Il diritto di contare è il film più bello che vedrete quest'anno
Tre donne afroamericane nell'America degli anni Sessanta e della corsa allo spazio, Il diritto di contare è una storia vera da cui imparare molto
Se pensate che sia la solita storia femminista vi sbagliate, perché Il diritto di contare (al cinema dall'8 marzo) è un film che piacerà non solo alle donne - anche se è principalmente loro che deve spronare al cambiamento.
In un momento in cui si lotta per i diritti di ogni possibile minoranza al mondo, infatti, siamo ancora ben lungi dal raggiungere la parità tra uomini e donne, se non sulla carta, anche nei paesi occidentali.
Stipendi più alti e posizioni più prestigiose sono sempre e comunque riservate a chi vanta il cromosoma Y, anche se, leggi alla mano, viviamo nella parte di globo in cui non dovrebbe (più) essere così, per fortuna.
Eppure forse è (anche) colpa nostra, perché abbiamo smesso di lottare per i nostri diritti e, forti di quello che siamo, ci accontentiamo di esserne consce, invece di pretendere quello che ci spetta - ovvero un trattamento pari a quello che viene riservato agli uomini, in tutti i campi.
Vi raccontiamo perché questo film non solo vi piacerà, ma vi farà anche bene.
La trama
Siamo nell'America degli anni Sessanta, quella della Guerra Fredda e della corsa allo spazio, quando l'unico obiettivo degli Usa era quello di superare i russi in qualunque campo e soprattutto in quello spaziale.
Protagoniste, tre donne afroamericane, tre matematiche della sezione della NASA conosciuta come quella dei computer umani, in grado cioè di eseguire complicatissimi e numerosissimi calcoli prima dell'avvento dei computer.
Katherine G. Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson sono tre donne realmente esistite che mentre contribuivano alla vittoria americana nella corsa allo spazio hanno anche dato un'accelerata al riconoscimento della parità dei diritti delle donne in un’epoca in cui le opportunità erano visibilmente limitate - se eri una donna, se eri afro-americana e, più che mai, se eri una donna afro-americana.
Nel film, il dietro le quinte del primo giro orbitale di una navetta spaziale americana, in cui queste tre donne sono state più protagoniste che mai.
« Se fossi un uomo bianco lo vorresti? - Se fossi un uomo bianco lo sarei già »
Spiega il regista Theodore Melfi: «Per la NASA, in quel momento storico, i cervelli erano più importanti della razza o del sesso. Queste donne erano intelligenti e preparate e potevano fare tutti i calcoli matematici di cui la NASA aveva bisogno: chi altri avrebbero potuto scegliere al loro posto?».
La posta in gioco era altissima per tutti gli americani.
Nel 1958 l’Unione Sovietica aveva lanciato con successo il satellite Sputnik, attestandosi in una posizione di vantaggio nella Guerra Fredda e questo evento aveva catapultato la corsa allo spazio al primo posto tra le priorità e le preoccupazioni degli Stati Uniti.
Milioni di persone assistevano alla sfida, sperando che l’America riuscisse a battere i russi per arrivare prima alla conquista della Luna.
Un obiettivo da raggiungere con qualunque mezzo.
Ecco perché nonostante le leggi Jim Crow pregiudicassero l’uguaglianza e la parità di diritti in Virginia, a Langley venne assunto un team interamente femminile, tra cui un certo numero di insegnanti di matematica afro-americane.
Rimanevano segregate, mangiavano in locali separati, lavoravano in un reparto isolato denominato West Computing ed erano pagate meno delle colleghe bianche, ma il loro lavoro si distinse fra tutti fino a prevalere su quello degli uomini.
La morale
Quello che tutte le donne, giovani e non, dovrebbero imparare da questo film è che nella vita si può davvero fare qualunque cosa se ci si dedica con tutta l’anima e il cuore.
Bisogna saper riconoscere le proprie capacità e poi farle riconoscere anche a tutti gli altri - facendo quanto necessario per farsi notare e rispettare.
Il film esplora una parte della storia che non è documentata, e che invece tutti dovrebbero conoscere.
« Sì, alla NASA permettono alle donne di fare alcune cose »
Kevin Costner guida lo Space Task Group
Nostalgici, preparatevi: alla guida dello Space Task Group è Al Harrison, interpretato da Kevin Costner.
Il suo personaggio, un uomo fortemente motivato a raggiungere lo spazio, gioca un ruolo fondamentale nel film e nella storia.
Per lui chiunque fosse in grado di portare l'uomo in orbita e di riportarlo sulla Terra in sicurezza era il benvenuto, qualunque fosse il suo sesso o la sua etnia - come è giusto che sia, ma come non era nemmeno lontanamente immaginabile nella realtà dell'epoca.
Sua, la frase che vi farà venire voglia di alzarvi e applaudire: «Qui alla NASA tutti fanno la pipì dello stesso colore, niente più bagni per neri, niente più bagni per bianchi: vai in quello più vicino alla tua scrivania».
Se vi sembra una citazione strana, guardate il film e vi ricrederete.
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