Fotogallery Intervista a Noemi: dal nuovo disco a Sanremo
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Attesissima al Festival, l'abbiamo incontrata per farci raccontare tutti i retroscena del nuovo disco in uscita
Noemi è senza dubbio una delle artiste più attese tra i partecipanti al Festival di Sanremo: l’abbiamo incontrata per parlare di Londra, del nuovo album, di concerti, della ricerca di un sound internazionale e ovviamente del Festival - il tutto condito da molte risate e dal suo travolgente senso dell’umorismo.
Partiamo dal titolo dell’album, «Made in London», penso tu abbia voluto intitolarlo così perché sei stata a Londra quasi un anno a registrarlo, giusto?
Sì, mi sono trasferita a Londra ed è un lavoro che ho fatto lì - e, visto che anche il sound ne ha risentito, la scelta è stata semplice.
Quindi sei andata a Londra alla ricerca di un nuovo sound oltre che per motivi di vita e di collaborazioni? È stata una via per cercare un suono più simile a quello che volevi ottenere già quando hai iniziato la tua carriera?
Assolutamente, infatti in realtà questo disco è la risposta alla domanda: «Ma si potrà fare uscire in Italia un disco che suona internazionale, che suona non proprio italiano, senza perdere la propria identità di cantante italiano»? Per me la risposta a questa domanda è il mio disco. A me piace, ma insomma, l’ho fatto io (ride).
In questo disco parli del concetto di viaggio, della crescita e del coraggio, delle distanze. In che modo sei cresciuta grazie a questa esperienza? In che modo ti ha cambiata sia a livello di persona sia a livello di artista?
Sicuramente cambiata sì, non so se in meglio o se in peggio, mi ha cambiata come fanno tutti i viaggi, come tutte le prese di coscienza. Sono andata a Londra, mi sono trasferita, mia sorella lontana, i miei genitori lontani, il fatto di stare da sola, il lavoro su questo disco dove la produzione artistica è la mia, mi sono presa anche molte responsabilità.
E sei anche autrice della maggior parte dei testi, giusto?
Esatto. Poi, sai, dopo che ti scrive un pezzo Vasco diventa più complicato dire «scrivimi dei pezzi». Insomma, devo dire che il confronto è molto duro. Io, nel mio piccolo, ho cercato di essere coerente, di raccontare la mia storia. In realtà la cosa che mi ha colpito di più è stata la reazione della mia casa discografica (Sony Music): quando Diego Quaglia (direttore artistico Sony Music) e Andrea Rosi (presidente Sony Music) hanno sentito i pezzi, gli sono piaciuti. In realtà la mia paura era «Scrivo da sola però magari scrivo male, in maniera arzigogolata, pretenziosa». Sono stata contenta che quelli che lavorano con me mi abbiano spinto comunque a fare questa scelta e devo dire che mi piace un sacco questo disco, soprattutto perché a volte nei tour precedenti mi piaceva inserire delle cover perché magari c’erano dei sound che mancavano nel tipo di musica che facevo. Quest’anno non credo che avrò bisogno di fare questa cosa perché il disco a livello di sound è molto vario, per esempio l’anno scorso cantavo «Valery» (cover pezzo dei the Zutons/Amy Winehouse) ma quest’anno non credo lo farò, le canzoni dell’album mi piacciono al cento per cento e spero piacciano anche agli altri (ride).
Ci sono moltissime collaborazioni, alcune con autori molto riconosciuti nel panorama italiano come Faini, Mancino ma anche il tuo ex compagno di XFactor Daniele Magro.
Al di là di loro, che sono gli unici che mi sono voluta portare dall’Italia, ci sono autori super importanti, come Paul Statham che ha scritto White Flag con Dido. Fondamentale per me è stato il mio A&R inglese, Charlie Rapino, che è anche produttore esecutivo del disco. Lui è stato quello che mi ha creato tutti i link ad esempio con Steve Brown, produttore di Laura Mvula, perché gliel’avevo chiesto io e perché volevo collaborare con lui, piuttosto che con gli Electric, questo duo di produttori inglesi che hanno realizzato Acciaio, il pezzo che è in prevendita su iTunes. Lui è stato un tassello importante perché tutte queste relazioni me le ha veramente trovate lui ed è stato forti
Insomma autori che hanno collaborato con Dido, con James Blunt, con Amy Winehouse, un po’ il tuo sogno che diventa reale?
