La ragazza dei sogni

Qualcuno ha detto che i sogni più importanti sono quelli che si fanno a occhi aperti. Etienne non poteva essere più d’accordo. Fin da piccola quando si svegliava iniziava a sognare mille e mille storie fantastiche, che si fermavano solo di sera, quando poggiava la testa sul cuscino. All’inizio la cosa aveva un che di miracoloso.

Negli anni dell’asilo era considerata quasi una bambina prodigio, l’unica che inventava le favole invece di farsele raccontare dai grandi, invitata da tutte le famiglie che volevano un po’ di pace perché catalizzava l’attenzione dei suoi coetanei meglio di Tata Matilda. Ma già durante l’adolescenza si accorse che la sua dote stava diventando più ingombrante che utile.

I ragazzi le chiedevano storie per conquistare le altre. Le amiche volevano dei racconti per consolarsi o per divertirsi. E per tutti Etienne era “la ragazza dei sogni”, da cui i coetanei, dopo i primi momenti, stavano garbatamente alla larga, nonostante la sua bellezza luminosa e l’espressione dolce che ricordava un cerbiatto con gli occhi allungati. Crescendo attirò presto l’attenzione dei media e divenne la più giovane responsabile della programmazione di un gruppo televisivo.

Eppure il successo non aggiungeva nulla a quel senso di vuoto. Così tanti sogni, così tutti inutili… Fu mentre giravano l’ennesimo episodio di una sua storia che avvenne qualcosa di speciale. Il set era allestito su una spiaggia in Sicilia, già affollata all’alba di figuranti e tecnici. Etienne non riusciva a dormire e cercava di rilassarsi con il rumore del mare, di non pensare al suo trentesimo compleanno così vicino, mentre i soliti sogni si accavallavano nella mente.

Fu allora che vide quel ragazzino, non era certo una delle comparse, avvicinarsi al tavolo della colazione e prendere voracemente qualcosa da mangiare. Si avvicinò piano per non spaventarlo e gli parlò in francese, la lingua di sua madre. A questo suono la diffidenza si sciolse in un racconto: il bambino non aveva più famiglia, si era intrufolato in un barcone verso l’Italia e ora non sapeva più cosa aspettarsi.

Que puis-je faire? Ripeteva. Etienne fece per attingere meccanicamente al suo serbatoio di sogni, come faceva ogni volta che voleva chetare il malessere di qualcuno. E improvvisamente lo sentì vuoto, un vuoto che la fece quasi svenire. Cadde in ginocchio sulla sabbia, il ragazzino fece un passo indietro per la paura e poi tornò vicino e le mise una mano sui capelli, una carezza lieve. Ecco, pensò Etienne, un bambino, orfano, solo, disperato, qui a consolare me.

Sentì dentro di sé un nuovo spazio per il respiro, sentì le parole arrivare chiare, libere e pulite e sentì nascere un’idea. Guardò negli occhi il bambino e disse: Anch’io non so cosa fare, possiamo farlo insieme. Si sentì piena di vita, di coraggio, di desideri. Allora è così che erano fatti i veri sogni.

E al risveglio, il sogno realizzato
di una pelle rimpolpata e piena.
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