Victoria Cabello: «Sono tornata per restare»

Victoria Cabello, 47 anni, è tornata in tv per restare. Prima ha lottato contro la malattia di Lyme e ha vinto lei. Poi ha partecipato al reality Pechino Express con l’amico Paride Vitale e anche in quel caso è salita sul podio più alto.
La risposta del pubblico, che l’acclama in tv e sui social, dice che la strada è quella giusta. In passato il suo accento britannico (la madre è inglese) e l’ironia spietata le hanno aperto le porte di molti programmi televisivi, tanti sono i momenti “epici” in cui è stata protagonista.
Come quando si è fatta massaggiare i piedi dall’attore John Travolta sul palco del Festival di Sanremo. O sposando la star George Clooney con un’incursione nelle vesti da Iena, durante una conferenza stampa a Venezia. Sebbene le sue gag ci abbiano fatto sognare, lei con i sogni ha un rapporto di cordiale diffidenza. «Ciò che sono oggi l’ho realizzato con le mie forze. Non con i sogni», dice.

Quindi lei non è una sognatrice?
«È difficile rispondere».
Perché?
«Se desidero qualcosa faccio in modo che accada, non passo il tempo a sognarla. Il lavoro ha sempre avuto un ruolo centrale nella mia vita. E certe volte è stato un problema perché ha sostituito gli affetti, la realizzazione personale e anche i figli».
Pensare troppo al lavoro non è una fuga?
«No, il mio mi ha fatto vivere esperienze incredibili, girare il mondo, incontrare persone uniche. Mi ha arricchita. Non sarei chi sono oggi».
Qual è stato il momento più bello degli ultimi tempi?
«In Giordania, quando sono uscita a fumare il narghilè con 12 donne che indossavano il velo. Parlavamo con gli sguardi. A un certo punto una di loro mi ha toccato i capelli e ha sorriso. Ho capito che voleva pettinarli e gliel’ho lasciato fare. Ha chiamato altri amici a vedere. Cercava di conoscermi a modo suo».
Qual è la sua virtù?
«Ho affrontato il programma come la malattia: “Sono in guerra, vediamo chi vince”. In generale, ho quella che viene definita faccia di tolla. Se penso un’idea non vedo mai la difficoltà, solo l’opportunità».
E il suo punto debole?
«Ho bisogno di abitudini e microsicurezze».
Ha dimostrato di non averle più.
«La verità è che le avevo create io quelle barriere e serviva qualcosa di dirompente per cambiare gli equilibri. È arrivato».
Paure?
«L’ansia è sempre legata alla malattia. Quando ti capita di averne una, fai fatica anche ad accettare la condizione di guarigione. Da qualche parte, nella testa, rimane una vocina che ti dice: “Potrebbe succedere qualcosa che ti riporta fuori equilibrio”».
È mai stata delusa al punto di fermarsi?
«Non riesco a pensare a qualcosa che mi abbia fermata. A parte quando non camminavo e non avevo alternativa. Ho detto no a tante cose».
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Testo di Annalia Venezia
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