8 stilisti emergenti raccontano il futuro della moda Made in Italy
Nell’ultimo anno e mezzo l’industria della moda ha saputo stupire tutti, cercando di trovare una soluzione ad alcuni dei bisogni causati dalla pandemia; anche a quelli che non la riguardavano direttamente.
Nei mesi più duri dell'emergenza sanitaria molti marchi hanno infatti riconvertito la produzione per fornire gli ospedali di quanti più camici e mascherine possibile e, qualche mese più tardi, superando qualsiasi aspettativa, sono arrivati tutti più che preparati alla Settimana della Moda e alle presentazioni di nuovi prodotti nel rispetto delle norme anti contagio. Dalle sfilate in diretta streaming, agli showroom 3D una cosa è certa: la moda sembra sempre pronta a tutto.
Ora che iniziamo a vedere la luce alla fine del tunnel, è giunto il momento di parlare del vero futuro dell’industria, perché le incognite su quello che sarà del Made In Italy nel prossimo decennio restano molte.
Tessuti di prima mano? Riciclati? Mix di stoffe? E la maglieria? Upcycling? Più o meno prêt-à-porter? Le risposte a queste domande le abbiamo chieste a otto designer emergenti (ma non troppo, alcuni di loro vedono già il nome del proprio marchio nei calendari ufficiali della Milano Fashion Week) che stanno scrivendo il futuro della moda oggi e abbiamo fotografato per voi, in questo esclusivo editoriale, alcuni dei loro capi indossati da Masha Nova e Ginevra Salustri.
Masha Nova indossa abito GISÈLE, top _DENNJ_, cintura PROVINCIA STUDIO
GISÈLE
Gisèle Claudia Ntsama, ha voluto dare solo il suo nome al suo brand. Nata e cresciuta in Camerun, la designer si è trasferita in Italia per studiare moda circa dieci anni fa. Dopo due lauree e diversi tirocini nel 2017 ha lanciato la sua prima capsule collection.
Nel creare Gisèle ci racconta: Ho tratto ispirazione dalla natura che, secondo me, rappresenta la vera bellezza. Se ne avessi la possibilità userei solo fibre naturali. La mia prediletta, nonché quella con cui lavoro e ho sperimentato di più è la canapa, che ho voluto valorizzare, perché viene vista come una pianta malvagia, quando in realtà non richiede neanche pesticidi».
La sua estetica è figlia dell’amore che ha per l’artigianato: «Vorrei trasmettere il valore culturale del lavoro manuale, una cosa che secondo me noi africani e italiani abbiamo in comune. Per questo tante delle mie creazioni sono fatte a mano», e di uno dei suoi sogni più grandi: «Voglio sposare la moda e lo stile italiano, portando sempre con me le mie radici africane. Da questa fusione credo possano nascere capi unici nel loro genere».
Ginevra Salustri indossa abito GISÈLE
_DENNJ_
Anche questo marchio porta il nome dello stilista che lo ha fondato, che si chiama così per via di un piccolo errore all’anagrafe. Lui gli atelier li ha iniziati a frequentare quasi per gioco, ma poi ha finito per innamorarsi della moda e a seguire corsi di fashion design.
La sua estetica la definisce in tre semplici parole «Sperimentale. Multifunzionale. Sensibile».
I suoi cartamodelli infatti prevedono sempre ricerche affinché siano unici, quando diventano capi non sono mai finiti al 100% fino a quando non li indossa il cliente, solo allora vengono applicati gli ultimi ritocchi. E per quanto riguarda l’essere sensibile, Dennj oltre a essere di segno cancro è super attento alla sostenibilità del suo brand.
Di uno dei concept cardine del suo marchio - ovvero farsi spedire capi vecchi per crearne di nuovi - ci racconta: «La mia idea del su misura deve ancora prendere piede, ma nel mio piccolo ho confezionato diversi capi per occasioni speciali ad alcune clienti proprio utilizzando alcuni capi/foulard vintage appartenuti ai loro famigliari. Il risultato è piaciuto molto».
Ginevra Salustri indossa abito VITELLI, body MARCO RAMBALDI; Masha Nova indossa pull VITELLI, pantaloni PROVINCIA STUDIO
VITELLI
Nato inizialmente come un progetto artigianale, è in breve tempo diventato un brand. Oggi è vicino al quinto anniversario e da due anni è in calendario Moda Donna a Milano.
