Hillary Clinton è ufficialmente in corsa per diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti. Per la prima volta nella storia degli USA, un grande partito ha candidato una donna alla presidenza.
«Abbiamo appena rotto il più alto soffitto di vetro nella nostra storia», ha dichiarato la neo-candidata del Partito Democratico.
L'annuncio della sua discesa in campo risale a poco più di un anno fa, a domenica 12 aprile 2015, quando è arrivata la conferma in una e-mail inviata dal consigliere John Podesta e rilanciata (ovviamente) su Twitter.
Senza entrare nel merito politico delle sue posizioni, la candidatura dell’ex first lady assume un’importanza cruciale per le donne di tutto il mondo, sia in virtù degli accadimenti che l’hanno portata a diventare una figura di riferimento del panorama (non solo) politico statunitense, sia per quella nuova primavera che sta godendo il movimento femminista in tutto il mondo.
Ma quali sono, a prescindere dalla posizione ideologica, i vantaggi di un Presidente donna?
Quali gli insegnamenti da portare a casa, comunque vadano le cose?
Ne trovate nove nella gallery.
Cosa imparare da Hilary Clinton
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La tenacia di non arrendersi e di riprovarci La decisione di Hillary Clinton insegna a tutti che – se si è convinti di avere in mano delle carte vincenti – è giusto perseguire i propri scopi anche se questi non sono stati raggiunti al primo tentativo. L’ex first lady infatti aveva già annunciato la propria candidatura alle primarie del proprio partito per la presidenza in occasione delle elezioni del 2008, finendo sconfitta da Barack Obama: dopo aver accettato l’incarico offertole dal presidente eletto di divenire il 67° Segretario di Stato degli Stati Uniti dal 2008 al 2012, ha poi lasciato la carica a John Kerry nel 2013 per iniziare a preparare la sua lenta ma instancabile rivincita. L’annuncio di poche ore fa, con cui è diventata ufficialmente la prima donna in corsa per la presidenza negli Stati Uniti, è la conferma che credere fermamente in se stessi è la chiave per non arrendersi di fronte a qualsiasi disfatta, sia essa di natura politica, lavorativa o personale.
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La sicurezza di promettere solo il meglio La signora Clinton ha dato dimostrazione di non temere l’innalzamento delle aspettative riguardo la sua corsa alla Casa Bianca. Nel video pubblicato sul suo sito internet «hillaryclinton.com», con cui aveva annunciato in prima persona la sua discesa in campo, ha dichiarato: «Ogni giorno gli americani hanno bisogno di un campione. Io voglio essere quel campione. Mi sto preparando a fare qualcosa, correrò per diventare presidente» Cosa bisogna dedurne? Che forse quella spesso finta umiltà a cui molti sono stati abituati non paga: la filosofia tipicamente made in USA del «Go big or go home» è la chiave per raccogliere consensi – non solo in politica – e far sì che le persone si coalizzino dietro a un leader forte, determinato, consapevole di ciò che desidera ottenere. La mancanza di autostima è un peccato che oggi si sconta a caro prezzo.
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L’abilità di costruire relazioni proficue «È stata un Segretario di Stato eccezionale, e sarebbe una eccellente Presidente»: così Barack Obama ha commentato a suo tempo l’annuncio di Hillary, sancendo un asse mai apparso così solido. Il capo uscente della Casa Bianca, non ha potuto che elogiare il lavoro svolto dall’ex first lady durante il proprio mandato: la sua dedizione e serietà sono state talmente inappuntabili da farle guadagnare il sostegno dell’uomo più potente del mondo, e ciò non sarebbe potuto accadere se la signora Clinton si fosse mostrata risentita per la propria sconfitta nel 2008 e non si fosse impegnata ad appoggiare le scelte di quello che era il proprio avversario. Ecco perché a volte l’atteggiamento vincente consiste nel deporre le armi in favore della cooperazione e della costruzione di relazioni che – in un futuro – possono sicuramente essere d’aiuto per realizzare i sogni di ognuno.
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L’astuzia di giocare d’anticipo Hillary Clinton insegna a tutti – detrattori e non – quanto sia importante il dono della trasparenza, per anticipare eventuali colpi bassi. Il suo libro biografico di 562 pagine «Living History» fu pubblicato nel 2003 e vendette più di un milione di copie solo nel primo mese, successo bissato nel 2014 con «Hard Choices»; i memo confidenziali sono diventati di pubblico dominio e la sua confidente Diana Blair – deceduta nel 2000 – ha ampiamente rivelato i sentimenti dell’ex first lady in merito alla relazione extra coniugale del marito Bill. Chiarire le proprie posizioni esponendo apertamente i propri sentimenti è una scelta riservata alle persone dotate di un’innata forza di carattere, è vero, ma costituisce di sicuro un’innegabile asso nella manica per evitare di essere colpiti a tradimento quando meno ce lo si aspetta. Perché la verità è in fondo tutto ciò che si è disposti ad ascoltare e a perdonare.
