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Grazia

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Lifestyle

Paolo Giordano: «Studio la fisica dei sentimenti»

Paolo Giordano: «Studio la fisica dei sentimenti»

foto di Valeria Parrella Valeria Parrella — 29 Maggio 2014

Fotogallery Paolo Giordano: «Studio la fisica dei sentimenti»

  • Paolo Giordano Paolo Giordano Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano Paolo Giordano Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano Paolo Giordano Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano Paolo Giordano Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano Paolo Giordano Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano Paolo Giordano Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano e Saverio Costanzo Paolo Giordano e Saverio Costanzo Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano Paolo Giordano Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano Paolo Giordano Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano Paolo Giordano Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano, Saverio Costanzo e Alba Rohrwacher Paolo Giordano, Saverio Costanzo e Alba Rohrwacher Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
  • Paolo Giordano Paolo Giordano Lo scrittore Paolo Giordano nel 2010 durante il Toronto International Film Festival.
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È appena uscito il suo ultimo romanzo. Paolo Giordano, scrittore da un milione di copie, racconta a Grazia la sua vita poco convenzionale

L’ultima volta che l’ho incontrato è stato al Salone del libro di Torino.
La Sala dei 500 era piena di ragazze, sulle quali ha un grande ascendente, perché è un bel ragazzo: classe 1982, ricercatore di fisica, è il più giovane vincitore della storia del Premio Strega, conquistato nel 2008, a soli 26 anni, con il romanzo cult La solitudine dei numeri primi (Mondadori). È stato il libro più venduto in Italia nel 2008: più di un milione di copie. Ma la sala era anche piena di mamme, che trovano in lui una scrittura molto matura. Prova ne è l’ultimo romanzo, Il nero e l’argento, pubblicato da Einaudi (pag. 120, € 15), storia di una coppia con un bambino e una tata, il cui equilibrio familiare muta quando quest’ultima si ammala.

Perché la voce narrante è “il nero” e Nora, sua moglie, è “l’argento”?
«L’argento è un conduttore elettrico formidabile. Nella mia testa, e in quella del narratore, Nora è così: è un conduttore di vitalità, quella che a suo marito, incline alla malinconia per il suo eccesso di nero, manca. L’argento non significa per forza un maggiore ottimismo, piuttosto una forte estroversione, la capacità di lasciarsi trascinare e di trascinare con sé, che è la caratteristica che io cerco per prima in una donna».

Conduttore elettrico: una definizione che mi fa pensare ai suoi studi, che non sono proprio umanistici, vero?
«Ho studiato fisica all’università e mi sono specializzato in fisica delle particelle. Quello è stato il centro della mia vita per molti anni. Poi, quando ho cominciato a lavorare sul serio nella ricerca, mi sono accorto che una parte di me stava soffrendo, che non ero tagliato per un mestiere che ammettesse così poca presenza umana e sentimentale. La scrittura è stata la mia via di fuga. E di salvezza, posso dire oggi. Nel mio primo romanzo, però, ho voluto immaginare la vita che sarebbe stata se avessi continuato sulla strada della scienza. Per questo il narratore è un fisico».

I due lavori si conciliano o ha preferito le lettere?
«Ho preferito il sentimento. Il sentimentalismo, perfino».

Però scrive: “Anche una coppia giovane può ammalarsi, di insicurezza, di ripetizione, di solitudine”.
«C’è una solitudine personale, che la vita di coppia lenisce almeno negli intervalli di serenità, e poi c’è un altro tipo di solitudine, che può afferrare tutta insieme anche una coppia felice. Ha a che vedere con le difficoltà molteplici da affrontare, con la fatica di sopravvivere al giorno dopo giorno e, spesso, con la mancanza di riferimenti più adulti che trasmettano saggezza e solidità. Non è detto che i genitori siano adatti a ricoprire un simile ruolo, perciò capita che le coppie debbano cercare questo tipo di appoggio altrove, come accade ai due protagonisti del libro. In una domestica o in un analista».

Il romanzo racconta anche che tutto quello che non si fa “per l’altro”, prima o poi pesa sulla coppia.
«È inevitabile, specie nelle relazioni lunghe, pensare al rapporto anche in termini di debiti e di crediti. Tutti i sacrifici che uno ha fatto per l’altro e viceversa. Questa sorta di “partita doppia” dell’amore mi ha sempre intristito un po’, ma mi accorgo di come salta fuori ogni volta che da un litigio, magari banale, si passa alle recriminazioni generali. In un certo senso, si finisce sempre per discutere del “saldo netto” della coppia. Succede anche a Nora e a suo marito, quando la paura e la stanchezza prendono il sopravvento su di loro».

L’evento che ristabilisce le priorità nella vita dei protagonisti è tragico.
«Credo che siano sempre tragici gli eventi che ridistribuiscono le priorità: credo che la morte lo faccia, così come la malattia. Ogni volta che ne veniamo sfiorati, le priorità sembrano riordinarsi all’improvviso. Ma è un effetto passeggero, che non crea una saggezza duratura. Questo è uno dei motivi, credo, per cui è importante ricordarsi della morte almeno attraverso i romanzi: per riattivare quella consapevolezza fugace».

E anche lei, come il protagonista, ha figli? Che tipo di uomo è in famiglia?
«Non sono esattamente padre. Ma ho una famiglia mia, non proprio convenzionale, alla quale cerco di provvedere. E non sono esattamente sposato, ma ci manca poco. È come se tenessi un piede dentro la famiglia e uno ancora fuori. Ma il baricentro si sposta sempre più verso una parte».

Da La solitudine dei numeri primi è stato tratto un film con Alba Rohrwacher e Isabella Rossellini, andato in concorso alla 67ª mostra del cinema di Venezia. Mi dica una cosa brutta e una cosa bella del set.
«Bello è stato vedere come quella storia potesse diventare uno sforzo collettivo, con tante persone coinvolte. Brutto è stato perdere molte delle mie immagini legate al libro, quelle originarie, che sono state sostituite da quelle dello schermo. Il cinema ha una forza dirompente rispetto alla carta. Avrei preferito conservarle entrambe».

È stato membro della giuria di qualità del Festival di Sanremo condotto da Fabio Fazio nel 2013. Che esperienza ne ha ricavato?
«Mi sono appassionato alla gara come non avrei mai pensato. Mi sentivo investito di una responsabilità molto più grande di quella che era in effetti. Perciò ho passato i giorni al Festival a costruire ipotesi su quale fosse l’impatto della giuria, su quale strategia si dovesse adottare. Sono le situazioni in cui viene fuori il secchione digitale spaventoso che abita in me».

Sarà, però quel giorno a Torino, con la maglietta di cotone e i jeans scoloriti, circondato di fan, il secchione digitale che abita in lui era ben nascosto.

© Riproduzione riservata

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