ZUZU, Miriam e Giulia interpretano gli occhiali della collezione eyewear di Gucci e si raccontano nella nostra intervista
Tre donne creative e carismatiche che, in un’atmosfera intima e confortevole, conversano, riflettono e si raccontano, con addosso montature eclettiche che rispecchiano appieno la loro forte personalità e che danno un tocco inaspettato al loro look: è così che Gucci ci presenta la nuova collezione eyewear, con uno shooting inedito che ci fa fare un viaggio a ritroso nel tempo e ci riporta indietro fino ai mitici anni ’90.
A interpretare i nuovi occhiali della collezione, Giulia Spagnulo (in arte ZUZU), Miriam Fahim e Giulia Fontana, tre giovani talenti che con la loro determinazione e il loro forte temperamento sono già riuscite a raggiungere traguardi importanti.
In questo servizio di Gucci sfoggiano gli occhiali da sole e da vista della nuova collezione del brand e indossano capi e accessori con cui riescono a esprimere al meglio la loro creatività.
In una mini intervista, ZUZU, Miriam e Giulia ci rivelano qualcosa in più della loro vita, del loro lavoro e dei loro progetti futuri e ci svelano anche qualche piccola curiosità sul loro rapporto con gli accessori e in particolare con gli occhiali.
L'intervista a ZUZU
Che cos’è per te la creatività? Come funziona per te il processo creativo e come riesci a sviluppare le tue idee e a trasformarle in disegni?
Il mio processo creativo è un insieme di forze che collaborano: la curiosità per il fuori e per il dentro, lo sguardo con cui alimento questa curiosità e una penna o una matita con cui cerco di fermare su carta questo sguardo. La fatica sta nel trovare il giusto equilibrio, perché se la curiosità prevarica non ci sono la pausa e la noia, condizioni necessarie per produrre idee. Se lo sguardo prevarica la creatività si trasforma in esercizio di stile. E infine se prevarica la penna si invertono i ruoli, e io mi trasformo da autrice a strumento della penna.
Qual è stato il tuo progetto più impegnativo? E quello più gratificante?
Mi piacerebbe rispondere a entrambe le domande dicendo che sarà il prossimo a cui lavorerò. Se avessi già provato una vera gratificazione per quello che faccio probabilmente non farei nulla di nuovo. Ma abbandonando le dovute scaramanzie dirò che è stato il mio primo libro: “Cheese”. Vederlo finito e nelle mani di altre persone mi commuove.
Che rapporto hai con gli occhiali? Qual è il modello che rispecchia di più la tua personalità e il tuo stile?
Per me lo stile, la moda, e il make-up restano un gioco di ruolo. Da piccola li usavo per trasformarmi e interpretare dei personaggi. Gli occhiali sono fra tutti l’accessorio più determinante. Un paio di occhiali ha il potere di farmi sentire diva, crudele, gentile, romantica, dura, misteriosa, aliena, bambina, donna, ZUZU. Per questo non ho un modello che mi rispecchia più di altri, almeno non in assoluto. Oggi ne ho uno, domani un altro. Avere stile per me significa essere autentici, e io per essere autentica devo cambiare continuamente.
L'intervista a Miriam Fahim
Come hai iniziato questo lavoro? Quando hai capito cosa volevi fare da grande?
Può sembrare un cliché ma è davvero successo per gioco: poco più di un anno fa una mia amica make up artist convinse Stefano, il mio ragazzo, nonché talentuoso fotografo, a fare qualche scatto insieme. Le foto ebbero un relativo successo e dopo qualche tempo, complice un graduale slancio generale nei confronti della diversificazione dei talenti coinvolti e di una più coerente rappresentazione, mi sono ritrovata su vari set a vivere sulla mia pelle un’esperienza che fino a poco tempo prima mi sembrava quasi inaccessibile. Non ho mai saputo davvero cosa avrei voluto fare da grande, sono generalmente una persona risoluta e decisa, ma la mia concezione del futuro è rimasta in continua evoluzione: ogni consapevolezza che acquisisco dal confronto quotidiano con le mie paure e incertezze mi permette di aggiungere un tassello in più alla prospettiva di questa fantomatica me “da grande”, e tutto sommato, mi sembra stia andando piuttosto bene.