Vitelli produce esclusivamente capi in maglia e, come racconta uno dei fondatori del brand: «La maglieria ha un grande vantaggio ed un grande svantaggio. Il vantaggio è creativo, poiché partendo dal filo si può creare in maniera più completa, pura. Lo svantaggio è economico, dato che lo sviluppo della maglieria - specie quella fatta in Italia - è tecnicamente complesso e molto costoso. Grazie ad entrambi tuttavia abbiamo sviluppato in questi anni delle “soluzioni” sostenibili sia in termini economici che ambientali, e ne abbiamo fatto tratti riconoscibili delle nostre collezioni».
Vitelli sta anche scrivendo un nuovo capitolo per il Made In Italy: «Utilizziamo esclusivamente filati di recupero (dai vecchi stock e fondi di magazzino di cui il nord Italia è pieno), che recuperiamo direttamente e ridistribuiamo ai piccoli laboratori indipendenti per realizzarne capi in maglieria tradizionale o in Doomboh, il nostro tessuto ibrido è creato attraverso una speciale tecnica d’agugliatura».
Masha Nova indossa borsa THEMOIRè, camicia PROVINCIA STUDIO
THEMOIRè
THEMOIRè è un progetto che nasce con l’obiettivo di generare un cambiamento positivo per il nostro pianeta e per le persone, e va ben al di là dello storytelling o di sterili strategie di comunicazione/marketing. Quando l’hanno fondato Francesca Monaco e Salar Bicheranloo sentivano «l’esigenza di lavorare a un progetto di moda responsabile e orientato al futuro, ovvero con il minimo impatto ambientale possibile e con il concetto integrato di give back. Per questo abbiamo deciso di lanciare alla fine del 2019 THEMOIRè (che deve il suo nome alle mitologiche Moire, le dee greche che intrecciavano i fili del destino), un brand basato su una visione più sostenibile e che mira alla realizzazione di obiettivi concreti».
Passando al design: «Si tratta di prodotti che pur avendo una certa allure orientata al passato vogliono mantenersi fortemente contemporanei. Tuttavia prima del design vengono i materiali: per noi è fondamentale che tutti i nostri prodotti siano realizzati in una prospettiva di attenzione all’ambiente, è da qui che nasce la nostra ispirazione. Lo shape delle nostre borse viene quindi influenzato dalle lavorazioni di questi materiali riciclati e pellami vegan con il desiderio di raggiungere un target eterogeneo e del tutto inclusivo».
Definire il loro approccio al Made In Italy come un nuovo capitolo tuttavia, pare a entrambe un po’ eccessivo: «Possiamo sicuramente parlare di un approccio nuovo, più consapevole. Ogni volta che cominciamo un nuovo progetto ci chiediamo se possa essere utile in termini ambientali e sociali. La nostra piccola personale rivoluzione è tutta nell’impegno che mettiamo nel costruire un movimento che possa diventare comunità in vista di un futuro migliore».
Ginevra Salustri indossa abito in maglia MARCO RAMBALDI, top _DENNJ_, gonna PROVINCIA STUDIO, bracciale GISÈLE; Masha Nova indossa abito crochet MARCO RAMBALDI, sabot IINDACO
MARCO RAMBALDI
Dello stilista che lo ha fondato e gli ha dato il suo nome questo marchio ha «la determinazione di raggiungere gli obiettivi prefissati. La volontà di voler comunicare un mondo nuovo in continua crescita, che passo dopo passo stiamo costruendo. Ha la passione, la spensieratezza, il colore ma anche le brutalità sociali che quotidianamente ci circondano», così ci ha spiegato lui stesso.
La sua estetica trae ispirazione dal passato, dall’arte, dalla letteratura, dal cinema, dai magazine e dai fanzine. È un’estetica che lui stesso definisce radicale. Non si stravolge ogni stagione a seconda delle tendenze ma si evolve, coerente e disordinata rispetto a sé stessa. Una visione dunque molto personale che vuole comunicare con il suo lavoro.
Mentre per quanto riguarda l’uncinetto: “È una passione che ho provato subito, e perciò l’ho introdotto fin dalla primissima stagione in maniera automatica, senza pensarci troppo. Gli jacquard e gli intarsi sulla maglieria mi divertono molto. Il mondo della maglieria è davvero affascinante, parti da un’idea precisa e durante le fasi di lavorazione scopri mille strade diverse che si potrebbero prendere. Poi mi sorprende ed entusiasma sempre tanto partire da un filo e vedere se il capo finale viene come lo avevo immaginato».
