Valeria Oppenheimer: professione Fashion Reporter


Ogni volta che ci vestiamo, raccontiamo al mondo chi siamo o chi vorremmo essere. Proprio per questo ho sempre amato l’aspetto sociale e culturale della moda e considerato l’abbigliamento, prima di tutto, un processo di espressione e comunicazione.
Del resto sono una ex ragazzina degli anni ’90, quelli in cui la moda era costantemente al centro dell’opinione pubblica, le sfilate andavano in onda in TV e lavorare nel Fashion System era un sogno condiviso da molte persone. Ecco, tra quelle persone c’ero io.
Sono entrata nel sistema giovanissima lavorando come modella e l’ho fatto per diverso tempo, partecipando anche a sfilate “storiche” come quella trasmessa in televisione ogni estate con il titolo di “Donna sotto le stelle”, evento che per anni è andato in scena a Roma sulla scalinata di Trinità dei Monti in piazza di Spagna e che riusciva a catalizzare gli occhi degli italiani sulle creazioni dei più importanti stilisti del mondo. Chissà quanti ancora ricorderanno la magia di quelle serate…
A Roma, la mia città, le agenzie di moda collaboravano spesso con le produzioni televisive e così, provino dopo provino, mi sono ritrovata a soli 21 anni a lavorare in Rai come inviata, poi conduttrice, autrice e nel frattempo mi sono laureata in Comunicazione con una tesi dedicata agli allora nascenti fashion blog.

La fashion reporter Valeria Oppenheimer davanti alla telecamera mentre gira un servizio
Il mio desiderio era quello di dar vita a uno show sulla moda e quando all’ennesimo provino, stavolta per la Webradio della Rai, mi è stato chiesto di ideare un format, ho colto l’occasione al volo, messo insieme i miei studi universitari e l’esperienza che avevo e ho inventato un programma collegato a un blog. Il primo fashion blog della Rai. Essere “pionieri” è sempre un vantaggio e aver messo in piedi un progetto all’epoca decisamente innovativo mi ha dato la possibilità di farmi notare, così eccoci qui, di nuovo in TV.
Il lavoro che ho scelto - e che in realtà un po’ mi sono creata su misura con il passare degli anni - il mestiere della fashion reporter, mi ha insegnato che tra quello che è il senso della moda per gli insider del settore e quello che piace alla gente c’è un enorme divario. Colmare questo distacco è il senso della professione che svolgo. Penso che la moda, prima di tutto, sia un incredibile motore che non solo rende felici le persone ma crea cultura, condivisione oltre a essere, ovviamente, un traino fondamentale dell’economia di diversi Paesi del mondo, il nostro in particolare.

Valeria Oppenheimer durante un servizio in esterna
Un fashion reporter, che in italiano potremmo tradurre come “inviato di moda”, è tecnicamente chi va alle sfilate, nelle aziende, negli atelier, nei laboratori artigianali e crea dei contenuti per il pubblico che poi vengono divulgati attraverso i più disparati mezzi di comunicazione. Ad esempio molti giornalisti del TG sono reporter di moda, ma i loro servizi hanno un taglio molto tecnico e i loro volti, a differenza del mio, difficilmente vengono svelati.
Nel mio caso specifico i contenuti che creo vengono trasmessi in TV (Rai) e io sono un’autrice televisiva. Il mio compito è quello di portare la moda dentro le case delle persone ma anche nelle palestre, nelle sale d’attesa degli studi medici, negli ospedali e chi più ne ha più ne metta. La televisione, con tutti gli innegabili e innumerevoli difetti che ha, riesce però ad avere un incredibile pregio: il potere di arrivare alla gente. Persone di tutti i tipi, tutte le età, tutte le classi sociali, esattamente come la moda, o almeno con quell’idea di moda che nonostante la crisi profonda del settore e tutti i problemi che si porta dietro, riesce ancora a emozionarci.

