Alicia Vikander: “Non mi ferma più nessuno”
A 15 anni è andata a vivere da sola per studiare danza. A 18 si è iscritta a legge per diventare produttrice cinematografica. A 23 ha imparato il danese per avere il ruolo che voleva in un film. E oggi, che ne ha 26, è la diva del momento e una musa di stile. L’attrice svedese racconta a Grazia le sue mille vite e svela il nome dell’uomo che le ha toccato il cuore (no, non è il fidanzato Michael Fassbender)
Minuta, viso luminoso dai grandi occhi scuri, l’attrice Alicia Vikander entra in punta di piedi nel salottino dell’hotel londinese dove la sto aspettando e mi stringe la mano. «Qui potremo chiacchierare tranquille», mi dice. Indossa un abito Louis Vuitton di seta celeste a ramages in tinta e maniche lunghe (è ambassador della casa di moda), ha i tacchi alti e non porta gioielli. Malgrado il suo stile discreto, ha una presenza che s’impone. Comincio a capire perché l’attore e sex symbol Michael Fassbender, suo fidanzato da quasi un anno, abbia perso la testa per lei: svedese, 26 anni, Alicia non è soltanto una bella ragazza e la giovane attrice più richiesta del momento, con una lunga serie di film in uscita e un futuro sempre più solido nello star system. Vista da vicino, dà un’idea di fragilità, ma anche di consapevolezza. Soprattutto sa che cosa vuole dalla vita e dalla carriera. E adora le sfide.
Per darvi un’idea: ad appena 15 anni ha lasciato la madre (è figlia di separati) a Göteborg, nel sud della Svezia, per andare a vivere da sola a Stoccolma e studiare danza classica. «È stato un periodo molto formativo, ho imparato a gestire una casa e a prendermi cura di me. Ma ho dovuto abbandonare il balletto perché sono stata operata a un piede e ho avuto seri problemi alla schiena che ancora mi tormentano», racconta. Altra prova di volontà: nel 2012, Alicia impara il danese in otto settimane per ottenere il ruolo della regina Carolina Matilde innamorata del medico di corte (l’attore Mads Mikkelsen) nel dramma storico A Royal Affair, che l’avrebbe lanciata a livello internazionale.
Insomma, malgrado l’aspetto delicato, Alicia è una ragazza tosta. Cominciamo a parlare dei suoi studi di Giurisprudenza: «Pensavo fossero la base giusta per diventare produttrice, poi mi hanno scritturata come protagonista di un film svedese, Pure, e la mia carriera ha preso una strada diversa». Racconta dei genitori che l’hanno sempre appoggiata (il padre fa lo psichiatra, la mamma è attrice) e della sua nuova vita a Londra, dove tre anni fa ha comprato un appartamento.
Dopo aver girato A Royal Affair, la carriera di Alicia è letteralmente esplosa e lei non si è fermata un momento. Nei prossimi mesi usciranno sei suoi film. La incontro a Londra per il primo, nelle sale dal 3 settembre: la spy-story Operazione U.N.C.L.E., diretta da Guy Ritchie, l’ex marito di Madonna, che si svolge negli Anni 60 in piena Guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. L’attrice interpreta un meccanico sexy e intraprendente che, tra inseguimenti e colpi di scena ambientati in Italia, passando dalla tuta sporca di grasso ai tubini glamour in stile Audrey Hepburn tiene testa sia all’agente della Cia Henry Cavill sia allo spione del Kgb Armie Hammer, coalizzati per difendere il mondo dalla bomba atomica.
Tra qualche giorno la vedremo anche alla Mostra del Cinema di Venezia nel film A Danish Girl di Tom Hooper, nel ruolo della moglie del primo transessuale della storia, il pittore danese Einar Wegener diventato negli Anni 20 Lili Elbe (interpretato dall’attore premio Oscar Eddie Redmayne: ne parliamo anche a pagina 176). Poco dopo, Vikander sarà sul set del nuovo capitolo della saga Bourne, accanto a Matt Damon. «Per convincermi che non stavo sognando, negli ultimi due anni ho dovuto pizzicarmi il braccio non so quante volte», sorride Alicia.
Invece è un argomento tabù l’amore con il 38enne Michael Fassbender, esploso l’anno scorso sul set di The Light Between Oceans, una storia romantica di sapore dark ambientata in un faro in Australia. Da allora i due attori sono inseparabili e non fanno nulla per nascondere la passione. I paparazzi li hanno fotografati in ogni parte del mondo: mentre si baciano a New York, surfano sulle onde in Australia, sul red carpet del Festival di Cannes, al Gran Premio di Montecarlo, a Londra.
Come vive questa attenzione nei suoi confronti?
«È talmente esagerata che rischia di sopraffarmi. Pensavo di essere preparata, invece ho scoperto che non lo sono affatto. Mi ritengo fortunata perché giro un film dietro l’altro e sto diventando sempre più famosa ma, mi creda, la persecuzione dei paparazzi è l’aspetto più duro da digerire della mia nuova vita».
