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Paola Malanga: "Il cinema ci unisce"

foto di Lucia Valerio Lucia Valerio — 15 Ottobre 2025
Malanga
Film, eventi, lezioni. In un tempo di scambi virtuali, dice la direttrice artistica Paola Malanga, la rassegna di Roma offre il piacere d'incontrarsi

Sul tappeto rosso tra i più lunghi al mondo che attraversa le architetture dell'Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone sfileranno i protagonisti del cinema italiano e internazionale ospiti della Festa del Cinema di Roma. La direttrice artistica della manifestazione, Paola Malanga, spiega che cosa ha ispirato questa ventesima edizione, animata da un ricchissimo programma, incontri, masterclass, dialoghi tra autori.

È una Festa del Cinema molto articolata e ricca di appuntamenti. Come fa a stare dietro a tutto?
«Si fa. Con passione, impegno e una certa fatica, perché i tempi sono strettissimi».

Che cosa rende speciale questa edizione?
«La Festa del Cinema nasce, appunto, come festa e ha vent'anni di storia. Negli ultimi tre, questo è il quarto, ci sono anch'io, e desideravo riportare un concorso e un premio trasversale, che è quello alla migliore opera prima. A partire da questa edizione ho aggiunto un riconoscimento al miglior documentario. Partecipare a una competizione è sicuramente più attraente non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per il pubblico. Nella campagna promozionale, abbiamo privilegiato il nome internazionale, Rome Film Fest perché unisce festa e festival e corrisponde appieno allo spirito di questa manifestazione. Ho pensato a quanti vanno al cinema spesso, ma anche a chi ci va poche volte, e che dopo la Festa di Roma mi auguro frequenti più spesso la sala».

Cè molto cinema internazionale e cinema italiano giovane.
«Siamo a Roma e il cinema italiano ha naturalmente un ruolo da protagonista, ma le nuove generazioni hanno fatto l'Erasmus, hanno frequentato altri Paesi e capitali molto più di quanto succedeva un tempo e di conseguenza sono più aperte a proposte internazionali di ogni tipo».

Quali sono le scelte più difficili nella selezione dei film?
«Sono tanti i film che mi hanno colpita e ogni scelta è stata complicata. È una festa, non una "bolla": la realtà di oggi è drammatica, riguarda tutti e richiede una presa di coscienza collettiva. Senza dimenticare che il cinema è terapeutico, fa sognare, sorridere e ridere».

La Festa di Roma è anche incontri, masterclass, eventi collaterali. Quanto contano oggi?
«La Festa è un periodo straordinario: per 10 o 11 giorni ci si ritrova insieme in un contesto che offre varie esperienze a partire dal film in sala. I momenti di approfondimento, gli incontri con i protagonisti e le occasioni di condivisione con gli spettatori sono estremamente utili, soprattutto in un'epoca che si affida sempre di più a scambi virtuali. La fisicità è la caratteristica di un festival del cinema e la Festa di Roma non fa ecce-zione: è un'immersione che consente di vedere molti film, ma anche di conoscere persone nuove, di far nascere amicizie, magari amori».

Come sono cambiati i festival nell'era dello streaming?
«Le piattaforme sono un mezzo utile soprattutto in determinate situazioni: penso a chi non può recarsi fisicamente in una sala cinematografica. Dopodiché io penso che un'immersione fisica in una sala buia con amici, conoscenti e altri sconosciuti sia insostituibile. Qui vedremo, sul grande schermo, film bellissimi che non andranno nelle sale, come Il falsario, diretto da Stefano Lodovichi, oltre naturalmente alle serie tv e streaming».

Quanto conta sostenere parità di genere e diversità nei festival?
«È fondamentale, purtroppo. E dico purtroppo perché vuol dire che siamo lontani dall'averla raggiunta. C'è bisogno di sensibilità femminili, siamo in un periodo piuttosto buio, ma allo stesso tempo viviamo cambiamenti mai visti prima. Le donne non devono autocensurarsi perché di storie femminili, autrici, registe e operatrici cè bisogno anche per cambiare lo sguardo. Fortunatamente ci sono anche uomini che ci camminano accanto e dai quali ci sentiamo rappresentate quando portano il mondo femminile sullo schermo».

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