Sì, assolutamente. Pensa che il ragazzo che ha scritto Passenger è anche autore di «Wrecking balls» di Miley Cyrus.
Quindi ti vedremo nel prossimo video su una palla demolitrice?
Oddio non so, seduta su una palla. Sono un po’ ingrassata, mi sa che la palla cade e faccio un casino. (ride)
Anche la copertina dell’album incuriosisce molto, come è nata l’idea di una cover da Regina d’Inghilterra?
Il simbolo dell’Inghilterra è la Regina Elisabetta e abbiamo notato che era ovunque, sulle banconote ma anche sui francobolli, e il francobollo è simbolo del viaggio, delle cartoline che mandi da dove sei stato. È una cover iconografica, è nata questa idea e devo dire che racchiude l’essenza del mio album, io ho cercato di far sì che la musica fosse la regina del mio album, che fosse una regina coraggiosa, per niente perbenista come la mia musica. Forse alcuni storceranno il naso ripensando magari a «L’amore si odia», che era un pezzo più classico anche se all’interno dell’album ci sono pezzi come «Se tu fossi qui» di Diego Mancino. La copertina doveva essere qualcosa che racchiudesse tutto quello che è stato Londra per me e un francobollo con la mia faccia al posto di quella della Regina era molto ironico e molto diretto.
Hai visto qualche concerto a Londra? Quali ti hanno influenzata e stupita? Quali ascolti musicali sono finiti dentro le nuove canzoni?
Alcuni concerti che sono andata a vedere sono entrati poi nell’album: sono andata a vedere Jessie Ware e apriva il concerto Laura Mvula e io ho lavorato con il suo produttore e poi sono andata a vedere i Rolling Stone e lì purtroppo la collaborazione non c’è stata, ma son pur sempre i Rolling Stone (ride).
Porterai due pezzi sul palco dell’Ariston, per te non è la prima volta. Che aspettative hai questa volta? Come ti stai preparando? Con il tempo riesci a gestire meglio la tensione?
Devo dire che la cosa che mi piace di più di questo Sanremo sono questi due pezzi, il fatto di averli scritti, di averli pensati, sono come due vestiti fatti proprio su misura e il fatto che rappresentino in maniera perfetta il mio album mi fa tanto piacere perché delle volte uno va con il pezzo scritto solo per Sanremo che è costruito apposta e magari non identifica il resto dell’album. Ci vado un po’ da outsider.
Insomma, hai avuto anche molte copertine, a me sembri una delle protagoniste.
Infatti mi fa molta paura questa cosa. Poi siamo poche donne, siamo quattro, abbiamo una corsia preferenziale o forse un’uscita di emergenza (ride).
Riguardo alle canzoni che porterai, se dovessi descriverle con delle immagini?
«Un uomo è un albero» più che un immagine mi fa venire in mente l’Africa, ho fatto un lavoro sui cori con tutti degli eh eh (canta) che sembrano un po’ africani, mentre per quanto riguarda «Bagnati dal sole» mi viene proprio in mente East London, super elettronica, però, super moderna, e credo proprio al passo con i tempi. Sono entrata a Sanremo con «Bagnati dal sole», io l’ho mandata e non immaginavo che mi avrebbero scelta. Io mi sono detta mando dei pezzi che rappresentano il mio disco e Fazio ha scelto questo pezzo.
E invece per il prossimo disco dove andrai?
In Cina, in Giappone (ride)? No, no, io spero di lavorare bene questo, di fare una buona promozione, di avere l’occasione di lanciare tanti singoli.
© Riproduzione riservata
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