Come definirebbe il momento che sta attraversando?
«Direi che è surreale. Non mi aspettavo che mi capitassero tante cose belle tutte insieme. Lavoro con registi importanti con i quali soltanto qualche anno fa non avrei nemmeno immaginato di potermi trovare a tu per tu nella stessa stanza. Ora escono tanti miei film e mi domando se la gente finirà per stancarsi della mia faccia».
Perché ha accettato la parte in quello di Guy Ritchie?
«Da ragazza ero una fan e andavo a vedere i suoi film di nascosto perché i miei me li proibivano: li ritenevano troppo spregiudicati».
« "Ho girato A Royal Affair perché mio padre si era innamorato della storia" »
È vero che prima di accettare un ruolo sottopone la sceneggiatura ai suoi genitori?
«Sì, mi fido molto del loro parere. Ho girato A Royal Affair perché mio padre si era innamorato della storia. I miei si sono separati quando ero piccola, ma hanno mantenuto rapporti affettuosi e oggi ho con loro un bellissimo legame. Ci parliamo continuamente, anche se viviamo in Paesi diversi ci colleghiamo via Skype e ceniamo insieme così».
Pensa di avere qualcosa in comune con Gaby, la protagonista di Operazione U.N.C.L.E.?
«Anch’io sono una donna forte, indipendente, decisa a seguire la mia strada. All’inizio, tuffata nel cofano di un’auto, Gaby sembra un tipo mascolino, ma poi rivela tutto il suo fascino. E pensare che io non ho la patente. Per girare una scena spettacolare in cui appaio al volante ho dovuto imparare a guidare in un giorno».
Che rapporto ha con la moda?
«A 13 anni ammiravo gli abiti da favola sulle riviste e non avrei mai immaginato di diventare un giorno ambasciatrice di Louis Vuitton. Quando ho incontrato Nicolas Ghesquière, il direttore creativo della maison, ho capito che la moda può essere una forma d’arte. O meglio, un viaggio che fa scoprire il carattere delle persone».
Mi spiega meglio che cosa intende?
«Al mattino, quando mi sveglio, vedo il mondo bianco o nero: è il mio lato scandinavo. La moda m’insegna a percepire le sfumature, i colori dei miei stati d’animo. E da Ghesquière ho imparato a vedere cose che non avevo mai visto prima».
In che cosa si sente ancora scandinava?
«Amo molto la natura, gli spazi aperti, il cibo e le piccole cose che mi ricollegano alla mia cultura. Rimpiango le casette rosse delle isole svedesi, le conchiglie abbandonate sulla spiaggia. Diventi consapevole delle radici solo quando lasci il tuo Paese e ogni ricordo ti sembra terribilmente romantico. Oggi, a Londra, potrei riconoscere un mio connazionale svedese a un chilometro di distanza. Sono convinta che gli scandinavi diventino creativi per reagire al grande freddo».
Vista la piega che ha preso la sua carriera, prima o poi andrà a vivere a Hollywood?
«Non ci penso proprio. Non ho nulla in comune con la cultura americana. Mi riconosco, invece, nel senso dell’umorismo e nella leggerezza dell’Europa. A Londra mi sento a casa. La prima volta che ci sono venuta, qualche anno fa, dividevo con due dj svedesi e un’amica un appartamentino pieno di topi».
Le attrici americane rivendicano ruoli da protagoniste e la stessa paga degli uomini: condivide queste battaglie?
«La consapevolezza di genere sta cambiando le regole del cinema. Piano piano, anche nei film commerciali, si fa strada l’idea che il ruolo principale possa essere affidato a una donna. Il femminismo è un fatto concreto con cui bisogna ormai fare i conti».
Il successo l’ha cambiata molto?
«Sono maturata, ho accumulato tanta esperienza e oggi mi sento molto più sicura. La mia vita ha preso a girare a velocità supersonica, ma le assicuro che non sono cambiata. Ho le stesse amiche che avevo a 15 anni e mi piace ritrovarle quando torno in Svezia».
So che non vuole parlare della sua relazione con Michael Fassbender, ma mi dica com’è stato lavorare con lui.
«Sul set mi ha incoraggiata in ogni modo, mi ha spinta a tirare fuori il meglio di me. Non ho frequentato una scuola di recitazione, vengo dal balletto e devo imparare le cose in un altro modo».
E che effetto le ha fatto recitare con Eddie Redmayne?
«La sua trasformazione da uomo a donna nel film A Danish Girl mi ha lasciata senza parole. Ha una sensibilità che toccherà il cuore di tutti. Intanto, sul set, ha già toccato il mio».
Che cosa vede nel suo futuro?
«Il mio mestiere è imprevedibile. Per ora non faccio piani e vivo l’entusiasmo del momento. Spero di continuare a innamorarmi perdutamente di ogni ruolo».
Fassbender se ne faccia una ragione, dovrà dividere Alicia con il cinema. E a guadagnarci saremo soprattutto noi spettatori.
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