Ginevra Salustri indossa ACT N°1
ACT N°1 - PRIMO ATTO
Un nome curioso che i fondatori del marchio ci dicono «ha a che vedere con i ricordi della nostra infanzia, esperienze molto diverse ma con elementi comuni. Con il tempo, ci siamo accorti che potevamo raccontare una storia interessante mettendo insieme questi dettagli. Volevamo raccontare un po’di noi attraverso ciò che facciamo, dando un tocco di personalità al marchio. Da qui abbiamo usato il nome Act n°1, che rappresenta il primo atto della nostra vita, perché l’identità del brand è basata sul nostro background culturale».
La loro estetica è frutto di un mix di vari elementi culturali storici, sperimentazioni in sartoria e capi ibridi. «Fin dall'inizio abbiamo lavorato su capi doppi, come la camicia applicata sulla T-shirt, la camicia doppia oppure la maglia doppia. Nella stagione SS19 abbiamo fatto una collezione che rappresentava le spose bambine, dando loro una voce che nessuno riusciva a sentire, perchè non conosceva la loro situazione. Per questo abbiamo utilizzato elementi di abiti da sposa in tulle nei colori avorio, nero e acqua applicato sulla felpa. Questo rappresenta l’atto involontario di mettere l’abito da sposa ad un'adolescente.”
Loro il futuro del Made In Italy lo stanno scrivendo convincendo gli artigiani a lavorare su qualcosa di nuovo, da loro definito “strano”, ovvero capi prodotti con tessuti non convenzionali.
Masha Nova indossa camicia e pantaloni ACT N°1, top _DENNJ_, sabot IINDACO; Ginevra camicia e gonna ACT N°1, gilet VITELLI, stivaletti IINDACO
IINDACO
Fondato nel 2018 IIndaco disegna e produce esclusivamente scarpe perché a detta delle sue fondatrici: «L’esperienza e la passione di entrambe non potevano che portarci alle scarpe. Pamela si è appassionata alle calzature quando da piccola andava a cavallo con il padre, i dettagli degli stivali da equitazione la affascinarono da subito, portandola ad avere una carriera come designer di scarpe prima da Roberto Cavalli poi da Givenchy. E io (Domitilla -ndr) mi sono specializzata in pelletteria partendo anche io da Cavalli e formandomi poi da Tod’s, ma sono cresciuta guardando lavorare mia madre per l’azienda di famiglia e sviluppando un amore per questo tipo di accessorio».
Ogni scarpa IIndaco ha un carattere definito e riconoscibile «perché è il risultato di un attento lavoro di progettazione; quando creiamo partiamo da un moodboard caotico. È ironico, ma per raggiungere l’equilibrio dei contrasti che ci contraddistingue dobbiamo sempre partire dallo squilibrio assoluto, poi scremiamo lentamente le immagini fino ad ottenere il risultato perfetto per entrambe, è un processo che ci aiuta molto a capirci e ci permette di iniziare una collezione in totale armonia».
Chi le indossa apprezza il design, la qualità e soprattutto la sostenibilità. «Per noi il nuovo lusso significa responsabilità. Il futuro deve far parte della nostra quotidianità partendo dai piccoli gesti fino alle scelte più importanti. Per questo IIndaco si impegna a creare collezioni sostenibili a 360 gradi: dal design alla realizzazione, dai materiali alla distribuzione».
PROVINCIA
«Provincia nasce un anno fa per la necessità di rappresentare il mio concetto di estetica». In Veneto per la precisione dove la fondatrice del marchio, Serena, ha ritrovato una connessione con le sue radici.
Trae ispirazione da «varie esperienze personali, è la sintesi del mio percorso lavorativo e educativo, che, grazie al luogo in cui vivo e alla mia passione per l’artigianato, ho potuto riportare all’interno della collezione».
Credits:
Foto: Martina Ferrara
Styling: Francesca Crippa
Mua: Marika Zaramella @LeItalienne
Hair: Luigi Martini Hair Stylist Alfaparf Milano
Talents: Masha Nova e Ginevra Salustri
Production: Ana Maria Matasel
Creative Direction/Sitting Editor: Sara Moschini
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