Sandra Gladanac Violante la conosciamo sui social come Lady Violante, il suo canale Instagram è un tripudio di colori, abiti svolazzanti, eleganza e buon umore. Nata e cresciuta nella ex-Jugoslavia, oggi vive e lavora a Milano. L’interesse e l’amore per la moda hanno origini proprio in quegli anni difficili, quando le fotografie sui giornali di moda erano l’unica evasione concessa dalla guerra. La lotta quotidiana di Sandra è contro i canoni forzati che raccontano di un’eleganza legata a delle misure e a una taglia specifica. Proprio come Marina Rinaldi, in prima linea sin dagli esordi nel creare abiti pensati per tutte le tipologie di donne, Sandra sogna un mondo dove parole forzate come “curvy” non debbano più esistere. Semplicemente perché ognuno di noi è unico, a modo suo. Scoprite cosa ci ha raccontato nell’intervista.
Ciao Sandra, qual è il ricordo più positivo legato a un capo d’abbigliamento che conservi e vorresti condividere?
Questa è una domanda difficile viste le dimensioni del mio armadio, ma vi posso dire quello più recente: un abito in chiffon che ho scattato durante un servizio fotografico. Era giugno 2020, appena usciti da un lockdown rigido e non mi sentivo per niente in forma, ma quel shooting è stato liberatorio. Lo scatto è stato fatto su una balaustra di scale: per una che soffre di vertigini è stato tremendo, ma mi sono sentita “empowered” e bella come mai prima. Ora è nel mio armadio e ogni volta che lo metto provo quella sensazione, e mi ricordo che ho razzolato quel che ho predicato per tanti anni, ossia amarsi a prescindere dalla taglia che indossi. Farlo davanti al pianeta intero è stato meraviglioso.
Design: Amphorae vaso di Materia Creative Studio; disegni 10x15 di Irene Balia; cuscino Roses di Seletti wears Toiletpaper
In una tua intervista su Grazia parli dell’abito intero come tuo capo preferito. Quali sono le caratteristiche dell’abito ideale?
Se potessi vivere in abiti da sera, lo farei. Amo la sensazione dell’eleganza, la postura che cambia, e la delicatezza di modi che ci vuole per muoversi in un abito lungo. Nella vita di tutti i giorni l’estetica preferita è quella del new look: punto vita definito, gonne ampie e piene. Per quanto mi piaccia sperimentare, se voglio sentirmi bene, elegante e a pieno agio con me stessa, sarà quella la mia scelta.
« Il vero cambiamento avviene nel momento in cui body positivity diventa non necessario: nessuno viene additato come strano »
Credi che il concetto di body positivity sia cambiato nel corso del tempo? Se sì, in che modo?
È cambiato, nel senso che ora è strumentalizzato. Una serie di circostanze storiche ci ha portati a confrontarci in modo piuttosto violento con i concetti di privilegio, mancata inclusività e stereotipi estetici perpetuati da decenni che escludevano troppi. In concreto, con pochissime eccezioni, i brand più famosi utilizzano modelle curvy per una sfilata o due, per far vedere che sono in contatto con la nuova realtà, salvo poi tornare alle vecchie abitudini in silenzio, e se ne guardano bene dall’avere taglie oltre la 46 nei negozi. Quindi, andiamo bene quando serve un token da mostrare, ma non quando bisogna passare ai fatti e aprirsi a un mercato fino ad allora oscurato e gestito con successo da realtà che le donne le rispettano seriamente, ma che vengono liquidate con una certa dose di sufficienza come “fuori norma” e “per vecchie”. Il vero cambiamento avviene nel momento in cui body positivity diventa non necessario: nessuno viene additato come “strano” e non vi è bisogno di inventarsi nickname socialmente accettabili ma altamente ipocriti come curvy, che usa un anglicismo per coprire lo spregiativo grassa. Sono corpi: ognuno è valido senza se e senza ma, e merita rappresentazione.
Design: tavolino Pillar di 101 Copenhagen, Archiproducts
Si parla molto di accettazione del proprio corpo quando in realtà si tratta di una vera e propria liberazione da stereotipi. Che ne pensi?
Spesso le persone mi sottolineano sui social quanto io sia gioiosa, allegra e a mio agio con me stessa e il mio fisico, sorridente nelle foto, quasi fosse un merito, un atto di eroismo. Questo deriva in parte dalla maturità dei miei quarant'anni ma soprattutto dalla consapevolezza che le opinioni, ristrettezze mentali, e gli stereotipi degli altri hanno rilevanza pari a zero nella mia vita. Non sono un’anaffettiva e certamente a volte rimango ferita da commenti, ma due minuti dopo mi rendo conto che se quelle persone pensano sia accettabile applicare con violenza i loro stereotipi sugli altri, il problema sono loro, non io. La risposta migliore a quelle gabbie mentali è amarsi e lasciarsi amare. Il resto svanisce da aria fritta quale è. I cambiamenti iniziano da lì.
Che ruolo ha il linguaggio nella costruzione di una visione più inclusiva?
Le parole contano, e contano tantissimo. Io non amo molto la parola inclusività (al pari di tolleranza) per un motivo: sembra quasi che la controparte dimostri grande bontà d’animo e permetta a chi è diverso di partecipare in un mondo che fino ad allora gli era precluso, creando ulteriore divisione. Normalizzare corpi, colori di pelle, religione, usanze diverse, questo per me è l’ideale al quale aspirare, perché nessun mosaico viene composto da pezzi tutti uguali. Se un certo tipo di linguaggio è talmente intrinseco nel nostro modo di fare, lavorare e pensare, ed è palese che sia dannoso, è da lì che bisogna iniziare. Non sono “solo parole”: “una taglia normale” implica automaticamente che le altre non lo siano. Ma normale per chi? Chi lo decide cosa è valido e cosa no? E i “non normali” cosa devono fare, sparire? Se le parole feriscono altri, è tempo di cambiarle. Il resto sono solo scuse e ignoranza.
Design: lampada Sata Pt di Vistosi, Archiproducts
Come vorresti che fosse la moda del futuro?
Meno concentrata sulla vendita facile e veloce e più in contatto con la nuova realtà del nostro secolo. Più consapevole del mondo in continua evoluzione e di sicuro non composto da elementi fatti con lo stampino. Ci vuole più impegno, più studio e più coraggio per andare contro la logica del mero contabile, per arrivare all’arte della creazione.
Mi piacerebbe vedere un mondo moda meno sfacciatamente elitario, e avere delle conversazioni significative con brand che hanno ogni mezzo per fare la differenza, ma ancora non si muovono. Gli interlocutori ci sono, basta decidere di volere essere il cambiamento, non solo predicarlo.
Potete acquistare i capi della collezione di Marina Rinaldi per la Primavera-Estate 2021 online su marinarinaldi.com.
Credits
Talent: Lady Violante
Foto: Paolo Colaiocco
Video: Michele Giannantonio
Stylist: Thais Montessori Brandao
Mua: Ginevra Pierin
Hair: Rodrigo DeSouza e Erisson Musella
Set Design: Elisabetta Boi
Produzione: Take Off Production
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