Salvatore Nastasi: "Tutto il mondo ci guarda"

Quella di quest'anno è un'edizione speciale della Festa del Cinema di Roma, perché il festival compie vent'anni. Una ricorrenza importante per fare qualche bilancio e proiettare lo sguardo verso il futuro.
Anche quest'anno il cinema invaderà la città: dall'Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone al MAXXI, il pubblico potrà scegliere tra masterclass, proiezioni, incontri con attori e registi fino a musicisti italiani come Brunori Sas e Stefano Bollani. Ne abbiamo parlato con Salvatore Nastasi, presidente della Fondazione Cinema per Roma.
Come immagina il futuro di questo importante evento?
«Intanto possiamo dire che nel presente gode di un ottimo stato di salute. Abbiamo finalmente trovato un equilibrio fra le due anime della manifestazione: oggi è sia un festival internazionale, sia una festa del cinema. Ma questo non è un traguardo, è solo un punto di partenza. Per il futuro vogliamo puntare a diventare uno dei più importanti festival metropolitani al mondo, che sia un sostegno e una vetrina della produzione del cinema italiano e globale. Lavoreremo per incrementare il numero delle opere presentate, le sedi e il pubblico, che già lo scorso anno è stato di 110mila spettatori».
Quanto conta la dimensione internazionale rispetto alla promozione del cinema italiano?
«Ripercorrendo le ultime edizioni, la Festa ha presentato in prima mondiale alcuni dei grandi successi del nostro cinema come C’è ancora domani, Palazzina Laf, Berlinguer - La grande ambizione e Il ragazzo dai pantaloni rosa. Anche quest'anno sono stati selezionati diversi titoli che hanno le carte in regola per avere successo al botteghino. Tuttavia, all'interno della Festa, cerchiamo di trovare sempre un equilibrio con le produzioni internazionali. Quest'anno presenteremo film provenienti da 38 Paesi, dall'Europa agli Stati Uniti, dall'Asia al Sud America. E premieremo leggende come il produttore Lord David Puttnam, a cui sarà dedicata una retrospettiva con tre pellicole, e i registi Jafar Panahi e Richard Linklater. Un inglese, un iraniano e uno statunitense che parlano una sola lingua, quella del cinema, che sa attraversare le frontiere ed essere universale».
Il Premio alla Carriera all'iraniano Jafar Panahi è un segnale per sottolineare la difesa della libertà del cinema?
«Non abbiamo bisogno di proclami, per noi parlano i film e gli eventi in programma. Sosteniamo la libertà del cinema, di tutte le sue voci, in primo luogo di quelle che raccontano la complessità del tempo che stiamo vivendo, i traumi del presente ma anche gli echi del passato e le visioni del futuro. Panahi è sicuramente uno dei cineasti più autorevoli in questo senso. Alla Festa presenteremo anche il suo ultimo film, Un semplice incidente, vincitore della Palma d'oro a Cannes, lo scorso maggio».
Che tipo di cinema vorrebbe valorizzare di più? Quello d'autore, quello popolare o entrambi?
«Credo che la distinzione fra cinema d'autore e cinema popolare sia superata. La Festa è la casa degli autori indipendenti. La nostra è una manifestazione plurale che cerca di soddisfare tutti i tipi di pubblico, attraversa le arti (da Stefano Bollani e Rino Gaetano ad Alberto Arbasino e Lucio Corsi), supera i confini tra finzione e documentari, film e serie, riempie l'Auditorium e invade la città, dal MAXXI all'Olimpico, dalla Casa del Cinema ai Palladium, contaminando gli spettatori di questi straordinari luoghi di cultura».
La Festa può diventare un volano anche economico e turistico per la città di Roma? Lo è già?
«Da una ricerca realizzata un paio di anni fa, l'impatto economico totale della Festa è stato valutato in circa 25 milioni di euro. E nell'ultimo biennio il numero degli spettatori si è ulteriormente ampliato. Ma l'attività della Fondazione Cinema per Roma non è concentrata solo in questa grande Fe-sta, riguarda anche il resto dell'anno. Abbiamo organizzato, per esempio, le arene estive per i film: hanno ospitato 130 mila spettatori».
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