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Elliott Erwitt in mostra a Torino: «Delle foto non si parla, si devono guardare»

Elliott Erwitt in mostra a Torino: «Delle foto non si parla, si devono guardare»

foto di Sara Schifano Sara Schifano — 19 Aprile 2013

Fotogallery Elliott Erwitt in mostra a Torino: «Delle foto non si parla, si devono guardare»

  • PAR116812 PAR116812 Paris, France. 1989
  • NYC21176 NYC21176 Times Square, New York City, USA. 1950.
  • PAR42332 PAR42332 New York City, USA. 1953.
  • NYC17062 NYC17062 USA. 1962.
  • NYC16367 NYC16367 New York, USA. 1955.
  • NYC15335 NYC15335 New York City, USA. 2000.
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A Torino è in mostra una retrospettiva del grande fotografo e noi, a New York, ci abbiamo fatto due chiacchiere

Ha inaugurato a Palazzo Madama, a Torino, una grande retrospettiva dedicata a Elliott Erwitt, il fotografo francese noto per i suoi scatti in bianco e nero, per la fotografia pubblicitaria e soprattutto per il taglio spesso ironico dei suoi scatti.

Nella corte medievale del palazzo torinese, in collaborazione con la storica agenzia fotografica Magnum Photos, sono esposte 136 fotografie, rigorosamente in bianco e nero, molte delle quali risulteranno familiari perché ormai appartenenti all’immaginario collettivo.

Non molto tempo fa ho avuto l’opportunità di incontrare Erwitt nel suo studio di New York affacciato su Central Park West. Ma non immaginate una vista da cartolina o un loft di lusso. Dietro alla porta che recita “Elliott Erwitt Enterprise” si celano un paio di stanze in penombra, dove a dominare è il calore del legno scuro, un silenzio rotto solo dalla radio che trasmette musica antica e dal ritmo pesante delle lancette di un orologio a muro.

A vederlo così, un uomo di 84 anni un po’ affaticato, è quasi difficile credere di trovarsi di fronte a un’icona della fotografia mondiale, che negli ultimi sessant’anni ha viaggiato in ogni parte del mondo restituendo immagini destinate a diventare storiche.

Da uno così, che fu invitato a far parte di Magnum niente di meno che da Robert Capa, che è stato ai funerali di Kennedy, che ha documentato l’Italia poverissima del dopoguerra e i set di pellicole quali «Gli spostati» con Marylin Monroe, ci si aspetterebbero centinaia di aneddoti, eppure, il signor Erwitt non ama parlare di sé o delle sue foto.

Molte delle sue immagini, come quella di una donna sola che contempla una New York avvolta nella nebbia dalla terrazza del Rockfeller Center o quella del giovane marinaio di spalle, stupiscono per una composizione impeccabile, quasi che questi scatti rubati siano in realtà delle messe in scena dirette dal fotografo. Ma la posa non esiste nella fotografia di Erwitt, piuttosto esiste un’innata capacità di osservare, di fiutare l’immagine, insieme alla pazienza di farsi invisibile e attendere. Prima o poi, lo scatto perfetto arriverà.

Che siano famiglie della classe media americana, cani, paesaggi urbani, celebrità, reportage politici, nudisti o stanze d’albergo, negli ultimi sessant’anni Erwitt ha fotografato tutto senza mai stancarsi di guardare e, con l’imbarazzo un po’ ruvido tipico dei timidi, mi dice che delle foto non bisogna parlare, bisogna osservarle. La mostra di Torino è in corso fino al 1 settembre 2013.

© Riproduzione riservata

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