Lavori sia davanti allo schermo che dietro le quinte: cosa ti piace di più? Dove riesci a dare il meglio di te?
Sono entrambe responsabilità che mi entusiasmano: mi piace essere consapevole di avere la situazione sotto controllo, fare in modo che ogni aspettativa che si viene a generare da un progetto di cui sono responsabile converga poi nella realtà, ma soprattutto avere la soddisfazione di quando, insieme al mio team, raggiungiamo gli obiettivi che ci siamo prefissati. Nelle circostanze in cui, invece, mi trovo di fronte ad una fotocamera, sono davvero felice se si riesce ad instaurare un rapporto di complicità con la persona che si trova, invece, dietro all’obiettivo: l’intesa e la reciproca creatività si riflettono nelle immagini che vengono realizzate ed è sempre una grande sorpresa.
Che rapporto hai con gli occhiali? Qual è il modello che rispecchia di più la tua personalità e il tuo stile?
Ho un rapporto di totale subordinazione e necessità. Porto gli occhiali da vista da quando ho 3 anni e da allora sono inseparabili compagni di avventure (e disagi). Fino a un paio di anni fa avrei considerato inconcepibile sostituirli con delle lenti a contatto, cosa che ogni tanto ultimamente succede: inconsciamente sono stati, per un tempo esageratamente lungo, la mia coperta di Linus, ultimo baluardo di comfort zone che finalmente sono riuscita a superare ma che ora ho imparato ad apprezzare “nitidamente”. I modelli che mi rispecchiano di più al momento sono lineari, hanno montature semplici che nel complesso risultino eloquenti e di carattere.
L'intervista a Giulia Fontana
Com’è nata la tua passione per la musica? Dove trovi l’ispirazione per scrivere le tue canzoni?
Non ho un ricordo preciso di come sia nata perché c'è un po' sempre stata. Da quando sono piccola la musica gira per casa mia anche se fino ai 13 anni l'ho assorbita solo da ascoltatrice. Mio padre è un audiofilo, ha centinaia di vinili. Per esigenza personale l'ho portata al livello attivo, iniziando a suonare e scrivere. È naturale elaborare quello che mi succede così, penso sia un linguaggio molto diverso da qualsiasi altra cosa. Mentre scrivi o produci indaghi te stesso ed è un processo istintivo che non trova corrispondenze nel linguaggio parlato, è un'altra dimensione di espressione.
Quale genere musicale ti rappresenta di più? Quali sono i tuoi artisti preferiti e le tue canzoni del cuore?
Mi piacciono tante cose diverse. Oggi penso che nessuno ragioni più a generi. A testimonianza di questo, gli ultimi pezzi che ho salvato su Spotify: “The difference” di Flume e Toro y Moi, “1400” di Generic Animal, “Paperbacks” di Arlo Parks, “Судно” di Molchat Doma. Il mio dio rimane comunque Justin Vernon.
Che rapporto hai con gli occhiali? Qual è il modello che rispecchia di più la tua personalità e il tuo stile?
Con gli occhiali da vista ho un rapporto molto stretto dato che sono ultra miope da quando ho 14 anni. Amo le montature round metal. Di occhiali da sole invece ne ho un sacco, il mio preferito è un modello vintage che usava mia mamma molti anni fa.
Concept: Sara Moschini
Foto: Valentin Hennequin
Assistente Foto: Giacomo Colombo
Video: Michele Giannantonio
Styling: Francesca Crippa
Art Director & Producer: Gloria Bertuzzi
Sitting editor: Daniela Losini
MUA: Silvia Sidoli
Hair: Erisson Musella
Assistente sul set: Ana Maria Matasel
Talent
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