Valeria Oppenheimer durante la registrazione di un servizio alle sfilate di Milano - foto Giuseppe Sorrentino
Quello che faccio è raccontare il sistema attraverso i suoi protagonisti, che siano fashion designer sulla cresta dell’onda o startupper o ancora artigiani che grazie alle loro mani sapienti riescono a dar vita a ciò che tutto il mondo ci invidia: il Made in Italy. La narrazione a cui quotidianamente mi dedico, porta gli spettatori dietro le quinte della moda, dai backstage alle fabbriche, alle piccole sartorie.
La prima fase di ogni servizio è quella creativa, mi preparo studiando le tendenze, le novità, gli argomenti di cui parlare e pianificando ogni step nei dettagli. Poi mi dedico alla scrittura, perché con il tempo ho capito che non c’è nulla di più funzionale di un’intervista ben impostata fin da subito. Chi guarda ha l’impressione che tutto avvenga in modo molto spontaneo e naturale, la verità è che io lascio davvero ben poco al caso.
Spesso cerco storie che difficilmente il pubblico conosce, sapevate ad esempio che esistono filati realizzati con il latte scaduto? Quando l’ho scoperto, ho girato immediatamente un servizio su questo argomento.

L'intervista allo stilista nel backstage delle sfilate è un momento importante del lavoro di fashion reporter - foto Giuseppe Sorrentino
Per raccontare le storie che scelgo viaggio moltissimo, attraverso l’Italia in lungo e in largo perché le riprese si fanno sul campo e talvolta le location sono molto diverse da ciò che ci si aspetterebbe dal mio mestiere. Lo scorso anno, ad esempio, ho raccontato il lavoro di due giovani imprenditrici che hanno trovato il modo di realizzare dei tessuti usando il marmo, perciò ho deciso di intervistarle direttamente dentro una cava. La moda non è solo glamour, la differenza la fanno l’ingegno, la visione, le idee e in questo noi italiani siamo imbattibili.
Quella delle riprese è decisamente la fase più accattivante del mio lavoro, oltre a essere sicuramente il momento più divertente è anche quello in cui incontro fisicamente i protagonisti dei servizi e faccio di tutto per rendere al meglio non solo quello che fanno, ma anche la loro personalità. Gli ospiti che scelgo non sono sempre “famosi”, ma sicuramente rappresentano il Fashion System in ogni suo aspetto e credo che sia proprio questo il valore aggiunto di ogni reportage.
Spesso nell’opinione comune la moda viene rappresentata come un settore frivolo e ad appannaggio esclusivo di élite molto ristrette. Penso che chi svolge un mestiere come il mio abbia il dovere morale di mostrare al pubblico che oltre alle tendenze e al lusso c’è molto di più. Ci sono le sarte che da 40 anni cuciono 10 ore al giorno, ci sono i designer emergenti che sognano di vedere sfilare le proprie collezioni e nel frattempo fanno fatica ad arrivare a fine mese, ci sono gli operai delle fabbriche, ci sono tante dinamiche che sono difficili da immaginare, ma che se riprese dalle telecamere allora possono essere raccontate e soprattutto comprese da chiunque. Il mio più grande desiderio è proprio quello di far innamorare della moda chi non la conosce, chi non la capisce perché, semplicemente, non gli è stata mai mostrata per quello che davvero è.
Dopo le riprese, arriva la fase di montaggio. Qui, il mio lavoro si trasforma: con l’aiuto di un team di montatori, scelgo le immagini più significative, aggiungo commenti, effetti e musica per creare un servizio coinvolgente e dinamico. È come mettere insieme i pezzi di un puzzle per raccontare una storia che possa emozionare e informare chi la guarda.

Valeria Oppenheimer e il team di operatori che la seguono nella realizzazione dei servizi - foto Giuseppe Sorrentino
Penso che chi, come me, ha la fortuna di svolgere la professione che ha sempre desiderato, abbia anche molte responsabilità. Non si tratta solo di dare il valore che merita a un settore che spesso è bistrattato e mal capito, ma in questo momento più che mai sento il dovere di impegnarmi ogni giorno per fare della moda un racconto onesto e veritiero e sostenere il Made in Italy con i mezzi che ho a disposizione.
Essere una fashion reporter significa vivere ogni giorno la moda intensamente, toccando con mano creatività, passione e tanta energia. È un lavoro che mi permette di condividere con gli altri il mio amore per questo universo e ogni volta che finisco un servizio provo una grande soddisfazione, quella di aver raccontato una storia appassionante.
Credits:
Foto in cover Luca Latrofa
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