Il risvolto psicologico degli uomini a petto nudo che "fanno cose" sui social

Partiamo da qui: giocare con le convenzioni sociali e sfidare i suoi limiti, è il gioco più divertente per chi crea contenuti. E ce n'è uno che va fortissimo oggi: togliersi la maglietta. Dalla tv alla pubblicità fino ai social network non è più solo un trend: l'uomo a petto nudo sui social ha un impatto così potente da essere applicato oggi su Instagram e TikTok a qualsiasi ambito della narrazione digitale. Piace, punto e basta. Anche a chi non mette like ma non può fare a meno di guardare.
Oggi siamo qui per parlarne con il preciso intento di studiare e raccontare questo fenomeno dilagante, provando a comprendere attraverso concetti comunicativi e anche un po' socio-antropologici, il motivo per cui oggi l'uomo che si racconta sui social, lo si trova spesso a petto nudo anche in cose che non sono correlate a mondi dove il petto nudo è convenzionale come lo sport, il fitness, la danza, la moda.
Negli ultimi anni infatti l'uomo a petto nudo è popolare ai fornelli, nei mestieri artistici come il disegno o la pittura, nella produzione di oggetti artigianali, mentre cucina, produce o suona musica, fa il caffè o racconta la sua routine giornaliera. La domanda rimane: perché?
Prima delle possibili risposte, partiamo da chi i contenuti a petto nudo li produce.
Fenomenologia dell'uomo a petto nudo sui social
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Perché ci vestiamo?
Prima di chiederci perché ci spogliamo, varrebbe la pena chiederci perché ci vestiamo. È dagli albori della storia che coprirsi è sociologicamente e psicologicamente un modo per presentarci al mondo. Con il nostro vestiario diciamo chi siamo, come stiamo, quanto amiamo la moda ad esempio e mille altre informazioni che servono a esprimere l'unicità della nostra persona.
C'è un bellissimo video che ha fatto la storia di YouTube ed è di Vsauce, forse uno dei più importanti "divulgatori pop" della piattaforma che da sempre prova a spiegare cose banalissime in modo sorprendente. Un suo punto interessante sul tema è relativo a come la presenza di vestiario sia diventato nei secoli un segnale della nostra "non disponibilità" alla riproduzione sessuale e invece al fare altre cose, come lavorare, studiare, occuparci della crescita (sempre più complessa) dei più piccoli.
La semi-nudità sui social oggi è il corto circuito dei corto circuiti, perché nel mostrarci senza maglietta c'è lo scontro incidentale tra il tema della professionalità e quello della ricerca di attenzioni, per così dire, con un pretesto che fa capo alla sessualità. Due cose che sembrano incompatibili. Ed è proprio su questo corto circuito che si "scommette".
Le ragioni di chi produce contenuti a petto nudo
Partiamo dalla storia di uno YouTuber canadese per nulla famoso ma che ci aiuterà oggi nel comprendere il fenomeno. Si chiama James Taylor e più o meno un anno fa ha iniziato a condividere dei video mentre giocava a dei videogiochi ottenendo nella migliore delle ipotesi 141 visualizzazioni.
Il 2 novembre 2024, raccontando una sua disavventura sulla neve in due minuti di video, si è mostrato in bassissima qualità e (parzialmente) a petto nudo ottenendone… più di 6 mila. Da quel momento non ha mai smesso di spogliarsi. In alcuni video successivi è accidentalmente tornato a mostrare i videogiochi totalizzando meno di prima e riottenendo visualizzazioni solo nei video in cui la maglietta non c'è.
In un recente video ha deciso di spiegare i motivi per cui tutti i suoi aggiornamenti, oggi, sono senza maglietta.
Le ragioni che ha espresso partono dal fatto che per lui stare a petto nudo è perfettamente naturale (in casa) e lo diverte l'idea di sfidare il luogo comune per cui l'essere senza maglietta possa essere un limite alla fruizione di un contenuto che parla d'altro.
Dice che i contenuti condannabili sono altri e che gli piace l'idea di poter essere di ispirazione per altre persone mostrando il suo fisico allenato, non nascondendo di farlo (in ultima istanza) anche per i click.
La soglia dell'attenzione è bassissima
Una delle regole più importanti nella produzione di contenuti sui social, è sapere che la soglia di attenzione di una persona è in media inferiore agli 8 secondi e nei reel di Instagram e su TikTok, ancora meno: in media si sceglie di vedere un video in meno di due secondi, il tempo di individuare, se lo conosciamo, chi stiamo vedendo e capire di cosa parlerà.
