Chi era Walter Albini e perché il rilancio del suo brand è una notizia straordinaria per la moda italiana

La conferma ufficiale è di pochi giorni fa: il marchio Walter Albini sta per fare il suo grande ritorno. Responsabile del rilancio è Bidayat, società di Alsara Investment Group fondata da Rachid Mohamed Rachid - già presidente delle maison Balmain e Valentino e AD del fondo Mayhoola for Investment, cui le due griffe fanno capo - che ha acquisito la proprietà intellettuale e una parte sostanziale degli archivi dello stilista italiano.
A generare ancora più hype intorno alla news sono stati i rumors sul possibile ingresso dell’ex direttore di Gucci, Alessandro Michele, al timone creativo del progetto.
Design by Walter Albini, Milan, 1970 / Credit: Alfa Castaldi
Per il momento non ci sono conferme - né smentite - ma se confermata, la cosa avrebbe perfettamente senso. Allo stesso modo di Albini, il designer romano è stato il fautore di una rivoluzione del costume contemporaneo, lavorando su un’idea di moda innovativa e fuori dagli schemi.
A prescindere dai gossip, la vera notizia è che finalmente tornano ad accendersi i riflettori su una figura chiave della storia del costume contemporaneo, rimasta troppo a lungo nel dimenticatoio. Nella sua seppur breve carriera - interrotta da una morte prematura a soli 42 anni, nel 1983 - Albini ha dato un impulso straordinario al sistema moda, al punto da essere considerato il padre del prêt-à-porter italiano. Ma la sua rivoluzione è andata ancora oltre.
Chi è Walter Albini?
A portrait of Walter Albini, Milan, 1971 / Credit: Alfa Castaldi
Battezzato come Gualtiero Angelo a Busto Arsizio nel 1941, Albini mostra sin da piccolo un fortissimo interesse per la moda, passione che lo spinge ad abbandonare gli studi classici per frequentare - unico allievo maschio - l’Istituto d’Arte di Torino. Già a 17 anni inizia a collaborare con giornali e riviste come corrispondente, realizzando schizzi delle sfilate d’alta moda prima da Roma e poi da Parigi.
È qui che un giorno si imbatte in Coco Chanel, rimanendone folgorato, ed è sempre nella Ville Lumière che incontra Mariuccia Mandelli - meglio conosciuta come Krizia - per la quale, tornato a Milano, inizia a disegnare la maglieria al fianco di un giovane Karl Lagerfeld agli esordi. La collaborazione durerà quattro anni e gli permetterà di sperimentare con diversi materiali e tecniche, dallo studio dei filati alla produzione dei tessuti. Verso la fine degli anni ‘60 lavora per le principali case di moda italiane - come Billy Ballo, Cadette, Cole of California, Trell - incarnando la figura del moderno direttore creativo che si dedica contemporaneamente a più di un brand.
Le prime co-lab
Durante lo stesso periodo Albini imposta un nuovo rapporto - per la prima volta coordinato - tra il designer e il produttore. Un approccio che lo porta a ideare le prime co-lab, aprendo la strada alle partnership tra menti creative. Lavora con Etro alla creazione di tessuti stampati e in seguito con Ferré per la bigiotteria.
Il prêt-à-porter
Original sketch by Walter Albini, Milan, Circolo del Giardino 27th April 1971 / Credit: Bidayat
All’inizio degli anni ‘70 stravolge le dinamiche del settore presentando una sfilata di moda con il proprio nome, nella quale riunisce il lavoro di cinque produttori diversi. Si tratta di una novità senza precedenti in un periodo storico dominato più che altro da realtà monosettoriali (capispalla, maglieria, jersey, abiti, camiceria). Mettendo in relazione creatività, design e industria, getta le basi di quello che ancora oggi è il Made in Italy.
Lo stilista ha anche aperto la strada all'odierna Settimana della moda milanese, diventando uno dei primi designer a lasciare lo storico Palazzo Pitti di Firenze in favore della capitale meneghina, seguito da Caumont, Ken Scott, Krizia, Missoni e Trell. È la nascita del prêt-à-porter italiano. La stampa estera lo definisce «forte come Yves Saint Laurent».
La moda unisex, le collezioni co-ed, le seconde linee
Precursore della moda genderless, inventa l’uni-max: una proposta di capi senza alcuna distinzione di taglio e di colore per uomo e donna. Nel ‘73 produce una linea uomo-donna a suo nome, che presenta a Londra. In questo frangente adotta la formula - poi ampiamente imitata - di una prima linea dall’immagine forte, d’impatto e riservata a una clientela ristretta, sostenuta economicamente da una seconda collezione semplificata, pensata per un pubblico più ampio.
Ma non è tutto. Albini decide di far sfilare le sue creazioni con tempistiche diverse da quelle canoniche e in città differenti - Londra appunto, ma anche Venezia e Roma - rompendo nuovamente gli schemi e anticipando un trend che continua tutt’ora. Nel ‘75 lancia la prima collezione uomo indipendente e si cimenta persino con l’alta moda, progetto che si esaurirà nel giro di poche stagioni.
Il tema del revival
Designs by Walter Albini for Misterfox, Milan, 1971 / Credit: Alfa Castaldi
«Oggi nella moda non c’è più niente da scoprire, meglio raffinare l’antico e il suo buon gusto». Così lo stilista era solito rispondere a chi gli chiedeva quali fossero le ultime novità. Le sue creazioni hanno sempre ruotato attorno al concetto di revival, ossia la riproposizione e reinterpretazione dei temi della storia della moda.
Lo stilista guarda spesso al decennio tra il 1925 e il 1935, attualizzandolo con leggerezza. La sua moda è fatta di giacche destrutturate, pantaloni larghi, giacche-camicia, bermuda, capispalla, anfibi. Artefice del total look, lo mette in atto prima di tutto su se stesso, indossando i propri abiti e facendo coincidere il suo lifestyle con il suo stile creativo.
«Per me ogni vestito ha una storia: d’amore, di rabbia, di violenza. Ogni vestito è un momento, una persona, un posto e ogni vestito ha il suo ruolo, come in teatro. Per cambiare vestito bisogna cambiare attitudine e spirito e entrare in una nuova ‘parte’. Ogni volta, ogni stagione, ogni collezione».
Photo Credits in apertura: Designs by Walter Albini for Montedoro, Milan, 1971 / Credit: Alfa Castaldi
© Riproduzione riservata