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La forza (politica) del perdono Nulla che già non sia stato scritto va aggiunto a quel «sex-gate» che segnò la carriera politica del marito di Hillary, l’allora Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. Una cosa è certa: lei decise di non lasciarlo, di rimanergli accanto – nonostante agli occhi di tutto il mondo fosse un fedifrago – e non si pentì mai di quella scelta. Opportunismo politico? Forse. Lungimiranza? Sicuramente. Sta di fatto che – da donna – ha dimostrato di conoscere il significato della parola «perdono», dando dimostrazione di una forza d’animo e di una lealtà che ancora in tante le ammirano. In un capitolo di «Living History» mette a tacere le malelingue con una dichiarazione che è passata alla storia: «Nessuno mi capisce meglio e nessuno mi fa ridere come lo fa Bill. Anche dopo tutti questi anni, lui è ancora la persona più interessante, energica e piena di vita che ho mai conosciuto. Bill e io abbiamo iniziato un discorso nella primavera del 1971, e più di trenta anni dopo non lo abbiamo ancora terminato.»
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Il coraggio di comportarsi da uomo L’accusa che molti media americani hanno mosso in passato – e certamente muoveranno in futuro – a Hillary Clinton è quella di essere una persona spietata e senza scrupoli, cadendo nel tranello in cui incappa chiunque giudichi le donne in grado di raggiungere posizioni di potere. In un’epoca in cui la società maschilista fa ancora da padrone, doti quali un’eccessiva sicurezza e sfrontatezza pare non facciano rima con femminilità, ma per giocare – e vincere – allo stesso gioco, il gentil sesso deve imparare a non temere l’eco della propria voce. Fin troppo spesso si tende a considerare la tenacia, la fermezza e il rigore come qualità relative ad un universo governato dagli uomini, trovando inopportuno che una donna dimostri di saperle padroneggiare con la stessa – se non superiore – competenza: un plauso dunque all’ex first lady, che continua a dar prova di virilità, senza preoccuparsi delle etichette che le vengono affibbiate.
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La capacità di fare tesoro delle esperienze Nessuno dovrebbe mai proporsi per ricoprire un ruolo di leadership – a livello politico, ma anche lavorativo – senza aver dimostrato di avere l’esperienza per poterlo effettivamente affrontare. Per fronteggiare una nuova sfida, qualsiasi sia il campo di battaglia, sono necessarie saggezza, abilità e competenza, tutte doti maturate stando nelle retrovie ed imparando a fare tesoro degli anni in cui i riflettori erano puntati su qualcun altro. Hillary Clinton insegna quindi alle donne anche l’arte dell’attesa, padroneggiata durante il tempo trascorso in qualità di first lady accanto a un marito con qualche vizio di troppo, quello passato a servire il Senato degli Stati Uniti e infine il quinquennio da Segretario di Stato, di fianco al presidente che lei stessa avrebbe voluto essere. Un elogio della pazienza, quindi, una delle qualità femminili per eccellenza, troppo spesso sottovalutata, ma che invece diventa un investimento a lungo termine per essere pronte a scendere in campo nel momento più opportuno.
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Non è mai troppo tardi per rimettersi in gioco Triste, ma vero: sono le donne – molto più degli uomini – a dover fare i conti con un orologio, non solo biologico, che pone tragicamente termine alle loro possibilità di reinventarsi e riciclarsi. Hillary Clinton fa in questo senso una netta inversione di marcia: a 67 anni e già nonna, decide di non andarsi a godere la vecchiaia dedicandosi a nipoti e giardinaggio, ma continuare la propria carriera ben lungi dal gettare la spugna. Certo gli Stati Uniti – rispetto ad altri paesi – sono la nazione in cui la meritocrazia e la volontà di non mollare mai la presa risultano doti premianti per eccellenza, ma la scelta dell’ex first lady è destinata a diventare un modello a cui ispirarsi anche al di fuori dei confini americani, perché chi sostiene che anche i sogni più difficili da realizzare abbiano una data di scadenza, non è mai stato così in errore.
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Un grande passo per la società Sebbene Hillary Clinton non sia la prima donna che si candida a ricoprire un ruolo di potere (basti pensare al cancelliere tedesco Angela Merkel, a Dilma Rousseff in Brasile, alla presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf, o a Christine Lagarde, direttore del Fondo Monetario Internazionale), è innegabile che – dopo l’elezione di Barack Obama, unico presidente afro-americano – gli Stati Uniti segnino un altro grande passo verso una società moderna, che reagisce opportunamente ai cambiamenti sociali che stanno avvenendo nel mondo. Aldilà di come si evolverà e degli esiti della sua campagna elettorale, questo e i vari punti citati in precedenza devono costituire un motivo di orgoglio per il sesso femminile, che – a maggior ragione se il «leader del mondo libero» sarà per la prima volta nella storia una donna – non dovrà mai più essere bollato come «debole».
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