Ed è qui che in molti casi interviene in soccorso la scelta di raccontarsi attraverso lo strumento della sessualizzazione, tecnica già molto studiata in ambito pubblicitario.
Da lì si parte: i nostri contenuti sui social sono spesso una forma di pubblicità relativa alla nostra persona o a un prodotto che vendiamo e i meccanismi che guidano i nostri comportamenti quindi, sono spesso sovrapponibili a quelli di uno "spot". Il "gancio", tornando al tema dell'attenzione, è la parte più importante di qualsiasi discorso comunicativo e quello del petto nudo è forse uno dei più universalmente usati.
La percezione del pubblico
Tra i tantissimi studi pubblicitari sul tema, ce n'è uno interessantissimo del 2023 chiamato "The Perceived Image of Nudity in Digital Adv and the Image of Nudity in Digital Advertisement".
Questa ricerca, attraverso il coinvolgimento di quasi 1500 persone, prova a comprendere il fenomeno della nudità mostrata nella pubblicità. Pochi intervistati hanno dubbi sul fatto che la nudità porti massima attenzione, ma anche sul fatto toccare quel tasto ha un impatto che arriva dritto all'archivio storico della nostra vita.
Ogni persona ne ha uno diverso e ne ha uno molto preciso, quasi unico come un DNA, in base al contesto in cui vive, alla persona che sente di essere, a ciò che lo circonda, alla religione e alla cultura alla quale appartiene e al momento di vita che sta passando. Insomma: tocchiamo un tasto che può scatenare il paradiso o... l'inferno.
Per questo motivo l'espressione del proprio corpo sui social è considerato un tema divisivo, perché genera nel pubblico uno spettro di emozioni molto variabile, decisamente poco controllabile e che in mezzo alla grande attrattiva comunicativa, può scatenare in alcune persone sensazioni di rifiuto o "inimicizia" verso chi quel prodotto lo produce.
Secondo il video divulgativo di Vsauce, le persone che mostrano timidezza o un senso di vergogna, sono quelle con cui ci si identifica più volentieri, cosa che non si può dire di una persona spavalda.
La nudità sa essere però ispirazionale, fortemente convincente, ma è una strategia che crea una forma di rischio. È come puntare sul colore rosso o nero alla roulette.
Quindi perché ci si mostra a petto nudo?
Gli studi di psicologia dei social media e di marketing convengono abbastanza in modo unanime sulle ragioni e gli effetti dell'assenza di maglietta.
Perché, quindi, c'è un uomo a petto nudo ogni volta che apriamo i nostri profili social?
Innanzitutto per la ricerca di attenzione, in un senso che non è necessariamente quello infantile, ma quello relativo all'interazione. Un contenuto è efficace non solo se si ricorda, ma se riesce a far discutere, anche non in modo positivo.
Qualsiasi contenuto che mostri qualcosa di bizzarro, di strano, di socialmente non convenzionale e capace di generare un'esperienza di stupore controllato, centra l'obbiettivo (farsi vedere), e può convincere (a farsi acquistare) ma non è detto che superi il test più a lungo termine (farsi amare).
L'assenza di abbigliamento, sempre secondo la ricerca, ha la curiosa capacità di riassumere o rendere del tutto essenziali le informazioni che trasferiamo alle persone. Una persona a petto nudo con un grembiule bianco viene percepita quasi certamente un cuoco, alla peggio amatoriale, mentre una persona con un maglione di lana e un cappello a tesa larga con un piatto in mano di tortellini, non lo sembrerebbe affatto.
In più, non esiste nessuna potenza di personal branding senza validazione: la "ricerca di favore" può essere ricercata dal pubblico o da potenziali investitori in vari modi (di certo non solo togliendosi la maglietta), ma rispondere alle pressioni sociali mostrando un certo tipo di immagine (non necessariamente conforme ai canoni, ma convincente) aumenta un "senso di approvazione" che crea delle sinergie (utili?) per ciò che si propone.
Capire se queste sinergie sono positive o negative è il punto su cui riflettere, perché a differenza delle aziende, non abbiamo gli strumenti per monitorare in modo preciso il comportamento (e i pensieri onesti) del nostro pubblico, che in un contesto improvvisamente molto affollato grazie a un video virale, è quasi impossibile da ascoltare.
E avere moltissima attenzione tutta insieme senza saperla gestire, è il nemico giurato di qualsiasi crescita, sui social e personale.
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