Camilla Filippi: «La paura mi ha fatto crescere»
Nel suo prossimo film Camilla Filippi u2028è una donna alla quale scompare misteriosamente un bambino. «Un’esperienza sconvolgente che ha segnato anche il rapporto con u2028i miei figli fuori dal set», spiega l’attrice. E qui racconta perché non è la prima volta che recitare l’aiuta u2028a vincere l’ansia
Camilla Filippi ha passato la notte sul set di Tutto può succedere, la fiction Rai che l’attrice sta girando diretta dal marito Lucio Pellegrini e, prima di raggiungermi per l’intervista, è passata a salutare i figli Bernardo, 10 anni, e Romeo, 5, che entravano a scuola. Sarà stanchissima, le chiedo, vuole che rimandiamo l’incontro? «No, ho voglia di chiacchierare, mi risponde. Si siede, beve un sorso d’acqua e parte. Un fiume in piena. Comincia dal suo nuovo film In fondo al bosco, una produzione di Sky Cinema realizzata da One More Picture che uscirà il 19 novembre per la regia di Stefano Lodovichi. Il noir ha rappresentato, mi spiega, «un’esperienza psicologicamente violentissima». Mi racconta poi della sua vita di mamma, di come è riuscita a vincere la bulimia che la tormentava da 20 anni, della sua “seconda vita” di visual artist: dopo aver spopolato prima su Instagram e poi al Festival dei Due Mondi di Spoleto con il progetto Psychedelic Breakfast, una serie di autoscatti in cui assume l’identità di tanti personaggi famosi (la cantante Amy Winehouse, lo scrittore Marcel Proust, Madonna, il chitarrista Jimi Hendrix e persino il dittatore Adolf Hitler), l’attrice è stata invitata da Gucci a prendere parte all’iniziativa #GucciGram e ha reso omaggio alla maison fiorentina reinterpretando un quadro del pittore surrealista René Magritte.
Camilla, che avevo visto in alcuni film d’autore come Figli delle stelle, Il mondo fino in fondo, Banana e nelle fiction Tutti pazzi per amore 2 e Ragion di stato, si apre “senza filtri”.
Perché girare In fondo al bosco è stato sconvolgente?
«Il film racconta una storia terrificante. Interpreto la mamma di un bambino di 4 anni che scompare durante la festa dei Krampus, una tradizionale manifestazione dei paesi alpini, in cui tutti si travestono da diavoli. Il piccolo ricompare cinque anni dopo, ma niente è come sembra: emergono i tormenti, le contraddizioni, i lati oscuri della nostra famiglia (il marito è interpretato da Filippo Nigro, ndr) e c’è un colpo di scena. Sul set sono stata malissimo».
Non le bastava pensare che era tutta una finzione?
«Purtroppo no. Ho pianto tutto il tempo perché ho incarnato il terrore di qualsiasi mamma, quello di perdere un figlio. L’ambiente non aiutava: abbiamo lavorato nella neve, a 11 gradi sotto zero. Nei momenti più difficili ho dovuto chiamare il mio psicologo e per quattro settimane non sono stata in grado di vedere i miei figli: il dolore non mi abbandonava. Quando interpreti una madre metti in gioco le emozioni che conosci, anche quelle negative».
E quali sono, per lei, i lati negativi della maternità?
«A volte mi sento inadeguata a crescere i bambini o scarico su di loro il mio nervosismo, temo di sbagliare. Ho scelto di fare un figlio a 25 anni con beata incoscienza: non mi sentivo ancora pronta, ma ora sono felicissima di essere una mamma giovane. Come una mia cara amica, l’attrice Giulia Michelini, che ha avuto un bambino a 20 anni. L’estate scorsa siamo andate in Brasile con i nostri figli, è stato fantastico».
Ogni volta che recita si coinvolge fino a soffrire?
«Solo se interpreto film che mettono a nudo le mie fragilità, il rapporto di coppia, gli incubi di ogni genitore. Ma girare In fondo al bosco mi ha fatto bene, ha esorcizzato le mie paure».
Come educa i suoi bambini?
«Con una certa severità. Niente parolacce, videogiochi solo un’ora al giorno e guai se dicono bugie. Bernardo e Romeo sono bravissimi e indipendenti, ma a volte, lo so, sono molto rigida».
Suo marito condivide questa sua linea “dura”?
«È più permissivo nella divisione dei ruoli. Lui è il “poliziotto buono”. Stiamo insieme da 14 anni e il nostro rapporto funziona perché è all’insegna dell’ammirazione reciproca e della libertà».
Non ha fatto mistero di aver sofferto di bulimia per ben 20 anni: oggi come si sente?
«Da un paio di anni sono serena. Ho recuperato l’equilibrio e non sono più vittima di disordini alimentari».
Come ha fatto a guarire?
«Con la forza di volontà e con l’aiuto di un bravo nutrizionista, che mi ha svelato i segreti del mio corpo. All’inizio mi sono data degli obiettivi limitati: stare due giorni, tre giorni senza vomitare il cibo ingerito. E non ho avuto paura degli eventuali fallimenti. Sono uscita dal tunnel perché ho imparato a volermi bene».
Era diventata bulimica perché voleva dimagrire?
«Il problema, nei disordini alimentari, non è mai il peso che vuoi perdere ma il malessere interiore che ti devasta. Io pativo il conflitto fra il desiderio di fare l’attrice e l’ambiente in cui sono cresciuta, ostile allo spettacolo. La lacerazione tra la voglia di apparire e la tentazione di sparire mi ha portato a essere bulimica».
Che cosa consiglierebbe a una ragazza che ha questo stesso problema?
«Di farsi aiutare a capire perché non si vuole bene, senza buttarsi giù se i primi tentativi di guarire falliscono. Dobbiamo accettare la nostra fragilità. Ma dei disordini alimentari bisogna parlare nelle scuole».
Lei è stata aiutata dalla famiglia?
«Sì, sono circondata da persone che rendono la mia vita migliore».
Camilla mi racconta che sta ideando nuove installazioni e si prepara a girare un film, Hai da spegnere?, nel ruolo di un’alcolizzata. «I personaggi dall’emotività esasperata mi attirano perché ho quattro dimensioni». Prego? «Sono un’attrice, una madre, un’artista, ma anche la ragazza di provincia di una volta». Nel nostro incontro, le identità di Camilla si sono manifestate tutte.
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