da tavola dicendo: “Questo piatto è stato un piacere, anzi un orgasmo”. Io credo molto al collegamento con l’erotismo, al nutrimento e alla cucina che appaga e dà gioia», mi spiega Chicco, portavoce di tutta la famiglia in questa chiacchierata. «Anche la storia d’amore tra i miei genitori è nata da una tentazione golosa». 

Famiglia Cerea (3)

Mi racconti subito come è andata.
«I miei nonni materni avevano un negozio di frutta e verdura nel centro di Bergamo, a pochi metri di distanza c’era il bar del mio papà. Se li immagina questi due ragazzi belli e giovani che si piacevano? I genitori della mia mamma, però, erano cauti nei confronti di mio padre. Lui era un tipo veloce, brillante, ai loro occhi anche fin troppo spavaldo. Così lui, ogni mattina, portava a mia madre un cappuccino con brioche che era un capolavoro, doveva essere il migliore, quello perfetto. Ha conquistato lei. E ha convinto loro».

L’amore va nutrito?
«Sempre. Come tutte le cose importanti non ammette cali di attenzione. Anche condividere un piatto è un gesto di attenzione, un modo di dedicarsi tempo reciprocamente. E come chef mi piace sapere che i nostri clienti si sentono accolti e amati come se fossero a casa. In 60 anni abbiamo servito celebrità di ogni tipo, ma per noi ogni cliente è unico».

Famiglia Cerea (4)

Chicco, ma esistono gli ingredienti afrodisiaci?
«Caviale, ostriche, peperoncino, cioccolato sono classici, ma possono esserlo anche l’avocado o il sedano. Non è solo il cibo a nutrire l’erotismo, ma la situazione. Per esempio le bollicine su di me hanno un effetto speciale, mi danno sempre grande energia. Poi lo vedo al ristorante: i clienti che cominciano a guardarsi negli occhi al primo brindisi e lì è già iniziata una storia».

Immagino di quante fantasiose dichiarazioni d’amore siete stati spettatori.
«Ho visto gente inginocchiata per la promessa d’amore, ragazze che piangevano di felicità, chi è entrato preceduto da 120 rose rosse. Ma il più emozionante è stato un ragazzo che ha affittato il locale e ingaggiato come comparse alcuni attori nel ruolo di avventori. Al momento della dichiarazione tutti si sono alzati per cantare e ballare come in un musical».

Famiglia Cerea (2)

Vostro padre Vittorio, il fondatore, è mancato 20 anni fa. Che insegnamento vi ha lasciato?
«Quello di avere sempre coraggio. Di gettare il cuore oltre l’ostacolo e di mettere dedizione in ogni cosa. Aveva un carattere fortissimo. Era un uomo del dopoguerra, della rinascita. Aveva perso il suo papà nei bombardamenti, ha cominciato a lottare presto: da bambino andava a rubare la legna agli americani. Non aveva potuto studiare molto, ma l’ho visto discutere di affari con grinta e abilità insuperabili».

E vostra madre che cosa vi insegna tuttora?
«L’equilibrio. Ha la capacità di trasmettere la sua esperienza, di invitarci a riflettere senza frenarci, lo ha fatto anche con nostro padre al cui fianco è rimasta sempre, in ogni decisione. Badi bene però: questo non è l’inno alla famiglia perfetta. Noi siamo una squadra affiatata, ma si discute. E molto. Bobo e io in cucina abbiamo trovato l’equilibrio giusto, anche se ci confrontiamo spesso su visioni diverse. Ed è giusto così. Francesco è un vulcano di idee, sempre pronto a cogliere una nuova occasione per la crescita del nostro Gruppo. Con Rossella ho invece un rapporto speciale, definirla responsabile dell’accoglienza è riduttivo: è una mediatrice eccezionale».

Chicco, ha mai pensato a una carriera diversa?
«Sono cresciuto in cucina: tornavo da scuola, buttavo la cartella da una parte e mi mettevo ad aiutare. Dopo il liceo pensavo di iscrivermi a Veterinaria. L’estate dopo la Maturità, mio padre mi ha mandato a fare esperienza in un ristorante in Francia. Immagini un ragazzo di 20 anni in un’importante cucina di Parigi. Quando sono tornato, avevo scordato Veterinaria. Papà in questo è stato abile nel farmi capire la mia strada. E io oggi so di essere stato fortunato perché faccio un lavoro bellissimo che dà gioia alle persone». 

Famiglia Cerea (6)

Lei ha tre figli. Il vostro successo come li ha influenzati? 
«Ho sempre pensato che dovessero essere liberi e scegliere davvero seguendo il loro cuore. Beatrice ha studiato Economia e lavorato per nove anni nel mondo della moda. Poi ha deciso di rientrare, ma non nel ristorante dove lavoriamo noi fratelli: segue la gestione economica di alcune nostre attività. Ammetto che il caffè che prendo con lei ogni mattina è un momento speciale. Anche Maria Vittoria ha studiato Economia, è stata assunta nel marketing di un’importante azienda dolciaria. Però le è anche sempre piaciuto cucinare, da sempre lo faceva per noi nei giorni di riposo. A un certo punto ha lasciato tutto ed è andata a Londra per un’esperienza in una cucina stellata. Avrà un futuro con noi? Non lo escludo. Vittorio ha frequentato un’importante scuola di hôtellerie e ospitalità e ha già girato il mondo gestendo importanti locali, dagli Emirati Arabi all’Europa».

Sembrano tutti orientati a un ritorno al nido.
«Non nego che il passaggio generazionale sarebbe una delle più grandi gioie per me».

A proposito di futuro: che cosa significa per lei cucina sostenibile?
«Questo è un tema di cui si parla molto e spesso si abusa del significato. Io credo in una cucina sempre più sana per le persone. Abbiamo la possibilità di raggiungere l’obiettivo con nuove tecniche curando la filiera degli ingredienti, lavorando sulla leggerezza delle preparazioni, sul rispetto dei sapori della tradizione. Rispetto che significa anche non ammettere mai sprechi, la prima regola della sostenibilità». 

Facciamo un gioco? Se ogni membro della sua famiglia fosse un ingrediente? Cominciamo da mamma Bruna. 
«Il sale della vita, che è sapienza e dà sapidità a tutto. Rossella è il peperoncino (passa lei in quel momento e ribadisce ridendo: “Sì, un habanero bello forte”, ndr). Bobo è olio d’oliva, la tradizione. Francesco? Facile. Prezzemolo: lo trovi dappertutto».

E lei, Chicco?
«Dovrebbero dirlo gli altri. Io mi sento burro. Dolce. Morbido».

Un sogno nel cassetto?
«Ce l’ho ma non lo apro quel cassetto. Ho paura che il sogno mi voli via».

Foto di Olivier Desarte - styling di Ornella Rota

© Riproduzione riservata

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